sabato 5 novembre 2011
E Di Pietro dove sta?
Casini e Fini guidano le grandi manovre: poltrone ai dissidenti Pdl di Paolo Bracalini
Un gioco di squadra perfetto: in attacco i deputati di Fini, che passano la palla al presidente della Camera dietro cui c’è Casini, contenitore dei delusi Pdl. Si gioca sui numeri, ne bastano due, forse anche uno solo e salta il banco. Il terzo polo si è messo d’impegno, il mercato apre presto la mattina e non chiude nel weekend. Ogni pidiellino traballante ha il suo marcatore a uomo, un amico nell’opposizione c’è sempre, quello che può avere più influenza nella decisione finale. Per Alessio Bonciani, da due giorni nuovo acquisto Udc, il «traghettatore» è stato Daniele Toto, deputato e vicecoordinatore Fli, nonchè coinquilino di Bonciani a Roma. Ma anche per lui l’ultimo passaggio è stato Pierferdy, incontrato la sera stessa della famosa riunione dei berlusconiani delusi all’Hassler Hotel, da lui lasciata frettolosamente per un «altro incontro» (col leader Udc appunto). Il duo Casini-Fini non offre posti di governo per il semplice motivo che, come opposizione, non ne ha. Ma le promette. A Giancarlo Mazzuca, malpancista Pdl, i centristi hanno fatto balenare un «importante ruolo in un esecutivo di salvezza nazionale», da varare subito dopo l’accoltellamento del Cavaliere. E anche ad Antonione è stato prefigurato un posto da ministro, o giù di lì, in un esecutivo di larghe intese.
Il manovratore è Pier Ferdinando Casini, perché l’Udc è l’approdo naturale degli scontenti Pdl. Ma Fini è altrettanto attivo dietro le quinte, malgrado il suo ruolo di presidente della Camera. «Mi hanno chiamato diverse volte, offrendomi una dignità politica nel terzo polo - racconta un deputato Pdl - mi hanno chiesto se volevo parlare col presidente Fini». Il colloquio con il leader Fli è l’anticamera del tradimento. Gli ex democristiani di Casini hanno un lavoro facilitato dal fatto che nella maggioranza gli ex democristiani abbondano, specie tra i traballanti. Un ex della Balena Bianca è Arturo Iannaccone, mentre Vincenzo Scotti è stato ministro Dc. Entrambi fanno parte di Noi sud che l’altro giorno è passato dal gruppo dei Responsabili al Misto. Ufficialmente non per togliere l’appoggio alla maggioranza, ma regna il caos. Da una parte c’è Iannaccone, il chirurgo di Avellino, che promette fedeltà solo ad un esecutivo Berlusconi e parla di transfughi dell’altro fronte: «Penso che potranno venir fuori nei prossimi giorni, i conti dunque si potrebbero pareggiare» assicura. Dall’altro ci sono Sardelli, Milo e Scotti che chiedono apertamente al premier, con una lettera (si sprecano in questi giorni), «di dichiarare la propria disponibilità a favorire l’immediata formazione di un nuovo esecutivo politico di ampia convergenza». Insomma un passo indietro, preludio - a ragion di logica - di un voto negativo alla prima fiducia. Ma la logica in questo caso può giocare brutti scherzi.
E gli altri ex balenotteri bianchi? Quelli di Scajola? Molti nel Pdl temono lo sgambetto dal gruppo di fedeli dell’ex ministro di Imperia (Abrignani, Cicu, Scandroglio, De Camillis, Paolo Russo, Testoni, Berruti, Tortoli, Orsini), ma Verdini ha dato rassicurazioni: «Con loro è tutto sistemato». La posizione di quest’ala del Pdl la sintetizza Roberto Tortoli: «L’ho detto a Berlusconi che le cose non vanno, che c’è disagio, ma gli ho anche detto che sono con lui da sempre, che fino all’ultimo criticherò se c’è da criticare. Non mi posso permettere, né per la mia storia politica né per il rapporto con il presidente, di accoltellarlo alla schiena». Partita aperta con i restanti della lettera, la prima. Cioè Stracquadanio, Bertolini e Pittelli (Gava già non ha votato l’ultima fiducia, mentre la Destro è ormai «montezemoliana»). L’ex falco berlusconiano del Predellino invita il Cavaliere non ad un passo indietro ma «passi avanti chiari» per evitare il suicidio politico «facendo un’offerta politicamente seria» all’Udc. Le cui sirene sono sempre accese, giorno e notte. La Bertolini è stata contattata dai casiniani, come molti altri pidiellini che nel Pdl stanno male. Ma perché? «Non possiamo parlare, non c’è spazio» spiega uno di loro. Al segretario Alfano è stato spiegato il motivo di tanto scontento, e lui è convenuto sul fatto che «si dovranno creare spazi di discussione», ma non adesso, «non è il momento», piuttosto è il momento di serrare i ranghi. «Tutto si risolverà positivamente» garantisce Alfano. Basta aspettare qualche giorno per vedere se è vero.
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