mercoledì 12 ottobre 2011

Orgasmi finiani e non solo...


Ancora una volta Gianfranco Fini dimostra di non essere un presidente della Camera super partes e di approfittare della sua carica istituzionale per condizionare la vita politica del Paese. Oggi sulla sua pagina pubblica di Facebook (e su Twitter) è apparsa una frase che non lascia equivoci: "Nel pomeriggio salirò al Quirinale per spiegare come sia diventato difficile, vista la situazione in cui versa la maggioranza, garantire il normale andamento dei lavori parlamentari".

Ora, se è vero che martedì il governo è andato sotto, alla Camera, nell'approvazione dell'articolo 1 del Rendiconto generale dello Stato, è altresì evidente che ogni valutazione politica di merito spetta al capo del governo e al Presidente della Repubblica. E non è ammissibile che il presidente di un ramo del parlamento si erga a paladino dell'opposizione, andando a perorare da Napolitano, sia pure tra le righe, lo scioglimento delle camere. Certo, a scrivere quella frase di sicuro non sarà stato Fini ma qualcuno del suo staff. Ovviamente qualcuno di cui Fini si fida eccome. Ma è evidente che sia stata una gaffe, piuttosto grossa a dire il vero. Prova ne è che dopo poco quelle frasi sono state rimosse, sia da Facebook che da Twitter. Ma in molti hanno fatto in tempo a leggerle e a commentarle.

Il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, non si sofferma sulla frase comparsa sui social network ma pone l'accento sui comportamenti tenuti da Fini in queste ore. Cicchitto sottolinea che Fini "si è distinto dall’opposizione che chiedeva la non procedibilità della presenza del presidente del Consiglio in aula, però precedentemente ha fatto un percorso che non ha rinviato ai lavori della commissione il ragionamento sul rendiconto dello Stato, e ha dato un’interpretazione unilaterale della prevalenza dell’articolo 1 rispetto al resto dell’articolato". Ancora una volta, dunque, Fini ha remato contro la maggioranza. Difficile poter sostenere che abbia tenuto un comportamento super partes, come richiesto dal suo ruolo. E quella frase su Facebook, anche se non scritta da lui direttamente, non lascia dubbi...


"A fronte di interpretazioni del tutto erronee e forzate delle opposizioni sulle implicazioni del voto negativo all'articolo 1 della legge sul rendiconto, il governo e la maggioranza reputano necessario richiedere la fiducia al parlamento. Ciò avverrà sulla base delle comunicazioni politiche che il presidente del Consiglio intende rendere in aula. Indipendentemente da queste comunicazioni, sul merito del provvedimento relativo al rendiconto generale dell'amministrazione dello stato, si è convinti che il voto negativo all'art. 1 non sia ostativo all'approvazione di tutti gli altri articoli del provvedimento stesso". Lo ha affermato Paolo Bonaiuti raggiunto telefonicamente al termine del vertice a Palazzo Grazioli. Il Cav parlerà in Aula già oggi, al massimo domani. E secondo alcune indiscrezioni, tra gli argomenti che tratterà ci sarà la constatazione del fatto che far cadere il governo nel mezzo di questa crisi economica sarebbe da irresponsabili.

Il tutto avviene al termine di una giornata convulsa nella quale la Camera ha bocciato l’articolo 1 del rendiconto di bilancio. In Aula si è registrato un 290 pari. La maggioranza richiesta però era di 291 voti. Subito dopo il voto in Aula è arrivato Silvio Berlusconi, che si è intrattenuto però solo per qualche minuto. Il presidente della Commissione bilancio, Giancarlo Giorgetti, ha chiesto la sospensione della seduta per la valutazione della situazione. Polemica nei confronti del ministro dell'Economia, Giulio Tremonti che non ha partecipato alla votazione. "Quello del ministro Tremonti è stato un comportamento irresponsabile: è entrato in Aula 30 secondi dopo che era già avvenuta la votazione in cui la maggioranza è andata sotto, si è seduto tra i banchi del governo. Spiegasse perché", ha attaccato il deputato del Pdl, Amadeo Laboccetta che poi ha incalzato: "È un provvedimento che porta il suo marchio". In serata è arrivata una nota del ministero dell'Economia che ha spiegato l'accaduto: "A poche ore dalla presentazione della Legge di Stabilità il ministro Tremonti era al ministero impegnato con gli uffici di Gabinetto nella valutazione dei dossier relativi a ciascun Ministero. In aula in rappresentanza del Ministero erano presenti i Sottosegretari. Appena ricevuta notizia dall’Aula il ministro ha interrotto i lavori e si è recato a Montecitorio. Nessuna ragione politica di nessun tipo".

