mercoledì 8 dicembre 2010

Personalismi e vendette


Ieri sera i big di Futuro e libertà hanno fatto l’en plein in tv. Un posto in prima fila per Italo Bocchino, lo scudiero del capo, convocato nello studio di Ballarò. E una posizione in galleria, più consona alla carica che ricopre, per Gianfranco Fini, intervistato a Montecitorio. Da lì, da quella sede istituzionale, con l’aiuto del zelante Giovanni Floris, Fini ha stilato l’agenda dei lavori di Berlusconi, quello che dovrebbe fare nei prossimi giorni. Ne ha chiesto le dimissioni, ha stabilito che dovrebbe allargare la maggioranza, ha allontanato il pericolo (per lui) delle elezioni, ha attaccato «alcuni quotidiani molto vicini al premier che portano avanti una campagna d’istigazione» contro il Fli e la sua persona. Insomma, una puntata monopolizzata da Futuro e libertà. Se n’era accorto persino Maurizio Crozza dell’anomalia della puntata, il capo del Fli e presidente della Camera nella sua doppia veste e il suo delfino: «Mi raccomando - aveva esortato rivolto a Bocchino - niente orgasmi in diretta». Del resto per loro la Rai è un po’ un’azienda di famiglia, visto che ci lavora con profitto Gabriella Buontempo, moglie di Bocchino e titolare della Goodtime srl, e ci ha lavorato Francesca Frau con la sua At Media, «suocera» del presidente della Camera. Si parlava di Berlusconi, ça va sans dire. Per l’occasione Floris aveva allestito un contraddittorio morbido, composto dal presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà, da Diego Della Valle e da Gianfranco Rotondi e da Gaetano Quagliariello. Mentre a tenere bordone c’erano Enrico Letta e la direttora dell’Unità Concita De Gregorio.

Al centro della puntata la sfiducia al governo, le dimissioni prima del fatidico 14 dicembre con vista sul Berlusconi bis che una parte del Terzo polo sempre meno compatto comincia a ipotizzare. Perché, si sa, visti un po’ di sondaggi e annusata l’aria anche sul web, i tipini fini non sono più così baldanzosi e sicuri di andare subito al voto. Meglio traccheggiare un po’. Meglio tramare nuove intese, con l’alibi della legge elettorale da rifare. Compiacente, Floris ha subito chiesto a Fini «che cosa dovrebbe fare Berlusconi». E lui smettendo i panni di terza carica dello Stato e indossando quelli del più acerrimo nemico del premier, ha preso a suonare il solito disco delle dimissioni addirittura prima del 14 dicembre perché «dovrebbe prendere atto di non aver più la maggioranza politica in Parlamento». Continuando a incalzarlo, Floris ha domandato all’oste se il suo vino è buono: figuriamoci se Fini si sente un traditore, «questi sono gli argomenti cui si ricorre quando non se ne hanno altri».

Quanto a lui, non ha nessuna intenzione di dimettersi nel caso in cui il premier superasse lo scoglio del 14 dicembre perché «escludo che alla Camera Berlusconi ottenga la fiducia e ho le mie buone ragioni per dirlo». Al massimo, concede Gianfry, Berlusconi troverà i voti «per tirare a campare». Niente più. E comunque vada lui resterà «certamente» presidente della Camera. Anche perché, chi si ricorda della promessa pubblica di dimissioni nel caso fosse stata provato il ruolo di proprietario del cognatino Tulliani nell’affaire Montecarlo. E figurarsi se il fido Floris si è permesso di rinfrescargli la memoria. Ma tant’è. Naturalmente è «l’onorevole Berlusconi», come Gianfry l’ha ripetutamente appellato, «a dover fare un bagno di umiltà», ci mancherebbe. Anche se, a differenza di Casini, ha osservato Floris, per Fini sembra che non sia Berlusconi il problema... Come no, è proprio lui il problema. «L’onorevole Berlusconi smetta di inseguire fantasmi e di dire che il mondo ce l'ha con lui».

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