sabato 12 giugno 2010

Bush? No, Obama...


Durante il party organizzato dalla White House Correspondents’ Association, Barack Obama ha scherzosamente (?) minacciato la rockband Jonas Brothers: “So che ci sono i Jonas Brothers stasera. Sasha e Malia sono grandi fan, ma ragazzi non fatevi strane idee. Ho due parole per voi: Predator and Drones. Non li vedrete nemmeno arrivare. Pensate che stia scherzando?”. I fatti dicono di No, perché la familiarità di Obama con i droni la scopriamo giorno per giorno dai bollettini del Longwarjournal, dove si legge che gli aerei senza pilota Predator, solo all’inizio del mese di maggio ad esempio, hanno attaccato dall'alto il Pakistan per tre volte in tre giorni. Diciotto missili (Hellfire) lanciati. Ventuno morti.

L’amministrazione Obama ha deciso di intensificare la campagna di bombardamenti sulle aree tribali al confine con l’Afghanistan infestate da Al Qaeda e dai gruppi talebani. Così, da inizio 2010 il numero degli attacchi ha già superato quota trentotto rispetto ai cinquantatre del 2009 e ai trentasei nel 2008. In Afghanistan, Obama ha poi ordinato la più grande offensiva militare (4000 soldati impiegati) dai tempi del Vietnam, procedendo a un consistente aumento delle truppe, senza prenderle dall'Iraq. Ha confermato il capo del Pentagono, Robert Gates, e i generali di George W. Bush, come David Paetreus che, secondo il New York Times, da capo dello US Central Command ha ordinato una significativa espansione delle operazioni militari clandestine (Special Operations forces) per sconfiggere gruppi terroristi e disinnescare potenziali minacce provenienti dal Levante, dall’Asia centrale e dal Corno d’Africa. Un lavoro che svolgerà di concerto con il nuovo direttore della National Intelligence del Pentagono, James Clapper, già coordinatore nel 2007, con l’amministrazione Bush, delle sedici differenti agenzie che si occupano di intelligence (dalla Cia alla Nsa).

Anche l’ordine di ampliare il carcere di Bagram in Afghanistan è venuto da Obama e la Commissione difesa della Camera di Washington ha votato all’unanimità una legge di bilancio del Pentagono – bilancio, più ingente rispetto a quello dei vecchi padroni di casa - che nega l’utilizzo del denaro pubblico per comprare o adattare un carcere americano dove poter trasferire i detenuti di Gitmo. Il tanto vituperato Patriot Act è stato riconfermato e il diritto di dichiarare “nemici combattenti” i detenuti e di tenerli in galera a tempo indeterminato e senza processo è rimasto; così come è stato confermato alla Cia e ad altri organi sicurezza sia l’uso delle extraordinary renditions (i sequestri di terroristi in paesi stranieri), sia la piena licenza di uccidere i sospettati di terrorismo, anche se di nazionalità americana, anche se lontani dai campi di battaglia (uccidere un cittadino americano implica una procedura speciale che può essere ordinata soltanto dal Presidente). Mentre l’idea rivoluzionaria di processare i terroristi lontano dai tribunali militari, tanto cari a Bush, non sembra stia funzionando e a fine aprile, infatti, l’udienza che vedeva come imputato il detenuto - a Guantanamo - Omar Khadr, si è tenuta presso una corte militare speciale, per di più, supervisionata da un ex-falco di Bush: David Iglesias. Un’ ulteriore conferma che “l’amministrazione delle colombe”, distillata a Stoccolma, non sia tanto differente da quella del surge neo-con.

Ma allora la domanda sorge spontanea: perché, come ai tempi del povero George W. Bush, non si vedono piazze piene di irenica gente che brucia le bandiere americane o manifestazioni di protesta, barricaderos, centri sociali, testate multiculturaliste, “tigri nella neve”, appelli, petizioni, sgomento, rabbia, irritazione, avversione, disgusto, boicottaggi contro gli USA?

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