martedì 19 ottobre 2010

Islam


Annamaria Fornara ha tre figli, un maschietto e due ragazze. Il suo ex marito, Said Soukri, l’ha conosciuto agli inizi degli anni Novanta quando lo intervistò per parlare di immigrazione. Iniziarono a frequentarsi, si sposarono, e la loro sembrava una vita tranquilla come tante. Poi l'uomo ha iniziato ad andare sempre più spesso in moschea, imponendo ai familiari l’osservanza dei precetti religiosi musulmani e chiedendo alle moglie di convertirsi. Quando Annamaria ha scelto di separarsi, Said ha lasciato l’Italia portandosi via due ragazzi in Marocco. Ma la donna non si è arresa e ha raggiunto Casablanca per avere giustizia. Le abbiamo chiesto di raccontarci com’è andata e a che punto è questa vicenda.

Annamaria, come sta andando il processo in Marocco? Sta andando bene nonostante le difficoltà iniziali. La Convezione dell’Aja per i diritti dell’infanzia purtroppo non viene ancora applicata da Italia e Marocco, nonostante sia stata sottoscritta e ratificata da entrambi i Paesi. Ma ci sono delle incongruenze legislative, per esempio sulla cittadinanza da attribuire ai miei figli.

Si dice che il Marocco stia sperimentando un diritto di famiglia innovativo rispetto al resto del mondo islamico. Se in passato il padre aveva tutti i diritti sui figli ora anche la madre ha voce in capitolo. E' a lei che vengono affidati i minori in prima battuta in caso di separazione. Peccato che nei prossimi dieci anni questa legge verrà applicata accanto a quelle tradizionali... C’è poi un ulteriore difficoltà: in Marocco non si fa differenza fra separazione e divorzio; alle autorità marocchine non è bastato far seguito alla sentenza sull’affido dei miei figli, hanno dovuto “delibarla”, cioè emetterne un’altra uguale ai sensi della legge marocchina. Questo ha allungato i tempi processuali. Aspetto a giorni la sentenza definitiva.

Qual è il suo stato d’animo? Se la legge dice che i figli devono essere affidati alla madre, nonostante tutto, sono fiduciosa.

Che atteggiamento hanno avuto le autorità marocchine? Non sono state un ostacolo se è quello che vuol sapere, lo scontro fra Italia e Marocco per adesso è stato evitato. Devo dire che a sostenermi c’è anche il centro culturale islamico di Omegna: hanno condannato mio marito e promosso una manifestazione pubblica a mio favore.

E quelle italiane? C’è stata una buona risposta, sia a livello locale, sia da parte del nostro consolato a Casablanca, sia alla Farnesina. Non avrei mai sperato tanto.

Che farà se non dovesse farcela a riportare a casa i ragazzi? Non ho un “Piano B”. Sono qui per riportarli indietro e basta. Quando torneremo avremo tempo per parlare di Dio e dei diversi modi per pregarlo, in modo che ognuno sia libero di compiere le proprie scelte sulla base della fede. Ma in fondo, da quando ci siamo sposati, in casa nostra c'è sempre stato spazio per discorsi del genere.

Ecco, appunto, cosa vuol dire vivere in una famiglia musulmana? Se la famiglia garantisce il rispetto delle diversità – com’è accaduto crescendo ai miei ragazzi – e se il capofamiglia si adegua a questo clima, credo che si tratti di una opportunità di fare scelte consapevoli, un'opportunità che pochi hanno a disposizione. Se invece il rispetto non c'è diventa una spada di Damocle, è solo una questione di tempo.

Quand’è che ha capito che la relazione con suo marito si stava deteriorando? Dalla fine del 2008 i rapporti fra la mia figlia maggiore e il padre hanno raggiunto momenti drammatici e riconosco che allora non gli diedi il giusto peso. Volevo solo mantenere unita la mia famiglia al di là di tutto. Nel 2009 il mio ex marito mi ha proposto di convertirmi all’Islam. "Non voglio obbligarti – disse – ma se non ti converti non possiamo più restare assieme".

Che consigli darebbe a chi vive una condizione simile alla sua? Di prendere i propri figli e trasferirsi in un luogo sicuro, protetto, da cui eventualmente discutere con calma e serenità. Occorre tempo per leggere e studiare le leggi, gli usi e i costumi del Paese natale del coniuge, se non si conoscono. Probabilmente sembrerò poco diplomatica nel dire queste cose, ma le mie ferite sono ancora fresche e sanguinati.

Ci sono donne che ignorano i rischi a cui vanno incontro? Una ragazza italiana che si sposa tende a dare per scontato molte cose che invece all’interno di una cultura diversa dalla nostra non lo sono e hanno un peso enorme. Penso all’autorità sui figli davanti alla legge o alla libertà religiosa. Ma credo che questo discorso valga per qualsiasi cultura, si parli di Europa o Sud America. La legge italiana dovrebbe permettere ai figli nati da matrimoni misti di fare una esperienza diretta delle culture di provenienze dei genitori. Ci sono donne che oltre alla persona che amano sposano anche il mondo da cui proviene.

Che mondo è quello islamico? Non ci sono prescrizioni per gli uomini che vogliono sposare donne cristiane o di fede ebraica; sembrerebbe, dico per dire, un atto di generosità. In realtà si dà per scontato che la donna, presto o tardi, seguirà la religione del marito, e ovviamente questo potrà avere delle ripercussioni sulla educazione religiosa dei figli. Non so se sia possibile normare una situazione del genere, quello che si può fare è rendere applicabile la Convenzione dell’Aja. Se lo fosse a quest’ora le scriverei dal mio pc di casa litigando con i ragazzi che vogliono usarlo per giocare.

Lei che percezione ha dei rapporti tra Islam e Occidente? L'islam è vicinissimo, a noi e ai nostri figli, e il dialogo non è un’opzione ma una necessità assoluta. Ci vivo a contatto da quasi vent’anni e devo dire che dopo l’11 Settembre sono cambiate molte cose, in peggio. C’è stata una chiusura da entrambe le parti. Ci sono ambienti del mondo islamico che vedono ogni passo verso l’Occidente come un attentato alla propria fede.

E Casablanca? Qui si sente ancora voglia di cambiamento. Ogni casa, ogni singolo appartamento, ha una antenna parabolica, e alle donne comincia a stare stretto il ruolo che hanno avuto per generazioni. Sanno che appena al di là del mare le cose funzionano diversamente. Sono convinta che saranno le donne a cambiare questa realtà. Saremo noi.

C’è uno spiraglio di luce? Qualche giorno fa ho potuto rivedere i miei figli.

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