sabato 8 ottobre 2011

Immigrazione


Qualcuno a Lampedusa aveva scommesso sull’emergenza immigrati. Aveva fatto il tifo per gli scafisti e per i ribelli islamici che costringevano i governi nordafricani a togliere i militari dal controllo dei porti. A lucrare sui quasi 60mila sbarcati sull’isola da gennaio non ci sono soltanto le Onlus ammesse ai finanziamenti dei fondi europei per i migranti e i rimpatri. A proposito: Medici senza frontiere e Terres des Hommes precisano di avere operato a Lampedusa esclusivamente con fondi privati e senza contributi dal Viminale.

A Lampedusa c’è chi avrebbe messo la firma sul prolungarsi dell’allarme. Sono i ristoratori e gli albergatori che hanno fiutato il business della sicurezza e della logistica. Migliaia di disperati da accogliere, assistere e trasferire significa centinaia di altre persone da sistemare e sfamare: operatori, volontari, poliziotti, funzionari incaricati delle identificazioni, addetti agli aerei e alle navi. Poca cosa, ma pur sempre qualcosa pur di occupare tavoli e letti. «Avranno guadagnato anche quelli della Meridiana e della Grimaldi», dice Tonino Martello, titolare dell’omonimo hotel in Rialto Medusa e presidente del Consorzio albergatori locale. Navi affittate per trasferire i profughi, velivoli carichi del personale di supporto. Spesso i poliziotti erano così tanti da riempire i voli, togliendo posti agli eventuali vacanzieri.

Tra alberghi, residence e case private, l’isola delle Pelagie mette a disposizione dei turisti circa 4.000 posti letto. Nelle fasi di crisi più acuta, quando nei centri di accoglienza scoppiavano le rivolte, dal Viminale partiva l’ordine di rafforzare le misure di sicurezza. In certi momenti a Lampedusa erano presenti anche 700 poliziotti: aggiunti agli operatori della Croce rossa e delle Onlus variamente finanziate, questo numero di persone poteva coprire fino a un quarto della ricettività. Alcuni alberghi e ristoranti hanno puntato su questo filone. La prefettura di Agrigento ha proposto una convenzione: 30 euro per ogni letto occupato dalle forze dell’ordine e 12 euro per ciascun pasto consumato. Prezzi fissi.

Non è granché, ma non sono somme da disprezzare. In luglio e agosto gli altri albergatori hanno offerto la mezza pensione a 50-55 euro a persona, informa Martello; qualcuno è sceso anche sotto i 50 pur di guadagnare un minimo. Quei 30 euro del Viminale erano ben presi: hanno consentito di aprire la stagione già in inverno. E se l’emergenza si fosse protratta fino a gennaio, non ci si sarebbe certo lamentati. Soldi sicuri, in arrivo dalla prefettura. Che non ha ancora saldato il conto. Abituati a questo tipo di business da quando sono diventati la testa di ponte dei mercanti di disperati, i lampedusani fanno buon viso a cattiva sorte: «In passato i pagamenti arrivavano dopo 6-7 mesi - dice Martello - a volte passava un anno». Si può fare una colpa a chi ha scelto questo modo per raddrizzare i conti? Quest’anno la stagione turistica di Lampedusa è stata un disastro. Ancora Tonino Martello: «A giugno meno 80 per cento. Da metà luglio a metà settembre è andata un po’ meglio: meno 70. A fine settembre abbiamo recuperato con O’Scia’, lo spettacolo con Claudio Baglioni, ma quasi tutti i turisti sono arrivati dalla Sicilia in nave o aliscafo, pochissimi dal Nord Italia che è il nostro tradizionale bacino. Ora non c’è più nessuno, se ne sono andati sia i poliziotti sia i clandestini. Funzionano un traghetto al giorno e qualche volo settimanale per la Sicilia, i charter con il continente finiscono il 15 ottobre. Sono rimasti soltanto i danni».

Il governo si era dato da fare per portare i turisti nell’isola. Il ministro Michela Vittoria Brambilla aveva lanciato degli incentivi, come buoni vacanze e tariffe scontate con una compagnia aerea, oltre a spot pubblicitari sulle reti Rai e altre azioni promozionali. Fino a metà dell’anno prossimo per i lampedusani, privati e aziende, è stato sospeso il pagamento dei contributi Inps e del modello F24. Una boccata d’ossigeno. Che potrebbe non bastare. «Quest’anno abbiamo lavorato solo per pagare le spese, in inverno non so come faremo - scuote la testa Rosangela Mannino, assessore comunale e leader dei commercianti isolani - al governo abbiamo chiesto di creare due zone franche, urbana ed extradoganale, come fecero i Borboni nel 1845. Abbiamo portato copia di quel decreto al presidente Berlusconi. Qui paghiamo la benzina più cara d’Italia per i costi aggiuntivi di trasporto, quasi 2 euro il litro. Dalla regione Sicilia abbiamo quasi ottenuto una linea di credito speciale: contributi in proporzione al fatturato da restituire in 10 anni senza interessi». Ancora prestiti e incentivi. Come quelle che la regione ha erogato ai pescatori: 3.300 euro a testa. E un fondo straordinario di un milione destinato a marittimi e armatori. Gli scafisti erano una concorrenza sleale.

(3° parte)

Qui e qui.

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