lunedì 20 dicembre 2010
Magistratura
MILANO - Il Tribunale civile di Milano ha accolto il ricorso presentato da dieci rom del campo milanese di via Triboniano contro il sindaco Letizia Moratti, il ministro dell'Interno Roberto Maroni e il prefetto Gian Valerio Lombardi, col quale hanno chiesto che vengano assegnate loro le case popolari in adempimento di un progetto di autonomia abitativa che era stato in un primo tempo sottoscritto dall'amministrazione comunale e poi bloccato. La decisione è stata presa dal giudice civile Roberto Bichi e fa riferimento ad un accordo siglato nei mesi scorsi dal Comune e dalla Prefettura che avevano individuato alcune famiglie rom a cui assegnare degli alloggi di edilizia popolare. Il ricorso, firmato dagli avvocati Alberto Guariso e Livio Neri, si riferisce all'assegnazione di 25 case popolari. Con il suo provvedimento il giudice ha disposto che i dieci appartamenti che erano stati in un primo momento assegnati ai dieci nomadi che hanno fatto ricorso «siano posti a disposizione» dei rom «non oltre il termine del 12 gennaio 2011». Fino a quella data, inoltre, i nomadi non potranno essere sgomberati dal campo.
ANCORA SENZA CASA - I legali nel ricorso avevano segnalato l'accordo siglato, nei mesi scorsi, dal Comune e dalla Prefettura, con cui erano state individuate «le famiglie rom destinatarie degli alloggi Aler (di edilizia popolare, ndr)» con «l'assegnazione nominativa a famiglie attualmente residenti nel campo Triboniano». I nomadi nel ricorso avevano chiamato in causa anche il ministro Maroni e in particolare ciò che il ministro dichiarò nel corso di una conferenza stampa il 27 settembre scorso: «Nella conferenza stampa - hanno scritto i legali dei rom - Maroni affermò che i ricorrenti (come gli altri destinatari dei 25 alloggi) non avrebbero potuto acquisire gli alloggi indicati nei rispettivi progetti, bensì altri, che sarebbero stati reperiti facendo leva "sul gran cuore di Milano"». Ad un mese da quelle affermazioni, si legge ancora nel ricorso, i nomadi «non hanno potuto fare ingresso negli alloggi loro assegnati» e il Prefetto «non ha più convocato alcun abitante del campo di via Triboniano per la sottoscrizione dei progetti di autonomia». Nel frattempo, «amministratori e politici hanno ripetutamente dichiarato alla stampa che ai Rom non sarebbe mai stata data alcuna casa popolare», con riferimento per esempio alle parole del sindaco Moratti. Per questo i nomadi hanno chiesto anche che il Tribunale accertasse e dichiarasse «il carattere discriminatorio del comportamento tenuto dalle amministrazioni convenute» e ordinasse «di dare pieno e esatto adempimento» ai progetti di alloggio nelle case popolari.
IN BASE ALL'ETNIA - Tra le motivazioni della decisione del tribunale, c'è il razzismo: la mancata assegnazione è avvenuta «in dipendenza dell'origine etnica» dei nomadi che avrebbero dovuto entrare negli alloggi. Secondo il giudice, Roberto Bichi, come si legge nell'ordinanza, trova riscontro la tesi dei nomadi «circa la motivazione del comportamento omissivo» dell'amministrazione comunale, che non ha assegnato i 25 alloggi, «correlato alla mera constatazione dell'appartenenza all'etnia rom dei beneficiari» degli alloggi. Il giudice inoltre fa riferimento alla «obiettiva constatazione che il diniego all'attuazione delle convenzioni riguarda esclusivamente tutti i soggetti accomunati dall'appartenenza alla medesima etnia». Perciò per il magistrato l'ordinanza emanata serve anche a «impedire che possano trovare spazio nel circuito sociale condotte (...) che, anche indirettamente, determinino una situazione di svantaggio o impediscano il raggiungimento di un legittimo vantaggio a persone, in dipendenza dell'origine etnica».
PROTESTA DELLA LEGA - Immediata la reazione da parte della Lega. Il capogruppo Matteo Salvini ha annunciato un presidio davanti al Tribunale per martedì alle 11. «Le case popolari prima ai rom come vorrebbe un giudice? No grazie!», dice Salvini, avvalorando la leggenda metropolitana di una fantomatica «corsia preferenziale» per i rom (in realtà gli appartamenti sono stati assegnati proprio attraverso il cosiddetto «piano Maroni»). «In Italia per esprimere un giudizio su certi magistrati c’è solo una parola: vergogna», dichiara Igor Iezzi, segretario provinciale della Lega Nord. E il presidente del consiglio regionale, Davide Boni: «Sentenza che suona come una beffa per tutti i cittadini milanesi e lombardi in attesa da molti anni di una casa popolare». Romano La Russa, assessore regionale alla Sicurezza e coordinatore provinciale del Pdl, afferma che «non possono essere tollerate discriminazioni nei confronti dei cittadini italiani», e conclude: «Accetto la decisione dei giudici, per rispetto del mio ruolo istituzionale, ma certo non la condivido e non posso neanche comprenderla».
DON COLMEGNA: BASTA POLEMICHE, FATTI - Di segno diametralmente opposto il commento di don Virginio Colmegna, presidente della Casa della Carità (all'associazione è stato appena conferito l'Ambrogino, come anche al nucleo dei vigili che presiede agli sgomberi, per par condicio). «È una conferma, anche dal punto di vista della magistratura, del percorso che avevamo avviato. Questa decisione credo che serva per svelenire il clima e riuscire a portare avanti quel progetto che si è bloccato per una contrapposizione che si è rivelata evidentemente ideologica più che di fatto, visto che i contratti erano già firmati». «Auspico - aggiunge don Colmegna- che non si faccia più polemica, che ci si rimbocchi le maniche e si superi in fretta il campo attraverso i percorsi che erano stati individuati». Il presidente della Casa di Carità si dice compiaciuto del fatto che «il comitato di quartiere dei cittadini, che condivide con noi i percorsi, si è detto contento perché anche i cittadini non vogliono più il campo che altrimenti, abbandonato a se stesso, diventa un problema anche per questioni sanitarie».
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2 commenti:
Tecnicamente ineccepibile. Però questo insegna che non si deve venire a patti con chi sovverte l'ordine, occupa e poi pretende "diritti". Adesso la Moratti dia le case promesse nei limiti dell'accordo, ma poi sbaracchi tutti gli altri.
Massimo, a me pare più una vendetta che tecnicamente ineccepibile.
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