lunedì 15 agosto 2011

Pierfurby Casini


ROMA - Pier Ferdinando Casini, leader dell'Udc e del terzo polo, non volta le spalle al governo nel momento dell'emergenza. Ma contesta con forza i sacrifici imposti alle famiglie e al ceto medio e lancia una «grande mobilitazione» per convincere Berlusconi e Tremonti a fare marcia indietro sul contributo di solidarietà.

L'Udc voterà la manovra, presidente? «Per noi è invotabile, non è nel novero delle cose possibili. Perché mai dovremmo approvarla? È una stangata che la gente per bene non si meritava. Colpisce i soliti noti e non stana l'evasione spaventosa che c'è. Chiede sacrifici al ceto medio e alle famiglie, ma soprattutto a coloro che nella loro vita non hanno mai evaso dieci lire. È veramente una cosa iniqua».

Il cuore del premier gronda sangue... «Per anni Berlusconi si è vantato che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche degli italiani, ora invece ce le ha messe davvero. Se il governo vuole la collaborazione dell'Udc e del terzo polo, questa manovra va cambiata profondamente».

In che modo? «Spazzando via il contributo di solidarietà e salvaguardando quella platea di ceto medio che non ha niente a che fare con le grandi ricchezze. Se noi riteniamo una grande ricchezza un italiano che guadagna 4.000 euro o poco meno al mese, ha la moglie che non lavora e due figli a carico, abbiamo un'idea particolare del Paese».

È così ingiusto chiedere un contributo a chi prende 90.000 euro? «È una tassa talmente iniqua che rende equa la patrimoniale, che per quanto odiosa avrebbe tassato i beni veri. Se uno ha la barca di venti metri e due o più case queste sì che sono cose vere, anche se magari la denuncia dei redditi non lo dimostra. E perché, dopo tutte le chiacchiere del governo, è scomparso il quoziente familiare? Spero che qualcosa spunti fuori nella riforma fiscale, ma purtroppo ne dubito».

E se salta il superprelievo sui ceti medi? «Uno degli elementi strutturali che si può inserire è la riforma delle pensioni. La durata della vita aumenta e dobbiamo adeguarci all'Europa, io sono favorevole a un sistema che consenta di andare in pensione a 65 anni o con quarant'anni di contributi. È positivo che le donne lavorino fino ai 65 anni, ma condivido l'idea di Savino Pezzotta di introdurre un quoziente, perché una donna che ha fatto tre figli merita una corsia preferenziale».

E i tagli alle spese di ministeri ed enti locali? «I grandi economisti apprezzano, forse perché hanno poca dimestichezza con le cose concrete. Ma come si fa a togliere ancora risorse per la sicurezza dei militari impegnati in missioni di pace? I tagli agli enti locali, poi, ricadono tutti sul sociale: asili nido, mense scolastiche, trasporti per i pendolari... Le Regioni saranno indotte ad alzare le aliquote Irpef e a imporre altre tasse locali, altrimenti non potranno chiudere i bilanci».

Possibile che non le piaccia nulla? «Riconosco che, seppur commissariati e sotto la spada di Damocle dei mercati e della Bce, qualcosa hanno fatto. Ci sono cose che abbiamo apprezzato, dalle liberalizzazioni alla tassazione delle rendite al 20 per cento. Bene anche l'accorpamento dei Comuni, mentre sull'abolizione delle Province bisogna essere seri. La soglia dei 300 mila abitanti è una baggianata. Fa scappare da ridere che in Liguria resti solo Genova per un calcolo ragionieristico».

Si dovrà pur cominciare a ridurre i costi della politica... «D'accordo, ma è assurdo che per salvare alcune Province leghiste si inserisca il criterio dell'estensione geografica, io metterei piuttosto un criterio generale di ragionevolezza. Se sono inutili aboliamole tutte, non rinnovando progressivamente quelle che vanno in scadenza a partire dalle prossime elezioni di aprile».

La crisi economica ha rafforzato Berlusconi? «Non sono appassionato ai contrasti tra Berlusconi e Tremonti, mi ricordano i ladri di Pisa che litigano di giorno e rubano insieme di notte. Io avrei preferito alzare l'Iva piuttosto che imporre tante scelte inique. Mezzo punto vale tre miliardi e mezzo, mica uno scherzo».

Berlusconi infatti voleva farlo. «E perché non lo ha fatto? Il premier è lui, non io. Non voleva nemmeno aumentare le tasse, però le ha aumentate. Noi chiediamo che la manovra sia cambiata sostanzialmente e lavoreremo a colpi di emendamenti già in Senato, con Rutelli, Baldassarri e D'Alia. Quanto al metodo, è importante che dopo anni di sottovalutazioni il governo abbia capito che bisognava farla, anche se male e sulla spinta di una sorta di commissariamento esterno».

Farete ostruzionismo? «Chi pensa all'ostruzionismo in una situazione di questo tipo è semplicemente irresponsabile. Così come chi volesse esporre solo un demagogico cartello dei no».

Perché allora esclude di votarla, se i vostri emendamenti dovessero essere accolti? «Per arrivare a un voto diverso dal no, che potrebbe essere solo l'astensione, ci deve essere un sostanziale cambiamento».

Il Pdl cerca la sponda dell'Udc. Molti sperano che la manovra sia un'occasione per allargare la maggioranza al terzo polo. «Allargare la maggioranza oggi? È una cosa ridicola. Il bilancio del governo è fallimentare, perché dovremmo essere attratti dal baratro?».

Si può scioperare per la manovra? «Chi evoca lo sciopero fa un favore immenso a Berlusconi. Se ho parlato anche di opposizione commissariata è perché la sinistra deve scegliere, non può chiedere liberalizzazioni e votare sì al referendum sull'acqua. O pensare che i provvedimenti sul lavoro siano un attentato ai diritti civili».

Le piace la contromanovra di Bersani? «Qualcosa di apprezzabile c'è, ma la manovra la fa il governo e non l'opposizione. L'aspetto positivo è che, anche nella maggioranza, si moltiplicano le voci critiche di chi non accetta più le imposizioni e le provocazioni».

Il governo di larghe intese è tramontato? «Tutt'altro, è l'unica prospettiva seria per un Paese in queste condizioni. Un governo, come ha detto Enrico Letta, che nasca dalla volontà dei principali protagonisti della politica di accantonare le divisioni, lasciando da parte la preoccupazione di perdere voti. Ma poiché siamo in un sistema democratico, il problema rischia di essere risolto da Berlusconi con la contabilità di Scilipoti e a noi non resta che prenderne atto».

Tremonti deve dimettersi a manovra approvata? «Che il ministro in Commissione non abbia trovato di meglio che spiegare alle opposizioni che lui chiedeva consigli e non aiuto, è un atteggiamento che si commenta da solo... A luglio gli abbiamo consentito di licenziare la manovra in tre giorni, tanto che Berlusconi ci ha riconosciuto grande senso di responsabilità. Se non si mette la fiducia non faremo ostruzionismo perché i saldi vanno salvaguardati, anche se non dovessero accettare i nostri consigli».

Trema all'idea che Berlusconi si ricandidi? «Forse tremerà Alfano, io no di certo!».

Monica Guerzoni

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