lunedì 25 ottobre 2010

Tra cavilli e cavillini... viva la legalità


Aumentano le tutele per i minori figli di immigrati irregolari a rischio di espulsione. La Corte di Cassazione, nel massimo consesso delle Sezioni Unite, ha deciso che non si possono mandare via gli stranieri, anche se hanno commesso reati, nel caso in cui il loro allontanamento dall'Italia, tramite il rimpatrio, abbia riflessi negativi sul generale equilibrio psico-fisico dei loro bambini. Con questa decisione la Suprema Corte ha accolto il ricorso di una signora africana, madre di tre figli residenti a Perugia, condannata per sfruttamento della prostituzione e raggiunta da foglio di via. La signora si era rivolta alla Suprema Corte dopo una decisione della Corte d'Appello di Perugia del 2009.

Pauline N. A. ha protestato e ha fatto presente di avere tre figli ai quali il suo rimpatrio avrebbe nuociuto. Intanto proprio per il "comportamento poco attento della madre" i ragazzini erano stati dati in affido part-time a una famiglia umbra fin dal 2003. La Cassazione, con la sentenza numero 21799, ha stabilito che i "gravi motivi" che, in base alle norme sull'immigrazione, consentono la temporanea autorizzazione del genitore con foglio di via, a rimanere in Italia, debbono essere interpretati in maniera elastica. Per i giudici non devono essere applicati solo alle "situazioni di emergenza o alle circostanze contingenti ed eccezionali strettamente collegate alla salute" del minore, ma a un ventaglio molto più ampio di circostanze.

Fra i "gravi motivi" vanno ricomprese tutte le circostanze in grado di produrre "qualsiasi danno effettivo, concreto, percepibile e obiettivamente grave che in considerazione dell'età o delle condizioni di salute ricollegabili al complessivo equilibrio psico-fisico derivi o deriverà certamente al minore dall'allontanamento del familiare o dal suo definitivo sradicamento dall'ambiente in cui è cresciuto".

Secondo la Cassazione si tratta di "situazioni di per sè non di lunga o indeterminabile durata, e non aventi tendenziale stabilità e che pur non prestandosi ad essere preventivamente catalogate e standardizzate, si concretano in eventi traumatici e non prevedibili nella vita del fanciullo che necessariamente trascendono il normale e comprensibile disagio del rimpatrio suo o del suo familiare". Adesso i giudici di Perugia dovranno meglio riconsiderare se sussistano le condizioni per convalidare l'espulsione di Pauline "esaminando i rapporti dei tre figli con la madre e il pregiudizio che agli stessi potrebbe derivare dall'espulsione della donna".

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