domenica 3 ottobre 2010

Zapatero e le favole...


La protagonista delle favole 'moderne': una solitaria amazzone in motocicletta? L’ineffabile Zapatero è l’uomo che ha ereditato (strumentalizzando un attentato terroristico) una Spagna in vorticosa crescita economica, e la sta portando alla rovina: dopo la Grecia, il Paese iberico rischia di essere il prossimo a finire sull’orlo del baratro. Eppure, il sosia di Mr. Bean è troppo impegnato nella sua rivoluzione relativista per preoccuparsi dei problemi veri del suo Paese. Dopo il matrimonio omosessuale, l’abolizione dei termini “madre” e “padre” dal codice civile, la liberalizzazione della fecondazione artificiale, l’estensione dei “diritti umani” alle “grandi scimmie”, è la volta della... guerra alle favole. No, non è uno scherzo. Il Ministero dell’Uguaglianza (sembra istituito dal Grande Fratello di Orwell) ha pubblicato e diffuso tra i docenti l’opuscolo Educando nell’Uguaglianza, che mette sul banco degli imputati le fanciulle in attesa del Principe Azzurro: Biancaneve, Cenerentola, La Bella addormentata nel bosco. “Fiabe come quelle di Charles Perrault sono di solito piene di stereotipi. E quasi tutte collocano le donne e le bambine in una situazione passiva, in cui il protagonista, generalmente maschile, deve realizzare diverse imprese per salvarle”, spiega Laura Seara, direttrice dell’ente ministeriale Istituto della Donna.

Ma nel mirino c’è anche Cappuccetto Rosso: la sua salvezza dipende da un cacciatore le cui armi hanno una “simbologia più che evidente”. L’iniziativa ha ovviamente suscitato reazioni stupite, anche nella stessa sinistra. Parole di buon senso sono ad esempio venute, secondo quanto riportato da La Stampa, da Elena Rodríguez, responsabile del dipartimento dell’Uguaglianza del sindacato filo-comunista Comisiones Obreras: “Benché il contenuto sessista di molte favole classiche sia ovvio (lasciamole dire qualcosa "di sinistra"... ndr), vietarle non è la soluzione più indovinata. Non possiamo cancellare il passato. Quelle fiabe formano parte della nostra vita e devono continuare ad esistere. Soltanto che bisogna spiegare all’infanzia che la realtà non è più così”. Più secco il professor Antonio Faeti, decano della letteratura per l’infanzia, in un’intervista resa a La Stampa dello scorso 11 aprile: "Gli 'addolcitori' delle favole vogliono soltanto il rincretinimento, così il popolo sarà più simile a loro". Lo stesso professor Faeti spiega che la smania di una censura “politicamente corretta” non è una novità: “Questo è un elemento ricorrente come le calamità, come la peste, come le cavallette: già alla fine della Seconda guerra mondiale un celebre pedagogista francese, Brauner, propose di bandire le fiabe per intrinseci motivi di sadismo. Su certi aspetti feroci e lividi della letteratura dell’infanzia sono intervenuti poi dei pedagogisti italiani, e anche in Germania, da parte di critici progressisti, si sono fatte connessioni fra il forno di Hansel e Gretel e i forni crematori... Una peraltro bravissima scrittrice tedesca arrivò a realizzare una versione sessantottina di Pinocchio, di un’idiozia totale, ripulendolo della perfidia di cui è intriso il romanzo di Collodi”.

Eppure noi non ci diamo pace di come queste trovate estemporanee riescano periodicamente a ottenere un sia pur minimo consenso. E vogliamo aggiungere qualche motivazione ulteriore in difesa delle favole. Tralasciamo di rilevare che l’interpretazione delle favole data dai progressisti spagnoli è banale, schematica, unidirezionale.  Davvero è “passiva e inerme” una fanciulla come Biancaneve, che affronta da sola di notte un bosco terrificante, che riesce a mettere in riga con dolcezza un gruppo di nani rozzi e bisbetici? Davvero – nel rapporto uomo-donna – il soggetto succube è il principe azzurro, costretto a imprese sovrumane per salvare una bella fanciulla?

