martedì 23 luglio 2013

Sul reato di "omofobia"

L'inutile problema dell'omofobia di Gianni Pardo

In origine vi fu la legge Reale. Essa  punisce “chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche”. In seguito, quando era ministro Mancino, essa fu ampliata prevedendo reati con finalità razzistiche, etniche, ecc. Ora si parla di includervi le finalità omofobiche. E l’opportunità dell’iniziativa è discutibile. Bisogna premettere che le finalità della legge Reale-Mancino sono lodevoli ma essa si scontra con obiezioni di peso. La prima è che mentre qualcuno è contro il fascismo, il razzismo ecc., un altro può essere di parere diverso e nessuno, nel mondo liberale, può essere punito solo per le sue idee. La seconda è che i reati d’opinione sono per loro natura ambigui, nel senso che si può di fatto rifondare un partito para-fascista senza che lo Stato possa farci nulla. Infatti, se chiude il Movimento Sociale, domani i suoi adepti potranno fondare il Social Movimento, o il Movimento Nazionale o quello che sia. E infatti per decenni il Movimento Sociale non è stato disturbato. È stato sufficiente che fosse reso inoffensivo dagli elettori. Un ulteriore elemento negativo è che, proprio per l’ambiguità delle opinioni, si può arrivare a condannare un comico che intendeva solo far ridere sull’omofobia e assolvere un vero colpevole che si esprime in maniera tale da schivare l’accusa. Se in America la protezione delle opinioni, anche le più stravaganti, è ferreamente assicurata, non è solo in nome della libertà: è anche per la difficoltà di perseguire efficacemente ogni forma di fanatismo o stupidità.

Per il reato di omofobia (oppure di trasformare l’omofobia in una delle aggravanti previste dall’art. 61 C.p) ci sono fondati  motivi di perplessità. Non solo un simile reato non sarebbe stato concepibile negli anni Cinquanta del secolo scorso, ma una manifestazione di evidente omosessualità sarebbe stata perseguita come atti osceni o almeno come atti contrari alla pubblica decenza. Dunque l’assurda sanzione di prima, come la pressoché eccessiva tolleranza attuale, dipendono dalla sensibilità sociale, non dai codici. E come un tempo sarebbe stato necessario battersi per consentire agli omosessuali di manifestarsi senza per questo essere perseguitati o discriminati, oggi bisognerebbe permettere ad uno sciocco di dire: “Gli omosessuali mi fanno schifo”. Si sentono tante stupidaggini che non si vede che danno possa fare una di più. E se qualcuno dicesse che l’omosessualità è una malattia, commetterebbe reato? Secondo molti certamente sì. Ma la cosa è discutibile. Innanzi tutto, perché offendersi, per la parola “malattia”? Se essa non disonora i tanti degenti degli ospedali, perché dovrebbe disonorare gli omosessuali? Naturalmente la risposta è che essi non sono affatto malati, sono come tutti gli altri: ma questa è la loro legittima opinione, come legittima è l’opinione di chi li reputa malati. Forse che non si considerano malati i viziosi del gioco, della droga e perfino del sesso eccessivo? Perché non inserire nella nuova legge anche i drogati e i sex addicts? Se ci si mette ad inseguire le opinioni, non si finisce più. E per giunta qua c’è il grave sospetto di seguire una moda, una sorta di glorificazione coattiva della political correctness. La verità è che in Italia si vogliono risolvere tutti i problemi con le leggi: tentativo non solo vano ma spesso pericoloso, come nel caso dei reati d’opinione. Mentre si rischia di conculcare la libertà di manifestazione del pensiero, la repressione è possibile senza modificare il codice. Questo prevede per ogni reato una pena che va da un minimo ad un massimo. Recita l’articolo 582 del Codice Penale ( Lesione personale): “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale (anche un graffio), dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente (un graffio richiede qualche giorno per rimarginarsi e scomparire) è punito con la reclusione da tre mesi a tre anni”. Ora, se il giudice, nel caso che la vittima sia un omosessuale, reputa che il fatto è insignificante e l’aggravante dell’omofobia è ridicola, può infliggere il minimo della pena, tre mesi, più un mese per l’aggravante, quattro mesi. Se invece è un fanatico della lotta all’omofobia, e nessuna legge prevede l’aggravante di questa finalità, può ancora, in teoria, condannare il reo, senza aggravante, a tre anni di carcere. Cioè una pena nove volte maggiore. Perché dunque non lasciare che i magistrati apprezzino liberamente questa circostanza? Del resto, l’art.61 prevede come prima delle molte aggravanti “l'avere agito per motivi abietti o futili”. Basta considerare come abietti o futili i motivi razzistici, etnici, omofobici e via dicendo. Ma contro la libidine legislativa pare che non ci sia rimedio.

3 commenti:

Nessie ha detto...

Forse Gianni Pardo avrebbe fatto bene anche a fare un ripassino della Legge Mancino.

Attribuita a quel venditore di provole avellinesi di Nicola Mancino (un povero prestanome) ma voluta dall'avvocato Modigliani e - pare - anche dal rabbino Toaff.

http://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Mancino

Maria Luisa ha detto...

ed ecco i primi frutti velenosi.
http://www.estense.com/?p=317622

Maria Luisa ha detto...

OT
ma nessuno dei suoi colleghi le fa notare che in italia ci sono anche gli italiani italiani?http://video.repubblica.it/dossier/emergenza-lampedusa-2010/kyenge-per-le-politiche-giovanili-lavorero-sui-balotelli-d-italia/135837/134371?ref=vd-auto
e sarebbero queste le politiche giovanili da portare avanti?