domenica 31 luglio 2011
Salta l'ikea...
Pisa, quella porta chiusa in faccia all'Ikea fa gridare allo scandalo anche all'estero di Orlando Sacchelli
Pisa - Da tempo Ikea ha in mente di allargare la propria rete di vendita in Italia aprendo un magazzino in provincia di Pisa. Sarebbe il secondo in Toscana, dopo quello di Firenze. Individuata l'area - nel Comune di Vecchiano (a Migliarino Pisano, per l'esattezza) - sono partite le trattative con gli amministratori locali. Trattative estenuanti, sei anni, che alla fine hanno prodotto un buco nell'acqua: niente da fare per gli svedesi. A Vecchiano lo stabilimento non s'ha da fare. Problemi burocratici. O meglio, l'incapacità da parte degli amministratori locali di sedersi a un tavolo per trovare un compromesso accettabile con chi, investendo tanti soldi e portando centinaia di posti di lavoro, ovviamente desiderava avere qualche garanzia (parcheggi, viabilità, ecc.). La rottura della trattativa è stata motivata dalla stessa Ikea lo scorso maggio: "L'eccessiva dilazione dei tempi di decisione da parte delle autorità locali". Una storia che ha dell'incredibile. Infinite lungaggini burocratiche e politiche hanno bloccato un investimento da 60 milioni di euro, con la realizzazione di un negozio di circa 20mila metri quadrati con annesse infrastrutture viarie e la creazione di circa 350 posti di lavoro.
Clamore internazionale. Il caso della mancata apertura dell'Ikea in provincia di Pisa è finito anche sull’International Herald Tribune. Viene citato tra gli esempi della "scoraggiante via per la prosperità" dell’Italia. L’articolo si sofferma su una serie di casi e di interviste ad imprenditori italiani sulla burocrazia e sulla politica italiana come freno all’economia. A proposito del caso Ikea si legge nell’articolo che "sei anni fa il gigante Ikea pianificò di aprire un magazzino da 60 milioni di euro a poche miglia dalla torre di Pisa ma poi le cose si sono ingarbugliate come succede spesso in Italia dove burocrazia e politica schiacciano l’economia".
Si cerca di correre ai ripari. Tanto clamore non poteva passare inosservato. Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, è corso subito ai ripari per cercare di limitare i danni e far capire al colosso svedese che qualcosa si poteva ancora fare. Rossi si è prodigato in prima persona, in un faccia a faccia con l'amministratore delegato di Ikea Italia, Lars Peterson, per convincerlo a non abbandonare l'idea di investire sulla costa toscana. Gli svedesi hanno fatto finta di nulla, rispetto ai pesci in faccia presi sino ad ora, e si son detti disposti a prendere in considerazione nuove soluzioni per la costruzione del loro punto vendita. Non lontani dalla zona che piaceva a Ikea ci sarebbero almeno tre alternative, tre i comuni interessati: Pisa, Cascina e Collesalvetti. Ma l'Ikea fa gola a molte altre amministrazioni locali. Per fortuna, infatti, non tutti ragionano coi paraocchi e sono ancora in grado di ragionare con lungimiranza, evitando di mandare all'aria una buona opportunità di sviluppo economico.
Un no anche in provincia di Torino. Il caso di Pisa non è il solo. Cinque anni di lavoro e trattative non sono bastati per l'apertura del secondomagazzino dell'Ikea a Torino. In questo caso a dire no è stata la Provincia.
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3 commenti:
E vabbè. Se si prendono lezioni "disinteressate" dagli stranieri... Abbiamo un caso nel paese vicino al mio. Sono arrivati, si sono comprati il comune per renderci la viabilità -sotto la Tangenziale!- un inferno. Ma una volta che comprano non c'è modo di tornare indietro. E a dirla tutta, nemmeno di avere dei mobili decenti, visto che tutti i mobilifici italiani intorno hanno chiuso. Ci è rimasto Aiazzione, sai che affare.
Mi spiace ma io in materia di liberismo economico non sono così allegra.
Ehm... ma veramente Aiazzone non è fallito? O mi son persa qualcosa?
Una scena da teatro dell'assurdo Kizzy...I dipendenti che escono dall'edificio -tra l'altro in perfetto silenzio e ordine- e i CC in mezzo alla strada.
Comunque vivo in un luogo votato a sx dove non ci sono più nè industria nè agricoltura ma neanche terziario "di livello" ma ci sono almeno 8 centri commerciali nel giro di due km. Dopo vent'anni sarebbe ora di tirare le somme di questa "politica". Parlare ad esempio con i dipendenti delle multinazionali francesi...
Il fatto che Ikea abbia speso 5 anni a chiedere non l'autorizza ad ottenere.
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