mercoledì 31 luglio 2013

De intellighenzia parlamentare, legge (nuova) sullo stalking

Stalker liberi: così crescerà la voglia del dente per dente. I femminicidi sono ormai all'ordine del giorno ma la sensazione è che la Giutsizia non tuteli nessuno di Annamaria Bernardini de Pace

Stalking o non stalking, il problema è che in Italia le istituzioni non funzionano. La sensazione di ogni cittadino è che da parte dei responsabili dell'amministrazione, delle forze dell'ordine, della giustizia, della sanità e di chiunque abbia il dovere della tutela, vi sia ignavia, trascuratezza, ignoranza e persino supponenza. La certezza del diritto è una chimera che si è sperduta nel tempo e che insulta i padri costituenti e soprattutto la convinzione antistorica che l'Italia sia la patria del diritto. Ormai, un giorno sì un giorno no, una ex o una donna che si rifiuta, vengono uccise dalla cattiveria e dal narcisismo presuntuoso di uomini che esercitano il possesso. La vergogna è che queste povere vittime avevano tutte denunciato il carnefice, rivolgendosi disperatamente e inutilmente a chi avrebbe dovuto prendersi cura di loro. Purtroppo i tutori dell'ordine e della giustizia preferiscono interessarsi a questioni di risonanza mediatica, spesso anche clamorosamente infondate, invece di prendersi cura della vita di un semplice cittadino. Centinaia di guardie del corpo proteggono inutilmente il potere di politici profumatamente pagati da noi, come le guardie del corpo del resto, invece di fermare il predatore che ha già annunciato di volersi abbeverare del sangue della sua prossima vittima.

Quando non c'è la certezza del diritto, il popolo ha voglia di vendetta. La giustizia si deteriora in giustizialismo, il bisogno di fermare i criminali in desiderio di ghigliottina. Ecco perché l'ipotesi di emendamento procedurale del numero 2 dell'articolo 280 del codice di procedura penale ha innescato una polemica sia tra i politici sia tra i cittadini. Con questa modifica si vuole elevare a cinque anni il limite minimo di pena massima, in forza della quale può essere disposta la custodia preventiva in carcere del presunto colpevole del reato. Prima questo limite era di quattro anni, cioè, ove il reato prevedesse una pena massima di quattro anni, già l'indagato poteva subire il carcere preventivo. Non è sbagliato aumentare questo limite a cinque: non si sbatte in galera uno, prima che venga dichiarata la sua colpevolezza, se accusato di un reato che neppure arriva a cinque anni di pena massima (massima non minima!). Per quanto riguarda lo stalking, il problema non è questa modifica procedurale, ma la norma sostanziale dell'articolo 612bis codice penale, che prevede solo la pena massima di quattro anni per chi è dichiarato colpevole di questo reato. Con la modifica procedurale del 280, l'indagato non sarà più soggetto al carcere preventivo. La logica della popolazione si chiede: ma com'è possibile che Giulia Ligresti, che non ha minacciato di uccidere nessuno, debba essere messa in carcere in attesa del processo e invece chi scrive o urla alla moglie «ucciderò te e i tuoi bambini» debba circolare spensieratamente? Com'è possibile che i giudici non facciano differenze, e se le fanno le sbagliano, tra il valore della vita e il valore del denaro? Nel caso dello stalking per esempio, sarebbe più giusto elevare a cinque anni la pena del 612bis codice penale (come da proposta del Pdl), invece di criticare la riforma che limita per tutti la galera preventiva. Questa riforma, d'altra parte, incide solo sul carcere preventivo e non su tutte le altre misure di prevenzione e repressione del reato, che rimangono, ivi compresi gli arresti domiciliari. In Italia, in effetti, si abusa in modo sconcertante del carcere preventivo, e non è neppure il caso di elencare tutti coloro che l'hanno dovuto subire per l'umorale interpretazione della legge da parte di pm e gip, per poi essere clamorosamente prosciolti. Invece in Italia c'è un mondo di ladri e assassini che annunciano e attuano nella massima tranquillità i loro delittuosi obiettivi, senza che né l'occhio né la mano della legge adempiano alle loro funzioni. Di fatto il carcere preventivo, in attesa della promessa pena di morte, viene imposto, dai rappresentanti della legge, a quelle povere donne che attendono l'annunciata esecuzione capitale tra le mura della prigione domestica; ciò è inevitabile, se i cosiddetti tutori della legge appaiono più vogliosi di individuare pomposi, e spesso inconsistenti, reati dal buco della serratura delle camere da letto dei ricchi e dei potenti.

Con soddisfazione estrema degli anonimi aguzzini che, per attuare i loro sanguinari scopi, contano sulla complicità di chi li rende liberi di uccidere. Alla faccia degli emendamenti, delle norme del codice e della non responsabilità di chi è pagato per essere responsabile. Anche della vita altrui.

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