mercoledì 26 ottobre 2011

Il ridicolo partigiano


Altro che super partes: a Ballarò show del presidente della Camera che dà il via alla sua campagna elettorale insultando premier e governo. Persino Vendola si accanisce meno anche se sarebbe più credibile di Fini e del suo Fli fermo al 4%... Quando sorride, lo fa con il sorrisetto di chi gongola. Se si fa serio, ha l’aria grave dello statista. E anche di chi lo aveva detto, lui sì e con coraggio. Non è vero, perché Gianfranco Fini il Pdl e la maggioranza e il governo li ha lasciati, erano i giorni che poi portarono all’ormai fatidico 14 dicembre scorso della rinnovata fiducia in Parlamento, per ben altre motivazioni. Chiedeva più confronto nel Partito e nel governo, che tradotto significa una fetta maggiore di potere, mica metteva in discussione la leadership e la premiership di Berlusconi. E però adesso che tira aria da avvoltoi sul cadavere, adesso vale tutto. Anche, soprattutto, mettersi sulla faccia il compiacimento per l’Ue che dà gli ultimatum, i ministri riuniti in mille vertici per trovare un’intesa impossibile da trovare, Sarkozy e la Merkel che se la ridono sull’affidabilità dell’Italia.E vale mettersi sulla faccia, oltre al compiacimento, anche l’aria di complicità persino con uno come Nichi Vendola, che il Fini di non troppo tempo fa avrebbe disdegnato non fosse altro che per l’orecchino sul lobo.

Fini poi che dopo l’addio al centrodestra e dopo la batosta della fiducia, con il suo Fli non è scomparso solo perché ancora non si è votato, fiuta la possibilità di risorgere, e non si trattiene. Un’occasione vale l’altra,ma i dibattiti e i convegni li seguono in pochi. La platea televisiva di Ballarò invece è da sfruttare al massimo, e allora eccolo, seduto accanto al governatore della Puglia, affondare la lama. «Da parte di Silvio Berlusconi c’è un deficit di autorevolezza all’interno del Consiglio dei ministri», dice dal pulpito della presidenza della Camera e dalla poltrona negli studi di Floris. Si riferisce alla gestione dei conti, appaltata in esclusiva a suo giudizio al ministro dell’Economia Giulio Tremonti.

«In tanti casi-spiega-il presidente del consiglio ha detto sconsolato “Tremonti non me lo fa fare...”:Tremonti è di fatto il dominus assoluto della politica del governo». Così non è ben chiaro se le colpe siano del premier o del ministro, né è questa la sede per discettare sul fatto che se il Cavaliere con Fini era un despota non si capisce perché poi sia un agnellino impaurito con Tremonti. Fini qui deve solo insistere e magari, già che c’è,dire due paroline buone anche sul Terzo polo, e due cattive sulla Lega, lo sapete voi che la moglie di Bossi è una baby pensionata?: «Magari la gente non lo sa», ecco, adesso grazie al presidente della Camera un altro po’ di veleno è stato versato.

Insistere, comunque, e ha voglia Maria Stella Gelmini a contestare «la terza carica dello Stato che fa politica», è la campagna elettorale, bellezza, «troppo nervosa» ironizza Gianfranco. Poi affonda ancora: «C’è un deficit di credibilità del nostro governo enorme anche a livello europeo. Ho molti dubbi che generici impegni siano sufficienti. Gli altri paesi difendono i loro interessi difendendo i nostri interessi. Il contagio minaccia tutti». E se non vara la patrimoniale, il governo, è perché «il più ricco contribuente italiano si chiama Berlusconi». Persino Vendola si accanisce meno. Solo che Vendola sarebbe stato più credibile. Fini invece ha stampato in faccia anche quel sondaggio, che dà il suo Fli al 4 per cento. Un brutto baratro.

