sabato 24 settembre 2011

Le colpe degli altri...

I clandestini tunisini mettono a ferro e fuoco Lampedusa, bloccano il porto di linosa, lanciano sassi contro la gente e contro le forze dell'ordine ferendole, rendono inagibile il cie... e la questura che fa?


E così anche l’isola che l’Italia sta per candidare all’Oscar è nei guai. Anche la piccola, remota, verdeggiante Linosa, sfondo dell’ultimo film di Emanuele Crialese, «Terraferma» di pace e accoglienza, ieri ha conosciuto una nuova storia. È successo questo: nella notte di giovedì sono sbarcati 30 tunisini da un minuscolo peschereccio con il motore in avaria. Ogni tanto capita. Sono migranti che sbagliano rotta e vanno a sbattere sullo scoglio sbagliato. La gente dell’isola, 380 residenti, è abituata. Il sindaco facente funzione (quello vero è il sindaco di Lampedusa) si sveglia, prende l’Ape e va a chiamare la titolare dell’unico minimarket. Poi Salvatore Ramirez offre dei kit preconfezionati, scarpe e magliette, acqua e biscotti, infine indica la strada: i 30 nuovi arrivati sono andati a dormire insieme ad altri 68 tunisini, già accampati nella palestra comunale. Però è stata una brutta notte. Forse hanno sentito per telefono che questi non sono giorni buoni per i cercatori di fortuna. Fatto sta che ieri pomeriggio alle due, quando hanno visto arrivare il traghetto Palladio - una nave di linea piena di cibo, turisti e parenti - hanno deciso che era venuto il momento di continuare il loro viaggio. Tutti insieme sono usciti dalla palestra e si sono incamminati verso il molo di Linosa. Sull’isola ci sono sei carabinieri. Il capitano della Palladio aveva già fatto lanciare le cime, quando ha ricevuto l’ordine di non attraccare. Troppo pericoloso. Situazione fuori controllo. Ne è scaturita una protesta furiosa: la prima. I residenti volevano abbracciare i loro amici, i tunisini volevano partire. Gente incatenata alle bitte per impedire al traghetto di allontanarsi. Urla, tensione. La Palladio immobile in porto, ma ancora lontano dal molo. Mentre i carabinieri di Lampedusa - avvisati dai colleghi - inviavano due motovedette. Ma servivano quasi due ore di navigazione. A Linosa tutti stavano chiedendo la stessa cosa: libertà di viaggiare. All’arrivo dei rinforzi, è stata presa una decisione inedita: la Palladio è stata fatta attraccare, turisti e parenti sono scesi, mentre i 98 tunisini sono stati imbarcati quasi come passeggeri normali (anche se a Porto Empedocle già stavano organizzando il servizio d’ordine).

Una giornata strana. Di brutti piccoli segnali. Ieri a Lampedusa si è battuto il record di assenze. Solo 31 immigrati nel centro d’accoglienza, trenta uomini e una donna. Ma a qualcuno non è bastato. Dopo la rissa di mercoledì sassi e bastoni contro i tunisini dove per la prima volta alcuni lampedusani sono passati dalla parte del torto (i carabinieri stanno studiando i filmati degli scontri), ieri notte un incendio doloso ha svegliato il paese. Sulla curva di via Lido Azzurro bruciava la Ford Fiesta di Cono Galipò. Ovvero l’auto dell’amministratore delegato della cooperativa che gestisce il centro di accoglienza dell’isola. «Più che spaventato sono inferocito - dice Calipò - ho sempre avuto un buonissimo rapporto con la popolazione di Lampedusa, diamo lavoro a 120 famiglie, mi è difficile capire». Tre dati non giustificano l’intimidazione mafiosa, ma raccontano bene cosa è successo a Lampedusa nella sua storia recente: 11 mila immigrati nel 2007, 34 mila nel 2008, 52 mila solo nei primi sette mesi del 2011.

2 commenti:

Nessie ha detto...

L carabinieri indagano sui lampedusani, rei di "essere passati dalla parte del torto"? Ma questo è il mondo alla rovescia: chi si difende ha torto, chi brucia l'isola, ruba pescherecci, minacciA i gestori dei neozi di farli saltar per aria ha ragione. E' semplicente nauseante.

Eleonora ha detto...

Si Nessie, è semplicemente nauseante. Non ci si può più nemmeno difendere che si passa dalla parte del torto seduta stante.