domenica 25 luglio 2010

Fabio Granata


Che la misura sia colma e che tra Fini e Berlusconi la pace sia impossibile lo ammette pure l’ex aennino Mario Landolfi a Orvieto, nella seconda giornata dei lavori di Nuova Italia, fondazione di Gianni Alemanno: «Parliamoci chiaro: basta con gli appelli alla riconciliazione tra i due che ormai paiono patetici». Una kermesse a cui oggi il premier invierà un messaggio. Se fino in passato tra lealisti e finiani era una perenne scaramuccia, ieri sono letteralmente volati gli stracci. Sul banco degli imputati il pasdaran finian-giustizialista Fabio Granata che più che dissentire sulla linea della maggioranza da tempo lancia bombe atomiche nel partito nel quale milita, cioè in casa sua. Le ultime due sparate: sulla gola profonda Spatuzza che andrebbe riabilitato e sui pezzi di Stato e di governo che starebbero ostacolando le indagini sulla strage di via D’Amelio. Quando è troppo è troppo. Non gli piace più la casa in cui vive? Benissimo: se ne vada. Questo il sentimento diffuso di molti pidiellini.

Il presidente dei deputati del Pdl Fabrizio Cicchitto arriva a paragonarlo all’ex leader della Rete e oggi portavoce dell’Italia dei valori, Leoluca Orlando. Lo dice parlando di mafia: «Il mio eroe è Falcone che ha combattuto Cosa nostra ma era un rigoroso garantista. Proprio per questo fu attaccato dall’Unità, dai comunisti, dai postcomunisti, da Magistratura democratica, da giustizialisti khomeinisti. Il Granata dell’epoca si chiamava Leoluca Orlando Cascio». Quando lo grida al microfono, la platea orvietana si spella le mani mentre l’unico finiano presente, il più diplomatico Silvano Moffa, resta immobile come una sfinge.

Il clima è pesante qui a Orvieto e si ha la sensazione che ormai i falchi finiani siano considerati corpi estranei da espellere dal partito. Anche il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi va giù duro contro l’onorevole nisseno col tic giustizialista e invoca sanzioni disciplinari: «Lo statuto che anche Granata ha votato è chiaro, netto e preciso. Coloro che hanno parole durissime e strumentali o vanno via dal partito oppure nel partito c’è un luogo che è quello dei probiviri. Giudichino loro». Insomma, Granata e compagnia ormai sono fuori linea. Il primo a invocare il procedimento disciplinare nei confronti di Granata è l’onorevole Mario Valducci: «Rispetto alle molteplici sparate di alcuni esponenti finiani credo sia arrivato il momento che gli organi di giurisdizione interna del Pdl intervengano». Anche perché «il continuo controcanto sta logorando non l’azione di governo che continua a essere forte ma la fiducia del nostro elettorato che non ne comprende le origini e le finalità». Lungi dal fare dietrofront, il frondista numero uno Granata rilancia: «Attendo che mi convochino i probiviri con assoluta tranquillità. Mi piacerebbe conoscere quali sono le frasi tanto incriminate». Non solo: alimentando il clima da faida interna, graffia: «Attendo di capire se i probiviri si devono interessare anche di quei dirigenti accusati di comportamenti gravi e non compatibili con un partito che non dovrebbe preoccuparsi di azioni lobbistiche, affari o di rapporti con ambienti oscuri. Sarei felice, insomma, di andare dai probiviri insieme a Denis Verdini e Nicola Cosentino».

Avvocati difensori di Granata, gli altri ultras finiani Italo Bocchino e Carmelo Briguglio. Per il primo, «invece di immaginare sanzioni disciplinari ci si preoccupi di chi ha fatto dossier contro colleghi di partito o chi ha frequentato personaggi a dir poco ambigui». Anche in questo caso, chiaro riferimento a Cosentino e Verdini. Per il secondo, «gli improvvisati Torquemada interni si devono dare una calmata». Insomma, nel Pdl siamo ai pesci in faccia. Per cercare di uscire dall’empasse, Alemanno lancia la proposta, anche pensando al futuro: «Entro marzo promuoviamo congressi comunali e provinciali del partito. Così daremo voce non solo agli iscritti ma anche agli elettori attraverso ai gazebo».

Volontà di andare a una conta o nostalgia del vecchio partito ancorato al territorio? Entrambe le cose visto che non rinuncia a una critica feroce: «Nel partito ci sono troppi yesmen che si nascondono dietro la leadership». Di fatto, tuttavia, la petizione alemanniana viene firmata pure dagli ex azzurri presenti a Orvieto, Maurizio Lupi e Fabrizio Cicchitto. Con una postilla: niente primarie.

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