lunedì 7 novembre 2011

Del non avere un cazzo da fare


"Questo paese è devastato dal dolore... ma non vi danno un po' di dispiacere quei corpi in terra senza più calore?". Così scriveva, anni fa, Franco Battiato in Povera patria. Non il primo, non l'ultimo. Dai Modena City Ramblers a Francesco Guccini, fino ai meno noti 270 bis. Tutti a cantare le trame d'Italia, tutti a ipotizzare brogliacci, mandanti e cospirazioni che hanno - tragicamente - unito i vertici dello Stato italiano ai bassi fondi della mala, i boss sanguinari della mafia ai grigi 007 dell'intelligence nostrana. Quanti libri, poi, sono stati scritti. E quanti articoli! E di pentiti, ne sono stati sentiti a iosa. Una sconfinata bibliografia sulle stragi che hanno ammazzato un pezzo d'Italia lasciando a terra Giovanni Falcone prima, Paolo Borsellino poi. Stessa storia per la Banda della Magliana che, negli ultimi anni, è stata annoverata nella mitologia cinematografica grazie a Romanzo Criminale. E la strage di Ustica. E la (strana) morte del "banchiere di Dio", Roberto Calvi. Tanti misteri, tante incognite.

Ma chi l'avrebbe mai detto che sarebbe bastato fare un paio di domande a Walter Veltroni a smascherare criminali e colpevoli? Ci saremmo risparmiati tanto di quell'inchiostro e avremmo assicurato i malfattori alla giustizia. Ma il mistero e il piagnisteo sono troppo cari all'Italia e agli italiani per smettere di parlare di congiure, trame e collusioni tra i Palazzi del potere e il crimine organizzato. Perché una cosa sono i fatti, un'altra la narrazione. Eppure all'ex sindaco di Roma piace un sacco dire e non dire. Così scrive al Corriere della Sera: "Io so che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino non sono stati uccisi dalla mafia". E ancora: "Io so che lo stato, o pezzi di esso, ha collaborato, coperto, deviato". E ancora: "Io so che l'attentato dell'Addaura fu organizzata da 'menti raffinatissime', che volevano togliere di mezzo quel magistrato scomodo per tutti". E ancora: "io so che qualcuno mandò lì, per salvare Falcone, due ragazzi, due agenti dei servizi leali allo Stato. Si chiamavano Antonino Agostino e Emanuele Piazza". E ancora: "Io so che non è stata stata la mafia ad ucciderli, l'uno massacrato con sua moglie e l'altro sciolto nell'acido, nelle campagne di Capaci". C'è dell'altro? "Io so Scarantino ed altri sono accusati di aver assassinato Borsellino e che per questo hanno fatto quasi vent'anni di carcere. Ma non è vero, non sono stati loro". E ancora: "Io so che pezzi dello Stato hanno costruito una falsa verità sull'assassinio di Borsellino e che hanno guidato i falsi pentito nelle loro bugie".

Dagli attentati del '93 alla Banda della Magliana, dalla strage di Ustica agli anni di Piombo, l'onniscente Veltroni ripercorre la storia del Secolo lungo. "So per la breve esperienza di due anni che ho avuto al governo, che non ci sono cassetti da aprire che non siano già stati svuotati - scrive ancora l'ex candidato premier del Partito democratico - so che a chi governa, e lo accetta, è richiesta una cieca continuità". E' la storia di un Paese fondato su una classe dirigente collusa e colpevole. E' la storia di una certa sinistra che presta più fede ai pentiti (chiunque sia) che ai fatti. E' la storia di un'Italia in cui chiunque dia fiato alla bocca viene preso sempre sul serio. Veltroni attacca le mafie che, complice la crisi economica, "stanno conquistando pezzi di Paese" e "comprano politici e funzionari". Oggi come ieri, insomma. "L'Italia, questo Paese meraviglioso e sfortunato, ha bisogno di ritrovarsi e di colmare i buchi neri della sua storia recente". E per farlo, va da sé, c'è bisogno di un nuovo governo. Non fa nomi, Veltroni. Lancia solo una grande accusa a quell'apparato para statale colluso. Chi sono i colpevoli? Nemmeno "Io so che..." lo sa. O, per lo meno, non lo dice. Eppure di chiacchiere ne abbiamo sentite fin troppe, ci vorrebbe un po' di verità. O di silenzio.

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