"Fini, và a quel paese" di Andrea Indini

Bastava guardarlo ieri sera, negli studi di Ballarò. Altro che presidente della Camera. Il partigiano Gianfranco Fini contro il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini. Per il leader del Fli è iniziata la campagna elettorale: sia nei salotti buoni della Rai, sia a Montecitorio. Una mancanza di "terzietà" che non è passata nell'indifferenza della Camera, dove adesso la maggioranza è tornata a chiedere la testa dell'ex leader di Alleanza nazionale. "Il suo comportamento di questo giorni è inopportuno: chi presiede la Camera non può sedere in uno studio televisivo al livello di altri leader politici", ha tuonato il leghista Marco Reguzzoni mentre i deputati del Carroccio e del Pdl urlavano: "Dimissioni, Dimissioni!".

Una situazione senza precedenti. Mai avvenuto nemmeno nella Prima Repubblica. Un capo-popolo, un leader di partito, un fervente esponente dell'anti berlusconismo: questo è diventato Fini. Da confondatore del Pdl a presidente della Camera (grazie ai voti della maggioranza) per poi uscire dal quel ruolo istituzionale che richiede innanzitutto di essere super partes. Oggi l'ennesimo, durissimo, scontro alla Camera. Con Reguzzoni che accusa: "La Lega è una forza pacifica e responsabile, ma non tollera soprusi né ingiustizie". Per l'esponente del Carroccio è inopportuno che Fini si faccia partecipe di dibattiti con valutazioni politiche: "Uno che fa politica non può sedere sul seggio più alto della Camera". Poi la denuncia. Reguzzoni attacca il leader del Fli per la "caduta di stile" nell'aver coinvolto Manuela Marrone, moglie del ministro delle Riforme Umberto Bossi, nel dibattito di ieri sera a Ballarò sulle pensioni. "Ha offeso tutti quelli che hanno pensioni in regola con le leggi, giuste o ingiuste che siano, in vigore quando sono andati in pensione", ha attaccato Reguzzoni ricordando che, quando era in vigore la legge sui baby pensionati, la Lega non era ancora in parlamento, mentre Fini sì e "non ha fatto nulla per eliminarla". Più concisa la reazione del Senatùr che si è limitato a "mandare a quel paese" Fini.

Subito dopo si sono scaldati gli animi. E il presidente di turno dell’assemblea, Rosy Bindi, si è vista costretta a sospendere la seduta mentre parlava il vicepresidente del Fli Italo Bocchino e dai banchi dei lumbard si levava il coro "Dimissioni, dimissioni!" nonostante Fini fosse assente. Le urla sono diventate l'occasione per scatenare la rissa. Claudio Barbaro, deputato futurista, si è scagliato contro i banchi della Lega capitolando contro Fabio Rainieri. Al di là della baruffa (divenuta un classico), il problema Fini è tutt'altro che risolto. Anzi. Proprio per questo il capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto ha fatto sapere che la maggioranza ha intenzione di "investire" il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano della "situazione di difficoltà istituzionale determinata dal comportamento" di Fini. Una presa di posizione, quella della maggioranza, che non è affatto piaciuta all'opposizione che, da Antonio Di Pietro a Dario Franceschini, si è schierata tutta a difesa del partigiano Fini che, per il momento, non vuole replicare. "Non è questa la sede in cui il presidente della Camera può dare risposte politiche - ha detto il leader del Fli - se lo facessi avallerei l’accusa di partigianeria nei miei confronti che ritengo insussistente. Saranno altre le sedi in cui, se lo riterrò eserciterò il diritto di replica". Adesso il diktat delle opposizioni sarà: salvare il partigiano Fini.

1 commenti:

Nico ha detto...

E' quell'aria compiaciuta di cui parla la Setti che personalmente mi manda ai matti quando vedo il super partes parlare. E' da più di due anni che costui flirta con la sinistra, che ne cerca l'applauso, il consenso; che chiede ai sinistri il certificato di non si sa che. ha un complesso di inferiorità nei confronti della sinistra che se lo porta via, e infatti eccolo lì, nel fortino di Rai3, dove sa che tanto basta fare l'antiB (dove B sta per Berlusconi, ma anche Bossi) per strappare gli applausi di cui ha disperatamente bisogno per sentirsi qualcuno.
Gli piace vincere facile, al super partes.