mercoledì 13 ottobre 2010
Alqaida
WASHINGTON – Ricco di articoli e consigli per chi vuole ammazzare il prossimo, è uscito il secondo numero di Inspire, rivista online in inglese redatta da militanti yemeniti di Al Qaeda. Questa volta, il pezzo più interessante è quello legato alle azioni individuali da condurre nei Paesi nemici. L’autore, Yahyia Ibrahim, suggerisce ai mujahedin che vivono in Occidente di lanciarsi con una vettura su un marciapiede affollato o contro i tavolini di un ristorante a Washington e in altre città. Tattica semplice che è già stata usata in passato da militanti di Hamas a Gerusalemme.
PIANI - L’ideale – aggiunge – è un veicolo 4x4 che può essere reso ancora più letale sistemando parti taglienti sui paraurti. Sempre l’istruttore incoraggia i militanti a scegliere le aree pedonali, possibilmente quelle più anguste, in modo da impedire la fuga ai bersagli. Se poi l’attentatore ha una pistola può usarla per sparare sui feriti. Ma Ibrahim avverte: questa è una «missione sacrificale». Termine con il quale i qaedisti indicano un attacco simile all’azione suicida. È difficile uscirne vivi. Su Inspire – 74 pagine, ben illustrate – si invitano poi i mujahedin a non recarsi per forza in Pakistan: «Agite in Occidente, per uccidere il serpente colpite alla testa». Altre regole pratiche per «i fratelli in Serpenti Uniti d’America»: attenti agli informatori, evitate prima dell’attacco di frequentare jihadisti, cauti nell’uso delle email.
NOMADI DELLA JIHAD - Per gli analisti la rivista tende a pubblicare materiale già uscito, ma va seguita perché si rivolge ai «nomadi della Jihad». Giovani di origine mediorientale che vivono in Occidente e che desiderano unirsi ai piani di Al Qaeda. Dietro Inspire c’è, infatti, Samir Khan, un saudita cresciuto nel Queens (New York) e poi tornato un anno fa nello Yemen per unirsi al gruppo dell’imam Al Awlaki, uno yemenita nato in New Messico e ispiratore di recenti attacchi. Tutte operazioni condotte da militanti che vivevano già in Occidente: dall’autore della strage di Fort Hood all’attentatore con le mutande bomba.
Guido Olimpio
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