lunedì 31 ottobre 2011

Primavera araba


La battuta sarebbe “si stava meglio quando si stava peggio”, ma c’è poco da ridere. La deriva fondamentalista della cosiddetta “primavera araba” era una certezza. Solo l’ignoranza del Presidente Usa Obama e la spocchiosa presunzione del Presidente francese Sarkozy, unita alla disarmante rassegnazione del Presidente italiano Berlusconi, potevano sottovalutare l’essenza ineluttabile delle rivolte arabe. La prevedibilità di quanto è accaduto e, in maniera sempre più drammatica ed impetuosa, succederà, deriva dalla constatazione dell’assenza di qualsiasi alternativa culturale, politica e ideologica alla matrice islamista, unica realtà partorita dalla Umma negli ultimi secoli, a livello culturale, politico ed ideologico, per definizione, quindi, integralista di ogni profilo della vita umana. La penosa ed immediata sopraffazione della minoritaria fazione laica e marxista, che tanto si era spesa agli albori di queste rivolte, ripercorre sostanzialmente la storia della rivoluzione khomeinista dove i soliti utili idioti della sinistra furono annientati dai rivoluzionari religiosi subito dopo la vittoria sullo Scià Pahlavi.

Esattamente si ripropone la stessa dinamica in Tunisia con la schiacciante vittoria del partito di ispirazione fondamentalista sunnita Enhadda. Costoro, non accontentandosi dello straordinario successo elettorale, sono riusciti ad ottenere l’annullamento dell’elezione di esponenti del partito laico di Petition Populaire per dichiararlo, nei prossimi giorni, fuorilegge. Nulla deve ostacolare l’imposizione della sharia nella nuova costituzione della Repubblica teocratica tunisina. In Egitto accade anche peggio. Qui anche i movimenti apparentemente più laici sembrano gareggiare con i fondamentalisti per dichiarazioni e proclami all’insegna del più estremo fondamentalismo. In politica estera si prepara il campo propagandistico e militare per nuove guerre al fianco di Hamas. Intanto è già iniziata la pulizia etnica contro i cristiani copti che se non sono linciati o bruciati nelle loro chiese, come accadeva agli ebrei dentro le sinagoghe durante il nazismo, sono costretti a fuggire dal dar Al-Islam. Il Libia, la stupidità dei capi di stato occidentali capeggiati da Obama, ha permesso la resurrezione e l’ascesa di un movimento di massa estremista che sembrava essere morto e sepolto da Gheddafi. In Turchia, dove l’ondata islamista deriva dal regolare insediamento dello stesso Premier Erdogan, oltre alla fine del laicismo di stato, assistiamo agli albori di un nuovo sterminio, quello del popolo curdo, che si appresta a fare compagnia ai milioni di morti armeni, cristiani uccisi dal popolo ottomano. L’unica rivolta su cui è lecito avere qualche aspettativa è quella del popolo siriano che, comunque sia, promana dalla legittima aspirazione dei sunniti a ribellarsi contro il regime di una marionetta in mano agli sciiti iraniani. In questo caso, però, la codardia dell’Occidente ed il miope cinismo di Russia e Cina, sembra condannare il popolo siriano ad un atroce massacro senza fine.

Come concludere.

La lezione è già stata scritta tanti anni fa dagli stessi Fratelli Musulmani di cui è fondamentale rammentare due proverbi sconosciuti agli occidentali (la cultura araba è imbevuta di detti e proverbi di cui gli intellettuali snobbano, spesso, l’importanza). Un uomo, un voto, una volta. (ovvero si vota democraticamente ma una volta conseguita la vittoria non si vota più). Dopo sabato viene domenica (ovvero prima massacriamo gli ebrei, nel loro giorno più sacro, l’indomani sarà il turno dei cristiani).

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