martedì 15 novembre 2011

Punti di vista

In salita, molto di Angelo Panebianco

 La strada è accidentata e per percorrerla non si devono fare errori. Il governo Monti può nascere e vivere solo grazie a «patti chiari». Bisogna dire tutta la verità e agire di conseguenza. Nelle situazioni di emergenza si ricorre a soluzioni di emergenza. Tale sarà, se nascerà, il governo Monti. Sarà un governo del Presidente e non un governo tecnico come assurdamente si continua a dire. I tecnici esistono, i governi tecnici no. Formalmente non c'è differenza fra un governo del Presidente e un normale governo parlamentare: anche il primo deve avere la fiducia del Parlamento salvando così le forme. La differenza è di sostanza: l'emergenza sposta, per un tempo che si intende (e si spera) limitatissimo, dal Parlamento alla presidenza della Repubblica il potere sovrano. In passato ne abbiamo già fatto esperienza. Fu il caso del governo Ciampi del 1993: il Parlamento era nel marasma per le inchieste sulla corruzione e il potere sovrano si trasferì, di fatto, nelle mani del presidente della Repubblica. Data la sua eccezionalità la soluzione adottata deve avere un chiaro limite temporale: i pochi mesi che servono per fare le cose necessarie (gli incisivi interventi da sempre promessi e mai attuati) al fine di rimettere in sicurezza il Paese. Dopo di che, il governo si dimette e la parola passa agli elettori. Il secondo errore da evitare è quello delle mezze misure: si fa un governo del Presidente ma, contemporaneamente, se ne contratta la composizione con i partiti. Il «toto-ministri» e l'emergenza non sono compatibili. Il presidente della Repubblica e Monti devono stabilire loro, autonomamente, la lista dei ministri scegliendoli fuori dai partiti, avendo cura di scartare quelle personalità che per la loro caratura politica potrebbero dare un segno, «di destra» o «di sinistra», al governo mettendo così qualche forza parlamentare in difficoltà. Ai partiti si deve chiedere un temporaneo sostegno esterno e nient'altro.

Un altro errore da evitare (è il problema più delicato) riguarda la navigazione dell'esecutivo. Con i suoi provvedimenti, il governo Monti non dovrà dare l'impressione di penalizzare sistematicamente gli elettori di una parte rispetto a quelli dell'altra, mettendo così in una situazione insostenibile qualcuna delle forze che lo appoggiano. Qui conterà soprattutto la grande esperienza politica di Napolitano. Né si potrà permettere che il governo diventi la copertura di giochi che hanno finalità diverse da quelle di fronteggiare l'emergenza: se diventasse l'alibi che alcuni cercano per togliere definitivamente di mezzo il bipolarismo, le forze che il bipolarismo difendono avrebbero il diritto, e forse il dovere, di far saltare il banco. Da ultimo, occorrerà molto rispetto per i travagli dei partiti poiché essi sono chiamati in questa fase ad accettare lo scomodo ruolo dei comprimari. È insopportabile l'ipocrisia di chi parla con deferenza della democrazia ma poi mostra disprezzo per i politici alle prese con la questione del consenso. È il mestiere dei politici preoccuparsene. I governi del Presidente sono forzature del sistema costituzionale giustificate da situazioni eccezionali. Come quella che stiamo vivendo. Poi però la parentesi va chiusa e si deve tornare a quelle rispettabilissime e difficilissime attività che consistono nell'organizzazione del consenso e nella «caccia ai voti»: la democrazia, appunto.

Un articolo di Antonio Martino, qui su legnostorto. Inoltre, mi sono dimenticata di linkare anche questo. C'è crisi, bisogna risparmiare... col governo tecnico si spenderà meno, via privilegi, via orpelli, via tutto... (si, certo, come no) e se è vero, questa è l'ennesima porcata che il signor prodi ha lasciato in eredità agli italiani. Alla faccia della crisi e del governo tecnico snello. E Napolitano è un affamatore di popolo.

2 commenti:

Maria Luisa ha detto...

OT
http://boldrini.blogautore.repubblica.it/2011/11/l%e2%80%99italia-sono-anch%e2%80%99io/

Nessie ha detto...

"Qui conterà soprattutto la grande esperienza politica di Napolitano".

Articolo abbastanza paraculo nello stile Corserva. "La grande esperienza di Napolitano" è per l'appunto quel "governo del Presidente" di cui parla lo stesso Panebianco: cioè dei banchieri centrali.
Paesi più disastrati dei nostri ottengono l'opportunità delle elezioni, perchè noi invece siamo commissariati? Era questo il punto interrogativo che avrebbe dovuto porsi l'autore di questo pezzo.