sabato 5 giugno 2010

Caldoro e Bassolino


Roma - Il decreto legge numero 78 del 31 maggio scorso sta già producendo i suoi effetti. I fan degli enti inutili «decapitati» dal decreto sperano che i 60 giorni necessari alla conversione in legge trascorrano senza un ulteriore «fucilazione» parlamentare. Simili speranze non può cullarle, invece, la squadra che ha amministrato la giunta campana fino al marzo scorso.

In virtù dell’immediata applicabilità del decreto legge, infatti, la nuova amministrazione guidata da Stefano Caldoro ha deciso di annullare tre delle ultime delibere firmate dal suo predecessore Antonio Bassolino. Il decreto, infatti, non parla soltanto degli enti inutili da sopprimere e dei tagli alla spesa pubblica sia locale che statale, bensì anche di annullamento di tutte quelle delibere amministrative che cozzano con il Piano di stabilità interno. Ieri mattina, su indicazione dell’assessore al Bilancio Gaetano Giancane, la giunta di Palazzo Santa Lucia, ha quindi annullato gli effetti di tre atti varati dalla giunta Bassolino nei suoi ultimi dieci mesi di vita.

Il decreto voluto da Tremonti si esprime con elegante chiarezza in merito: «annullare senza indugio» quegli atti emanati nei 300 giorni che precedono le elezioni amministrative coi quali si viola il Patto di stabilità. Caldoro e Giancane non se lo sono fatto ripetere e ieri mattina hanno dato un colpo netto all’eredità Bassolino. In particolare, sono state annullate tre delibere di giunta emesse a luglio, ottobre e novembre scorso.

La nuova giunta di Caldoro ha anche affidato all’assessore al Personale, Pasquale Sommese, il compito di annullare tutti i contratti di consulenza a persone esterne all’amministrazione (come imposto dall’articolo 21 dello stesso decreto legge). In buona sostanza, tutte le persone cooptate dalla giunta Bassolino negli ultimi dieci mesi vengono mandate a casa, almeno nella misura in cui la somma dei loro emolumenti eccede il limite imposto dal ministero dell’Economia con il Patto di stabilità interno. Poca cosa, però, se confrontato con gli effetti delle altre due delibere annullate, l’una confermativa dell’altra, che in pratica autorizzavano le varie aree dell’amministrazione regionale a fare spese anche se oltre i limiti imposti dal Patto di stabilità interno per quell’anno. La deliberazione 1311 del luglio 2009 e quella 1602, datata ottobre e diventata ufficiale a novembre, stabilivano «di vitale importanza per la Regione Campania il pagamento di tutte quelle spese il cui mancato assolvimento potrebbe arrecare danni patrimoniali certi e gravi all’ente, ovvero grave nocumento alla collettività per quanto riguarda i servizi di pubblica utilità e di sostegno istituzionale finanziati dalla Regione, soprattutto nella presente fase di crisi economica e finanziaria».

E l’allora assessore al Bilancio, Mariano D’Antonio, nella sua relazione di fine mandato spiegò che se lo Stato non fosse intervenuto a sanare la loro stessa violazione del Patto di stabilità, la Regione non avrebbe potuto ricorrere a nuovo indebitamento per finanziare ulteriori investimenti, rendendo impossibile la stipula di mutui per 447 milioni di euro già in bilancio di previsione 2010. Tradotto significa che il Patto di stabilità veniva a cozzare con il bilancio previsionale. In questo caso era più logico per l’assessore della giunta Bassolino violare il Patto piuttosto che razionalizzare la spesa e rivedere in difetto il bilancio di previsione.

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