Intanto la bocciatura di oggi secondo il premier "è un problema tecnico che si può risolvere". Anche il Senatùr non ha partecipato alla votazione. Il leader della Lega, Umberto Bossi, che tra una votazione e l’altra si era fermato nel cortile di Montecitorio per fumare un sigaro, è stato avvicinato dai cronisti proprio mentre rientrava in Aula e quei pochi secondi di ritardo sono bastati a far bocciare il documento economico del governo per un voto di scarto. La gravità dell’assenza di Bossi è stata subito sottolineata dalla sua portavoce che ha accusato i cronisti di aver trattenuto il ministro proprio mentre c’era un voto così importante. Decisive, fra le altre, le assenze di Claudio Scajola, Antonio Martino, Gianfranco Miccichè, Andrea Ronchi, Paolo Guzzanti, Giuseppe Cossiga, ma anche il voto contrario di Calogero Mannino, Santo Versace, dei Liberaldemocratici di Italo Tanoni e della Svp. Il Pdl ha avuto 13 assenti, la Lega 2, Popolo e Territorio 5 fra cui Guzzanti, Pionati e Scilipoti. Assente Casini.

Dopo la bocciatura in Aula, le opposizioni hanno attaccato il governo. "La maggioranza che sostiene il governo non esiste più, né nel Paese né in questa Camera", ha detto in Aula il capogruppo del Pd, Dario Franceschini. Dopo il voto, cui ha partecipato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, dall’opposizione si è applaudito e urlato: "Dimissioni, dimissioni!". Prima della sospensione, fra rumori del centrodestra e applausi del centrosinistra, tutti i gruppi di opposizioni (Pd, Idv, Terzo Polo, misto-opposizioni) hanno preso la parola per chiedere al Presidente del Consiglio di andare al Quirinale a rassegnare il mandato. "Oggi le dimissioni di Berlusconi, e prima ancora quelle del ministro Tremonti, sono inevitabili per ridare credibilità al Paese", ha dichiarato il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini che poi ha aggiunto: "Molti pensano che sia un’ossessione dell’opposizione chiedere le dimissioni di Berlusconi ma siamo di fronte a un governo paralizzato".

"È la prima volta dall’inizio della storia della Repubblica che il governo viene battuto in aula su un provvedimento del genere", ha attaccato Gian Luca Galletti dell’Udc. "Finalmente si esce dalla retorica del va tutto bene", ha tuonato Benedetto Della Vedova del Fli, mentre Massimo Donadi dell'Idv ha dichiarato: "Tornate a casa e si torni a votare". Anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini ha cavalcato il voto in Aula e ha affermato che "la richiesta di sospensione dei lavori va accolta anche per le evidenti implicazioni di carattere politico". Quello che è successo oggi in Aula, ha aggiunto Fini, "è un fatto senza precedenti". E proprio per questo sarà convocata per domani mattina la giunta per il regolamento della Camera che dovrà stabilire se, nonostante la bocciatura dell’articolo uno, si potrà proseguire o meno con l’esame sullo stesso articolato.

"È stato un incidente, non credo a un complotto". Così il coordinatore del Pdl, Denis Verdini respinge chi fa "dietrologie" e dà la sua versione di quanto accaduto: "La prima votazione è andata 287 a 285, tra la prima e la seconda votazione sono arrivate una serie di chiamate, sette della maggioranza, 5 dell’opposizione. Poi 4 sono usciti, Bossi, Cossiga, Gianni e Testoni. Sono i quattro che c’erano prima e che non hanno votato dopo. Non credo ad un complotto". "Se c'è un dissenso politico lo si manifesti, ma cose come sono successe oggi non sono più tollerabili. In questo momento le leggerezze sono colpevoli e inescusabili". Così il presidente della Lombardia, Roberto Formigoni, ha stigmatizzato la sconfitta della maggioranza oggi alla Camera, aggiungendo poi che "solo la fiducia può sanare l’incidente". Previsto uno stop anche per il ddl intercettazioni, così come confermato dal capogruppo del Pdl alla Camera Fabrizio Cicchitto. "È certo che ora si rinvia l’esame del ddl intercettazioni", ha detto. E lo stesso Cicchitto, tornando a parlare della bocciatura di oggi ha dichiarato: "Io credo che il governo debba rendersi disponibile a un confronto politico e a verificare se abbia o meno la fiducia in Parlamento".

Altri orgasmi: qui, nomi e cognomi... sarebbe meglio per loro fare del sano sesso... piuttosto che eccitarsi così. Ma... tutti i gusti sono gusti.

2 commenti:

Massimo ha detto...

Fini è peggio che fazioso, è corroso da un odio, da meschine voglie di ripicca verso Berlusconi che ne ha messo a nudo l'inconsistenza culturale, intellettuale, morale, politica. Ha distrutto due partiti e ha cercato di fare altrettanto con un terzo. Ha cambiato idee su tutto, ribaltando i Valori che fino a dieci anni fa illustrava con la bella loquela. Se non fosse su quella poltrona sarebbe un nessuno qualunque.

Nico ha detto...

La vigliaccata di mandare proclami su Twitter e Facebook, e poi di cancellarli, descrive bene l'alta levatura morale del Super Partes. E di quelli che gli vanno dietro, e che gli sono andati dietro (perché tanto lui è sempre stato così in questa legislatura: giusto i ciechi non potevano accorgersene)