Il significato delle favole

Ma, prima ancora di perdersi in interpretazioni forzate, bisognerebbe ricordare che le favole non propongono modelli politici (la monarchia?), economici o culturali definiti da tradurre nella realtà. Le favole parlano attraverso simboli. Ha scritto il professor Stefano Zecchi su il Giornale del 12 aprile: “le favole cominciano con la bella frase a tutti nota: ‘C’era una volta…’. Parole superflue o, invece, fondamentali per capire l’errore del ministro di Zapatero e di coloro che sulla sua stessa lunghezza d’onda hanno dichiarato guerra alle favole? Con quell’espressione – c’era una volta – il tempo dell’avvenimento che verrà raccontato perde i propri confini e si infrangono le convenzioni che separano il passato dal presente e dal futuro. Ciò che rende la vicenda di una favola contemporaneamente reale e irreale, presente e passata, riconoscibile o irriconoscibile in un determinato luogo geografico, sono proprio la fusione e confusione delle diverse dimensioni temporali e delle straordinarie e fantastiche collocazioni spaziali. (...) Questa magia cattura la fantasia dei bambini, rendendo di facile e immediato apprendimento il contenuto morale delle favole, i cui princìpi riassumono la storia culturale di un popolo, suggerendo un modo di comportarsi e di credere in essenziali valori della tradizione”.

E ancora il prof. Faeti: “Il nemico vero di questi censori è la fantasia, e voler censurare questa dimensione lascia intendere che ci sia dell’altro: una volontà di controllo, di tipo impositiva. (...) Nei confronti dei bambini è una forma delinquenza pedagogica, perché prosciuga la dimensione dell’alterità”. Le favole, poi, educano i bambini al senso della narrazione; e perciò hanno bisogno di personaggi dai ruoli definiti. Le favole insegnano ai bambini ad affrontare le proprie emozioni. Compresi il pathos, la paura, che vengono conosciuti e al tempo stesso controllati, perché confinati in un mondo altro. Le favole spiegano che esistono il Bene e il Male (proprio ciò che dà fastidio ai relativisti...). Insegnano anche che il Bene, alla fine, vince. La realtà, ovviamente, non rispecchia questo schema in maniera semplicistica (anche perché non sempre riusciamo a comprendere qual è il vero bene); ma è proprio la tensione al bene che rende più umano il mondo in cui viviamo. Le favole parlano di amore e di collaborazione tra uomo e donna: anche questo, forse, dà fastidio a chi ha una visione competitiva della vita relazionale.

Un esempio di favola "moderna"

Per comprendere davvero l’ideologia ottusa che guida i censori delle favole, basta però guardare al modello di favola “moderna” da essi stessi proposto nel citato opuscolo ministeriale. Si intitola La principessa differente (si badi bene: non si insegna il rispetto per la differenza, ma si suggerisce la “differenza” come modello). La fiaba esordisce così: “Non molto tempo fa c’era una principessa che si chiamava Alba Aurora, delicata ed amabile, ma anche molto agile e sportiva e a cui piaceva, tutti i sabati, scalare montagne o fare camping in spiaggia”. (Che fantasia!)

Non manca il principe azzurro: un giorno bussa alla finestra di Alba Aurora, offrendosi di “salvarla da un mago malvagio, da un drago scontroso o da un orco enorme”. La principessa risponde sprezzante: “Non conosco nessun mago, orco o drago. Ma se così fosse, avrei trovato da sola il modo di liberarmene”. (Il modello umano proposto è il rifiuto della collaborazione, sacrificato sull’altare dell’ “indipendenza”. Che tristezza...) Ma la neo-favola non si è conclusa. Il principe, affranto, se ne sta per andare, quando Alba Aurora gli propone di visitare la Muraglia Cinese in moto. (Questa sì che è una proposta... alternativa! Ma non era più "ecologista" il cavallo?) Il principe accetta e Alba Aurora, ovviamente, prende l’iniziativa (adesso è il maschio ad essere “passivo”?): lo abbraccia e lo fa ballare. Poi montano sulla motocicletta “e diventano buoni amici...”. Solo amici, per carità… (amore e matrimonio sono parole sessiste).

Articolo rubato a Nessie.

Estrapolo un passaggio: "Quelle fiabe formano parte della nostra vita e devono continuare ad esistere. Soltanto che bisogna spiegare all’infanzia che la realtà non è più così". Non è che la realtà ora non è più così come descritta nelle favole. Altrimenti si chiamerebbero storie reali, appunto e non verrebbero scritte, narrate e interpretate come favole. Non ci vuole un genio per capire che sono solo cose di pura fantasia e ai bambini possono far solo che bene.

Atreyu: Che cos'è questo nulla?
G'mork: È il vuoto che ci circonda, è la disperazione che distrugge il mondo e io ho fatto in modo di attrarlo.
Atreyu: Ma perché?
G'mork: Perché è più facile dominare chi non crede in niente e questo è il modo più sicuro di conquistare il potere.

[Dal film La storia infinita]

1 commenti:

Maria Luisa ha detto...

Fantasia scomparirà, inghiottita dal Nulla
Maria Luisa