sabato 9 luglio 2011

De intellighenzia




La zuppa si è accorta di un fenomeno che vale la pena riprendere. Per l’Italia circola a piede libero e schiena dritta un saggio che quando il governo ne combina una delle sue (e quante ne combina), apre bocca e ci rega­la una perla di buon senso. Ci mostra la strada. L’uomo non se ne fa sfuggire una. E posto che il governo, i suoi ministri, regalano ogni giorno un prezio­so spunto, il saggio è costretto ad intervenire sempre più spes­so. Zac, con una stilettata mette tutti al loro posto. Ieri non ha avuto dubbi: «Gli italiani e le tante eccellenze del nostro Pae­se non si meritano lo spettacolo indecoroso che sta offrendo la politica». Perbacco, parole san­te anche per i non eccellenti. Ma tra i tanti spettacoli e i tanti decori a quali esattamente si riferisse il saggio non è dato sapere. Abbiamo un sospetto sul caso Tremonti-Milanese. Ma si sa, gli oracoli vanno un po’ interpretati. Il 23 giugno però abbiamo ascoltato musica per le nostre orecchie: «Nelle con­dizioni in cui versa il Paese, l’aiuto di tanti è neces­sario, ma nessuno può e deve sentirsi indispensabi­le». Avete capito furbacchioni, non siete indispen­sabili. Ognuno poi riempia la casella come crede: Tremonti, Berlusconi... È anche vero che se serve l’aiuto di tanti, tocca trovarli. E oplà il saggio li ha già individuati. 13 giugno: «Il fatto più positivo di questi referendum è la grande affluenza». È la gente, è il popolo, ecco chi sono i tanti. Già nel lontano 2007 ci aveva ammoniti: «È inaccettabile il moltiplicarsi sul territorio di aziende pubbliche locali». Sì, certo, grazie ai referendum i mostri municipali continue­ranno a crescere, ma il nostro saggio è così. Va al sodo, ai principi: i dettagli li affida alla cronaca. Il saggio è uno dei nostri, il 23 maggio sbeffeggia queste supponenti agenzie internazionali: «Non ci voleva Standard & Poor’s per dire che il Paese non cresce e che ha bisogno di scelte coraggiose». In ef­fetti bastano e avanzano le esternazioni del saggio, che un mese dopo ci ricorda che non si può fare spesa in deficit, o il 15 giugno ci dice che il Paese è fermo. Insomma, ha ben ragione il nostro oracolo: banalità per banalità, meglio tenersi le sue, che quelle di questi prezzolati americani. Fermi tutti, il saggio il 13 maggio mentre la politica cazzeggiava prende carta e penna e le canta: «Non è accettabile che la classe politica venga giudicata solo in base a parole, risse e incapacità di affrontare i problemi veri del Paese». Ops, ma chi giudica la politica solo in base alle parole, o peggio le risse? Non saranno mica gli stessi dell’affluenza, del referendum, del­l’acqua? No, no, evidentemente quelli sono quelli buoni. Quelli cattivi, sono quegli sciocchini che giudicano solo in base alle parole. E il saggio le pa­role le usa come pietre. Sentite questa, sempre il 13 maggio, giorno benedetto per i discepoli: «Dobbia­mo uscire da questa fase di denuncia, e anche giu­sta lamentela, per essere protagonisti del cambia­mento. Dobbiamo passare all’azione. Sento una grande mancanza di una politica economica, di co­raggio, di scelte e una grande mancanza di saper affrontare, non solo in campagna elettorale, i veri problemi dei cittadini e delle imprese». Porca mise­ria, quando si parla chiaro: azzzzzzione. Forza. Dal 13 maggio il nostro per la verità ha continuato nella sua opera di denuncia. Ma non facciamo confusio­ne. Se la denuncia viene dal nostro è attiva, se l’azione viene dagli altri è da denunciare.

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