venerdì 12 aprile 2013

Primi! Evviva, evviva (sull'essere ridicoli)


Due miliardi di euro l’anno. Costerà tanto istituire il reddito minimo di cittadinanza anche nel nostro Paese. I calcoli li ha fatti il Partito democratico, che ha presentato alla Camera una versione “low budget” della proposta del Movimento 5 stelle. Una pattuglia di 13 deputati democratici ha bruciato sul tempo i grillini nel presentare la proposta di legge che punta a introdurre un sussidio di 500 euro al mese (seimila l’anno) in favore di disoccupati, inoccupati e precari che non raggiungono un reddito annuo complessivo di 6.800 euro. Si tratta di un surrogato del progetto “mille euro a tutti i senza-lavoro”, lanciato da Beppe Grillo in campagna elettorale, che invece costerebbe allo Stato circa 130 miliardi di euro.

“La proposta del Pd è diversa", sottolinea il deputato Pd Danilo Leva, primo firmatario. "Innanzitutto perché noi l’abbiamo presentata in Parlamento, mentre il Movimento 5 stelle l’ha solo annunciata e non ha ancora spiegato come attuarla. E poi, perché si basa su previsioni realistiche, non sul fanatismo”. Il principio cui si ispirano è lo stesso: ogni individuo ha diritto a un somma di denaro minima per sopravvivere e, visto che da soli ammortizzatori sociali e indennità di disoccupazione non riescono a contrastare questo disagio, servono nuovi strumenti. Il ‘basic income’ esiste con forme diverse in quasi tutta Europa, ad eccezione di Grecia, Ungheria e, appunto, Italia. In Danimarca si arriva a concedere anche 1.200 euro al mese. Il reddito minimo di cittadinanza di marca Pd durerà in via sperimentale due anni e mezzo, dal 2013 al 2015. La priorità andrà ai cittadini delle regioni con tassi di disoccupazione superiori alla media nazionale, che è di circa l’11,6%. Si terrà conto anche del tasso di povertà assoluta, che al Sud è più del doppio rispetto al Settentrione: 8% contro 3,7%. Se nel frattempo il beneficiario troverà un lavoro o deciderà di intraprendere un’attività autonoma, quel sussidio cesserà automaticamente o potrebbe trasformarsi, secondo un’ipotesi ancora allo studio, in dote salariale.

A finanziare l’intervento sarebbero lo Stato e le Regioni con il 50% a testa. Il Ministero del lavoro e del welfare attiverà un fondo di 500 milioni per il 2013 e di un miliardo sia per il 2014 che per il 2015. Quindi complessivamente costerà due miliardi di euro l’anno. Il governo dove troverà queste risorse? “Dai proventi delle lotterie e dei giochi – aggiunge Leva - ma durante l’iter legislativo siamo disponibili a confrontarci su altre ipotesi”. I beneficiari, dati alla mano, non saranno più di 400mila. Se questa legge fosse approvata lascerebbe decine di migliaia di scontenti. Solo nel Sud, infatti, le famiglie povere sono 640mila. Il caso Campania, la prima regione a introdurre questo strumento di contrasto alla povertà, è da monito. Nel 2004 la giunta di Antonio Bassolino introdusse un reddito di cittadinanza di 350 euro mensili per tre anni, che, però, andò solo a 18mila famiglie, il 15% di quelle povere che avevano presentato domanda. La Corte di Cassazione nel 2010 condannò la Regione ad allargare l’intervento anche alle 108mila famiglie escluse. La guerra tra poveri si è chiusa con la fine del reddito di cittadinanza, cancellato dalla nuova giunta di Stefano Caldoro. Intanto lunedì 15 aprile arriverà in Parlamento un’altra proposta di legge sul reddito minimo garantito, questa volta di iniziativa popolare. Oltre 50mila firme sono state raccolte da 170 associazioni, che propongono un sussidio mensile di 600 euro (7.200 euro l’anno), che però durerebbe un solo anno.

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