venerdì 1 ottobre 2010

Francia e immigrazione


“Repubblicano”. A chi capita di sentire le informazioni politiche francesi questo aggettivo viene rivendicato con cadenza quasi ossessiva. Sul momento la reazione è semplice: ovvio, non sono “monarchici”. Invece “repubblicano” in politichese d’oltralpe significa un’altra cosa: dicesi repubblicano colui che crede nella triade “liberté , egalité, fraternité”, nella “dichiarazione dei diritti dell’uomo”, nella laicità e universalità dello Stato. Quindi i cosiddetti valori repubblicani oggigiorno sono un bell’impegno! Finché la gente si muoveva poco, la Francia riceveva emigranti ed esuli politici con una certa facilità e con un certo orgoglio. Lentamente si è però trovata ad affrontare problemi nuovi. Innanzitutto i figli degli immigrati hanno cominciato a prendere in mano il Paese; il Presidente è di origine ungherese; uno dei capi dell’opposizione è spagnolo e francese solo dal 1982, per non parlare di italiani (a cominciare dalla première dame), di nord africani, di portoghesi e così via. Quindi la vecchia Francia comincia a non sentirsi più a casa propria e allora vuol discutere sulla cosiddetta identità nazionale e sulla immigrazione, la quale immigrazione non è più (ormai da tempo) un semplice fenomeno demografico, ma costituisce una mini invasione, derivante dagli esodi dei popoli poveri verso le aree ricche del mondo con tutte le conseguenze del caso: sociali, culturali e giuridico-istituzionali.

Finché erano problemi degli altri, in particolare di italiani e spagnoli, primo fronte dell’immigrazione, la Francia era “repubblicana”. Poi sulla propria pelle, nelle grandi periferie urbane, negli accampamenti nomadi (definiti in termini chic “gens de voyage”), nelle carceri e nei luoghi di religione, i francesi si sono trovati assediati dagli “stranieri” e allora, in termini razionali e decisi come è nella loro tradizione, hanno preso in mano il problema. E non c’è destra e sinistra nei fatti. Sindaci di destra e di sinistra hanno puntato l’indice sulle immigrazioni irregolari, a cominciare (in priorità disse il Governo) da quelle nomadi, maggiormente legate alla delinquenza. Naturalmente i Partiti sono gli uni contro gli altri; ma gratta, gratta, la pensano nello stesso modo, che poi è l’unico possibile: gli immigrati irregolari devono andar via. Non solo, il Governo propone che anche chi ha avuto la nazionalità francese ed è colto a commettere azioni illecite contro lo Stato (polizia in genere e luoghi pubblici ), è soggetto a revoca della nazionalità stessa. Ancora grandi dibattiti tra politici e uomini di cultura, ma il popolo della vecchia Francia avverte il problema e vuole provvedimenti.

A dar manforte a questa vecchia Francia, viene ora la Commissione europea, che si permette di “sanzionare” la Nazione. Apriti cielo! Portoghesi, lussemburghesi e quant’altro (Commissari europei ), si guardino in casa propria prima di far prediche alla Francia “repubblicana”! Naturalmente l’opposizione cavalca le pretese europee, in funzione anti-governativa; ma è difficile che ne tragga un gran vantaggio; perché la Francia popolare, quella delle radici e dell’orgoglio nazionale, mal si adatta a sottostare a prepotenze, raccomandazioni o sermoni che vengono da fuori. L’aggettivo “repubblicano” dovrà essere ridiscusso nel suo significato; d’altronde dal 1789 ad oggi tanta acqua è passata sotto i ponti della Senna.

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