mercoledì 5 ottobre 2011
Ulteriori pretese
... quanti italiani disoccupati da tempo, dicono la stessa cosa? E non sono nemmeno mantenuti dallo stato.
MILANO - Il malessere comincia a diffondersi tra i profughi arrivati dalla Libia nel maggio scorso nel nostro Paese. I sintomi più evidenti - dopo la protesta di qualche settimana fa a Montecampione, nel Bresciano - in mattinata a Pieve Emanuele, centro a sud di Milano, dove in circa 200, in gran parte centrafricani, sono usciti dal residence Ripamonti che li ospita e hanno bloccato il traffico, occupando la piazza antistante. Un nutrito schieramento di poliziotti, carabinieri e agenti della polizia locale ha impedito che sciamassero per le vie del paese o organizzassero cortei. C'è stato anche qualche minuto di tensione quando alcuni di loro si sono stesi a terra per fermare gli autobus di linea, ma, tutto sommato, la protesta si è svolta in modo pacifico, fino a quando è tornata una loro delegazione dalla prefettura di Milano. Qui, il funzionario addetto all'Immigrazione ha spiegato loro che arriveranno quelle famose tessere, le pocket money, per un importo di 2,5 euro al giorno che consentirà loro di acquistare tessere telefoniche, sigarette, biglietti dell'autobus. Protesta rientrata dopo il ritorno e le comunicazioni della delegazione. Più complicata la questione del permesso di soggiorno (quello attuale dura sei mesi) e sembra che già siano arrivati i primi rigetti contro i quali avranno 30 giorni di tempo per presentare ricorso. Dopo quel tempo nel loro futuro regna l'incertezza. Al di là di qualcuno che si è lamentato per il vitto, le loro richieste sono riassunte in una: «Vogliamo lavorare!». «Provate voi a stare cinque mesi senza fare assolutamente niente - spiegano in inglese e in francese -. Provate voi a non sentire vostra moglie e i vostri bambini». Per il sindaco di Pieve Emanuele, Rocco Pinto, quello che pesa loro di più è «non fare niente tutto il giorno». Per il sindaco di Pieve Emanuele, Rocco Pinto, «prima o poi è chiaro che doveva accadere qualcosà da 420 i profughi sono passati a circa 250 che comunque è un numero alto. Basterebbe metterne un paio in ogni comune del milanese - ha suggerito Pinto -, qui lasciarne anche 5 o 6, ma non così. Sono stufi di essere mantenuti mangiare e dormire». In paese è difficile trovare qualcuno che mal tolleri la loro presenza: «Sono bravi ragazzi - spiega davanti a un bar a 50 metri dal residence Salvatore, di origini meridionali ma da 40 anni a Pieve -, Finora si sono sempre comportati bene, in modo corretto. Probabilmente sono state fatte loro un sacco di promesse che non sono state mantenute. È chiaro che se non si comporteranno bene qualcuno dovrà rispondere - aggiunge Salvatore - ma, fino ad ora, non hanno creato affatto disagi: anzi, qualche volta offriamo loro il caffè». Della presenza degli immigrati si lamenta invece il sindaco di Opera, Ettore Fusco, che di profughi non ne ha invece voluti nemmeno uno. Anche lui è in piazza con cravatta verde di osservanza leghista. Il primo cittadino di Opera, che fu assolto per i disordini scoppiati nel 2006 nel campo nomadi del centro dell'hinterland milanese, è stato tra i primi a reagire alla protesta: «Difenderemo i nostri confini», ha detto, prima di inviare gli agenti della sua polizia locale ai margini del territorio comunale per evitare sconfinamenti che non sono stati tentati.
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