mercoledì 3 agosto 2011
Gianfranzo Fini e la casta
Mica tanto, ma solo il 17 luglio dopo il successo dei pettegolezzi di spider web, questo tizio qui di cui sopra scriveva qualcosa come: "Condivido l’appello affinché il Parlamento faccia tutto quanto è in suo potere per convincere gli italiani che le Camere non sono il luogo dove una casta privilegiata si chiude a difesa dei suoi interessi - scrive il leader di Futuro e Libertà - sono certo che entrambe le Camere faranno la loro parte e, per quanto riguarda Montecitorio, insieme al Collegio dei Questori metterò a punto le proposte di riduzione dei costi e di trasparenza, che entro luglio saranno discusse dall’Ufficio di presidenza e votate in Aula prima della pausa estiva" ... Ma, ovviamente si sa che tra il dire e il fare c'è di mezzo un mare... anzi, un oceano, anche se sarebbe comunque stata ben poca cosa a fronte di tutto ciò che hanno i politici italiani...
E' Fini il paladino della casta: salva i vitalizi dei deputati di Emanuela Fontana
La difesa della casta è qualcosa di politicamente molto scorretto, adesso. E chissà, Gianfranco Fini non ha calcolato forse il rischio di esporsi «a gamba tesa», come accusa l’Italia dei Valori, a tutela dei privilegi. All’ordine del giorno dell’Idv, che chiedeva di abolire per sempre il vitalizio dei deputati, il presidente della Camera ha risposto con uno stop: «inammissibile». Non è possibile, ha detto, perché è «incostituzionale». Non ha calcolato Fini in che guaio è andato a infilarsi con questo «no» scandito in ufficio di presidenza. L’Italia dei Valori ha subito annunciato di non votare il bilancio interno della Camera, ma soprattutto questo rifiuto all’abolizione del vitalizio, privilegium privilegiorum, risuona davvero come una mossa da rappresentante integralista della casta, e non certo come un comportamento da buon riformatore dei vizi di palazzo. E poi non è bastato che Fini abbia corretto successivamente: voleva dire, cioè, che l’idea dei dipietristi è ottima, ma che non può valere per la legislatura in corso, quanto «per il futuro». Tanto più che l’Italia dei Valori l’ha rosolato a puntino tirando fuori un ordine del giorno identico sulla cancellazione dei vitalizi, presentato dallo stesso deputato (Antonio Borghesi) un anno fa, e che non aveva avuto nessun rifiuto pre-aula, ma era stato discusso nell’emiciclo, salvo essere affondato, come immaginabile, da più di quattrocento «no». E dunque, perché Fini ha tirato fuori ora la storia dell’incostituzionalità ora e non nel 2010? Insomma, è facile parlare di tagli alle saponette dei bagni e alle auto blu, ma se si va a pizzicare i vitalizi dorati, nemmeno il fondatore di Futuro e Libertà riesce a combattere il richiamo della casta. Va detto che in ufficio di presidenza, composto anche da quattro vicepresidenti, tre questori e otto deputati segretari, nessuno l’ha contestato,tutti i rappresentanti dei gruppi presenti hanno lasciato correre, ma «la scelta gravissima», per l’Idv, è soprattutto quella di Fini. Nell’ordine del giorno si chiede «la soppressione immediata di ogni forma di assegno» denominato appunto vitalizio, di cui un deputato può godere con soli cinque anni di mandato, al compimento dei 65 anni di età (60 in relazione alla durata del mandato), e di «destinare la medesima quota dell’indennità parlamentare alla gestione separata presso l’Inps». Si propone in sostanza di equiparare, almeno da questo punto di vista, un deputato a un cittadino normale. Secondo i promotori, questo intervento garantirebbe un risparmio per la Camera di circa 100 milioni di euro l’anno. Ogni parlamentare versa mille e sei euro al mese per il vitalizio. La pensione-premio va da un minimo di 2.486 a un massimo di 7460 euro al mese, circa il triplo di quella percepita dai colleghi europei. La precisazione successiva di Fini è stata una retromarcia che ha solo complicato le cose: la scelta sull’ordine del giorno dell’Italia dei Valori è stata fatta considerando il metodo, «ovviamente prescindendo da qualsiasi giudizio di merito che potrà, (e a mio avviso dovrà) essere valutato dalle forze politiche attraverso conseguenti iniziative legislative». Il metodo sarebbe appunto l’intervento anche sugli assegni in corso, con effetto retroattivo, perché, ha obbiettato Fini, «in contrasto con i principi generali posti dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale». Ma a Fini si potrebbe obbiettare che l’ultima manovra economica, per esempio, è intervenuta sulle pensioni in essere, nel caso dei tagli a quelle superiori ai 90mila euro, e quindi non sarebbe uno scandalo attuare fin da subito il taglio all’assegno perpetuo, tantopiù che l’ultima relazione annuale dell’Inps dice che la metà delle pensioni percepite dagli italiani è sotto i 500 euro. «Altro che metodo!- è stata la replica contro Fini del capogruppo dell’Italia dei Valori Massimo Donadi L’ordine del giorno dell’Idv è stato respinto per la paura di sostenere le critiche dell’opinione pubblica nel bocciarlo», in aula, qualora fosse andato al voto e non fosse stato congelato prima, come è invece avvenuto. In serata il questore della Camera Antonio Mazzocchi (Pdl) ha poi chiarito che «l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha deliberato la sostituzione dell`attuale istituto del vitalizio a decorrere dalla prossima legislatura, con un nuovo sistema previdenziale, analogo a quello previsto per la generalità dei lavoratori». Insomma, la stangata degli assegni perpetui riguarderà i prossimi parlamentari. E sarà affare del futuro presidente della Camera.
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