venerdì 17 dicembre 2010
Immigrazione clandestina e magistratura
MILANO - La Corte Costituzionale scalfisce la legge che ha introdotto il «reato di clandestinità». Nel particolare, la Consulta ha sancito l'impunibilità dell'immigrato estremamente indigente che non ha lasciato l'Italia nonostante abbia ricevuto, anche più volte, l'ordine di allontanamento o di espulsione. In questo modo la Corte costituzionale dichiara illegittimo («nella parte in cui non dispone che l'inottemperanza all'ordine di allontanamento sia punita nel solo caso che abbia luogo senza giustificato motivo») un articolo contenuto nel cosiddetto «pacchetto sicurezza» entrato in vigore nel luglio 2009.
IL CASO - A sollevare la questione dinanzi alla Consulta è stato il Tribunale di Voghera, chiamato a giudicare sul caso di una donna clandestina più volte raggiunta da un decreto di espulsione ma che, per motivi di estrema indigenza, non aveva potuto lasciare l'Italia con i propri mezzi. La donna, che era già stata arrestata, era stata poi rintracciata nel sottoscala di uno stabile, dove abitava. Il luogo era abbandonato, privo di servizi e di riscaldamento, nonostante la temperatura fosse di molto inferiore allo zero. Secondo il tribunale, le condizioni di estrema indigenza della donna dovevano ritenersi «giustificato motivo» per impedirle di lasciare l'Italia con i propri mezzi. Si tratterebbe, dunque, di un «giustificato motivo» che però non era stato previsto dall'art.14, comma 5 quater del testo unico sull'immigrazione, così come modificato dall'ultimo «pacchetto sicurezza» del governo Berlusconi (legge 94 del luglio 2009).
VALVOLA DI SICUREZZA - Ebbene, dopo aver rilevato che il «pacchetto sicurezza» ha aumentato nel massimo (da quattro a cinque anni) le pene per lo straniero destinatario di un decreto di espulsione adottato dopo l'inottemperanza ad un precedente ordine di allontanamento, la Corte Costituzionale censura la mancata previsione di un «giustificato motivo». Si tratta infatti - scrivono i giudici costituzionali nella sentenza n.359 depositata il 17 dicembre in cancelleria - di una clausola che, come la Corte ha già rilevato, è tra quelle destinate in linea di massima a fungere da «valvola di sicurezza» del meccanismo repressivo. «È manifestamente irragionevole - si legge nella sentenza numero 359 - che una situazione ritenuta dalla legge idonea ad escludere la punibilità dell'omissione, in occasione del primo inadempimento, perda validità se permane nel tempo». Esiste infatti «un ragionevole bilanciamento - sottolinea la Consulta - tra l'interesse pubblico all'osservanza dei provvedimenti dell'autorità, in tema di controllo dell'immigrazione illegale, e l'insopprimibile tutela della persona umana».
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