venerdì 12 luglio 2013

Magistratura...

Se per la giudice la frode fiscale vale più di 4 donne violentate. La vera storia del maniaco ancora in libertà: la magistrata non ha avuto il tempo di scrivere le motivazioni. Era impeganata ad accelerare il processo contro Berlusconi di Luca Fazzo

Di qua il processo lampo a Silvio Berlusconi. Di là il processo lumaca a uno stupratore, che rimane in libertà anche se condannato, perché le motivazioni della sua sentenza non sono state mai scritte. In mezzo ai due processi, lo stesso giudice: Alessandra Galli, che ha diretto a tappe forzate il processo d’appello al Cavaliere per i diritti tv. Ma che nel frattempo, nonostante sia passato un intero anno, non ha trovato il tempo di scrivere le motivazioni della condanna del violentatore. Così riparte la polemica sulle due velocità della giustizia. Ed è inevitabile chie­dersi: dovendo proprio scegliere, era più urgente processare Berlusconi o portare a compi­mento il processo al violentatore?

Una risposta la si può cercare leggendo gli atti del processo al maniaco. Che non vi appare come un violentatore sporadico, ma abituale se non addirittura seriale. È stato accusato di avere colpito anche all’interno del proprio nucleo familiare, abusando della propria figlia. E poi ha preso di mira soggetti fragili che si affidavano a lui per guarire con l’ipnosi dall’ansia e dalla depressione. Cosa accadesse loro durante le sedute di ipnosi, le pazienti lo hanno scoperto molto tempo dopo, quando sono state convocate dai carabinieri. Era accaduto che il figlio del medico aveva visto sul computer del padre delle foto a metà strada tra l’esplicito e lo sconvolgente. Le aveva segnalate alla madre. E la madre aveva fatto partire la denuncia contro il marito: comprensibilmente sconvolta, anche perché a una delle vittime il medico aveva fatto indossare la biancheria intima della propria figlia. Interrogate, le pazienti avevano negato con forza che quel tipo di terapia facesse parte degli accordi col medico. Che così era stato incriminato perché «in esecuzione di un medesimo disegno criminoso in diverse circostanze di tempo costrin geva X a subire degli atti sessuali approfittando dello stato di inferiorità della persona offesa, consistenti in atti di masturbazione e di penetrazione vaginali». Il dottore viene incriminato anche per i maltrattamenti alla moglie e alle figlie.

Alle vittime del medico, la giustizia mostra da subito la sua faccia meno efficiente. La denuncia è del 2004, ma il processo di primo grado si tiene solo nel 2009, a cinque anni di distanza. E si conclude con la condanna solo per i maltrattamenti in famiglia: gli stupri non sono ritenuti tali, perché non è provato che, sebbene ipnotizzate, le vittime non fossero consenzienti. La procura e la procura generale fanno appello e ottengono che la Corte d’appello condanni l’imputato per tutti i capi d’accusa. Ma la Cassazione il 24 novembre 2011 ordina un nuovo processo. Ed è a quel punto che il fascicolo approda sul tavolo della seconda sezio­ne penale della Corte d’appello milanese, e viene assegnato al giudice Alessandra Galli. Il processo d’appello a Berlusconi per i diritti tv è di là da venire, perché in quel momento è ancora in corso il giudizio di primo grado. Così il processo al medico viene fissato e celebrato con solerzia. Il 20 luglio dell’anno scorso la seconda sezio­ne della Corte d’appello milanese ricondanna l’imputato a sette anni di carcere. A dover stendere le motivazioni della condanna è il giudice relatore, Alessandra Galli. Cosa accada a quel punto non si sa. Di fatto, i tre mesi concessi dal codice passano senza che la dottoressa depositi la sentenza. Così si arriva a ottobre, e qui il destino del medico si accavalla con quello di Berlusconi. Il 27 ottobre il Cavaliere viene condannato in primo grado. Ai difensori vengono concessi solo 15 giorni per presentare i ricorsi. Il processo d’appello viene assegnato alla Corte presieduta da Alessandra Galli. Bisogna fare in fretta, perché la prescrizione incombe. Il 18 gennaio si apre il processo d’appello al Cavaliere. E il processo al medico, che nel frattempo è a piede libero, passa nel dimenticatoio. Ed è ben vero che l’accusa di stupro aggravato si prescrive in quindici anni, e quindi qualche tempo c’è ancora. Ma intanto il condannato è libero, anche se il reato che ha commesso è di quelli che per il codice impongono un trattamento più severo.

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