mercoledì 9 giugno 2010
Gran Bretagna
MILANO - Sarà obbligatoria la conoscenza dell’inglese per gli immigrati extra Ue che vorranno sposare un cittadino di Sua Maestà e prendere così il permesso di soggiorno. Il provvedimento, annunciato ieri dal ministro degli Interni, Theresa May, entrerà in vigore entro la fine dell’anno nell’iter burocratico necessario per ottenere la licenza matrimoniale. «Si tratta solo del primo passo – ha spiegato il ministro al Daily Mail – perché stiamo rivedendo i requisiti relativi alla lingua inglese in tutto il nostro sistema di visti, con l’intento di rafforzare le regole per il futuro».
MATRIMONI FASULLI - Per poter superare il test e ottenere così il visto per due anni, i candidati dovranno essere in grado di parlare, leggere e scrivere in inglese come un bambino delle elementari, ma dovranno anche dimostrare di potersi mantenere finanziariamente e che la loro relazione è seria. Nelle intenzioni del ministero, la nuova normativa ha come obiettivo quello di limitare il proliferare di unioni fasulle, messe in piedi giusto il tempo di ottenere il visto per poi sciogliersi spesso subito dopo, ma anche di migliorare l’integrazione dei nuovi arrivati nella società. Lo scorso anno 38mila immigrati hanno ottenuto il visto matrimoniale biennale, mentre 21mila quello a tempo indeterminato. «Questo è un decisivo passo in avanti se le nuove coppie vogliono svolgere pienamente il loro ruolo nella società – ha commentato al tabloid Sir Andrew Green, presidente di MigrationWatch Uk – ma il livello di conoscenza dell’inglese è davvero basso e bisognerà necessariamente aumentarlo se il provvedimento funzionerà».
LA LEGGE IN ITALIA - L’iniziativa inglese segue di pochi mesi il contestatissimo «permesso a punti», annunciato dal Ministro dell’Interno, Roberto Maroni, lo scorso febbraio e approvato dal Consiglio dei Ministri a maggio e che punta su un’adeguata conoscenza della lingua italiana parlata, a cui si aggiungono la conoscenza di base dei principi fondamentali della Costituzione e della vita civile in Italia, come requisito fondamentale per ottenere il permesso di soggiorno. Il “contratto” viene stipulato al momento dell’accesso in Italia e dura due anni, mentre per i minori è previsto l’impegno da parte dei genitori. Rispetto al testo originario – che prevedeva che all’ingresso l’immigrato partisse da zero punti e che dovesse conquistarne in quantità sufficiente a superare la verifica biennale – ora si parte da 16 crediti iniziali, mentre coloro che commettono infrazioni nei due anni di validità del permesso si vedranno decurtare i punti, un po’ come avviene per la patente. Quando si arriva a zero, scatta l’espulsione, ma anche chi non migliora e non arriva a 30, mostrando chiari segni di integrazione, rimane a rischio.
PRO E CONTRO - «Si tratta di un aiuto all’integrazione e non certo di un limite per i cittadini extracomunitari che vengono in Italia per lavorare», ha commentato il ministro Maroni, anche se l’opposizione continua ad essere contraria, malgrado le modifiche apportate, con il presidente del Forum Immigrazione, Livia Turco, che lo ha definito «una corsa ad ostacoli che penalizzerà tutti, immigrati ed italiani», mentre il portavoce della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero, lo ha bollato come «demenziale».
Simona Marchetti
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