lunedì 11 ottobre 2010
Confindustria
Una struttura gigantesca e potentissima, con le stesse dinamiche di un partito (con tanto di scandali, guerre intestine e conflitti di interesse) ma al tempo stesso forte di un potere economico inimmaginabile per i partiti «classici». Questa è la Confindustria descritta dal giornalista economico e saggista Filippo Astone in «Il partito dei padroni. Come Confindustria e la casta economica comandano in Italia» (Longanesi, 384 pagine), di cui pubblichiamo alcuni stralci. Il saggio, pubblicato a maggio scorso, svela i meccanismi e le complesse alchimie interne a Confindustria, spiegando perché è così influente e come funziona il suo potere, quali sono le leggi che ha imposto e in che modo vuole ridisegnare il Paese.
Filippo Astone
L'enorme potere di Confindustria. Dopo aver illuminato le due facce del «mostro», è ora necessario spiegare per bene che cosa è Confindustria e quanto potere e popolarità detiene in Italia. Come la Chiesa cattolica, Confindustria è assimilabile a un partito. Per capire le ragioni di questo accostamento si può rileggere la famosa definizione di Max Weber, per il quale un partito politico è «un’associazione rivolta a un fine deliberato, sia esso oggettivo come l’attuazione di un programma avente scopi materiali o ideali, sia personale cioè diretto a ottenere benefici, potenza e pertanto onore per i capi e seguaci, oppure rivolto a tutti questi scopi insieme». Certo, Confindustria non è un monolite. Al suo interno convivono - e talvolta pure confliggono - un centro, una destra e una sinistra. Ma le correnti hanno sempre reso vivace la vita di qualunque movimento politico che si rispetti. Persino quella della Chiesa cattolica. Al vertice spetta la sintesi,e quindi l’ultima parola.
Il mestiere di Confindustria. Per capire a che cosa serva, o dovrebbe servire, Confindustria, si può pensare a una specie di quadrato. Il primo lato è l’interlocutore del governo e del mondo politico sui temi economici, fiscali e contrattuali. Il secondo negozia con i sindacati il rinnovo dei contratti e rappresenta le aziende iscritte in tutto ciò che riguarda le relazioni industriali. Il terzo lato dovrebbe fornire servizi agli iscritti su materie che vanno dal fisco all’energia, dall’internazionalizzazione alle strategie. Il quarto lato è un movimento politico-ideologico che esprime un pensiero politico. In Italia, il potere di Confindustria è enorme, e si è intensificato particolarmente negli ultimi anni, durante i quali è riuscita a dettare l’intera agenda al centrodestra: la privatizzazione degli enti pubblici locali, la riforma della contrattazione, la defiscalizzazione degli straordinari, la mancata riforma degli ammortizzatori sociali nel loro complesso, il mantenimento di forme contrattuali che consentono il dilagare del lavoro precario e senza diritti, la riduzione delle sanzioni nel campo della sicurezza sul lavoro, la riduzione delle cogenze ispettive, la riforma del processo del lavoro e diverse altre norme e iniziative. In Italia il presidente di Confindustria è una delle figure istituzionali di massimo rilievo, paragonabile a premier, presidente della Repubblica, governatore della Banca d’Italia, ministro dell’Economia e ministro degli Esteri. In molti lo chiamano la «quinta carica dello Stato». Basta una sua dichiarazione, anche banale, per renderlo protagonista delle prime pagine dei giornali e dei tg. A livello locale, ormai è più alto il livello di scontro per la presidenza della Confindustria provinciale che non quello per la carica di sindaco, come è avvenuto nell’estate 2009 a Milano, Venezia, Verona e Genova. «A far gola non sono solo la visibilità e il controllo della struttura», mi dice un imprenditore del Nordest che non desidera essere citato, «ma il fatto che i personaggi con alte cariche confindustriali, e le loro aziende, entrano a far parte di una lista di intoccabili, guardati con occhio di riguardo dalla politica che concede autorizzazioni e licenze, privilegiati nell’accesso al credito e ai contributi di Stato». In Francia, unico Paese europeo oltre all’Italia dove il Patronat (così si chiama l’equivalente della Confindustria) ha un significativo peso politico, il suo leader è comunque una figura di seconda fila rispetto alle massime cariche istituzionali, nota a chi si occupa di cose economiche e sindacali e a pochi altri. Negli altri Paesi europei, sempre che esista una federazione unica delle imprese, ben pochi conoscono anche solo il nome di chi la presiede. Confindustria rappresenta 142mila imprese, che danno lavoro a 4,9 milioni di persone. Nel 2008 ha ricevuto contributi dalle aziende per un controvalore di 506 milioni di euro. Se a questa cifra si sommano i ricavi delle società controllate, si arriva a un giro d’affari di quasi un miliardo di euro, una ricchezza che qualunque partito o sindacato europeo non oserebbe neppure sognare. Praticamente, è il doppio dei fatturati di aziende come Beretta (573 milioni di euro, tra i leader mondiali nel settore delle armi) o Ducati (469 milioni, anch’essa leader globale, ma nelle moto). Confindustria ha circa 4mila dipendenti. Pochi meno, tanto per fare un raffronto, di quelli del ministero degli Esteri che, con una rete di consolati e ambasciate sparsi ovunque nel mondo, impiega circa 4.800 persone. Confindustria e sindacati gestiscono Fondimpresa, un fondo per le iniziative di formazione finanziato con il versamento dello 0,3% del monte salari. Fondimpresa ha un budget di 160 milioni di euro all’anno e fino a oggi ha accumulato risorse per un totale di 800 milioni, solo parzialmente utilizzati. Inoltre, Confindustria è proprietaria del Sole 24 Ore , il terzo giornale del Paese nonché primo quotidiano finanziario europeo: le 330mila copie che diffonde sono superiori a quelle del Financial Times e del Wall Street Journal . Possiede anche la seconda università privata italiana di economia dopo la Bocconi, ovvero la Luiss di Roma, e una galassia di aziende che vanno da Alinari (storico marchio delle foto) a Esa (software). Nonché enti di certificazione come Imq (Istituto marchio di qualità) e Unisider (siderurgia). Ultima ma non meno importante notizia, Unindustria Verona e Unindustria Vicenza, le associazioni provinciali locali di Confindustria, controllano l’Athesis, società che pubblica i quotidiani locali L’Arena , il Giornale di Bergamo e il Giornale di Vicenza. L’Athesis, a sua volta, possiede l’editore di libri Neri Pozza. Anche la ramificazione sul territorio è così vasta e capillare da non avere eguali in Europa. L’apparato di Confindustria è composto, oltre che dalla sede romana, da 18 organizzazioni regionali, 21 federazioni di settore, tre federazioni di scopo, 97 organizzazioni di categoria, 258 organizzazioni associate.
Il forte consenso di Confindustria. L’apparato non è però il maggior punto di forza di Confindustria. La potenza del Partito dei padroni sta nella capacità di produrre idee imponendole attraverso un efficace lobbying politico. I desideri di Confindustria ispirano tutta la politica dell’attuale maggioranza di governo su temi importanti come il lavoro, il welfare, le pensioni, i servizi pubblici, l’energia e la scuola.
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2 commenti:
Invitante il libro da cui è tratto l'articolo de "Il Giornale". Entra dritto nella lista dei libri che comprerò quando avrò le tasche meno vuote,
Scusate l'OT,
è molto grave quello che sta succedendo, ormai si fanno sempre più prepotenti e pericolosi.Se non è invasione questa:
http://www.repubblica.it/cronaca/2010/10/11/news/cagliari_cpa-7949234/?ref=HRER1-1
Maria Luisa
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