sabato 9 luglio 2011
De intellighenzia
Ecco chi è il saggio che incalza i poteri forti di Nicola Porro
La zuppa si è accorta di un fenomeno che vale la pena riprendere. Per l’Italia circola a piede libero e schiena dritta un saggio che quando il governo ne combina una delle sue (e quante ne combina), apre bocca e ci regala una perla di buon senso. Ci mostra la strada. L’uomo non se ne fa sfuggire una. E posto che il governo, i suoi ministri, regalano ogni giorno un prezioso spunto, il saggio è costretto ad intervenire sempre più spesso. Zac, con una stilettata mette tutti al loro posto. Ieri non ha avuto dubbi: «Gli italiani e le tante eccellenze del nostro Paese non si meritano lo spettacolo indecoroso che sta offrendo la politica». Perbacco, parole sante anche per i non eccellenti. Ma tra i tanti spettacoli e i tanti decori a quali esattamente si riferisse il saggio non è dato sapere. Abbiamo un sospetto sul caso Tremonti-Milanese. Ma si sa, gli oracoli vanno un po’ interpretati. Il 23 giugno però abbiamo ascoltato musica per le nostre orecchie: «Nelle condizioni in cui versa il Paese, l’aiuto di tanti è necessario, ma nessuno può e deve sentirsi indispensabile». Avete capito furbacchioni, non siete indispensabili. Ognuno poi riempia la casella come crede: Tremonti, Berlusconi... È anche vero che se serve l’aiuto di tanti, tocca trovarli. E oplà il saggio li ha già individuati. 13 giugno: «Il fatto più positivo di questi referendum è la grande affluenza». È la gente, è il popolo, ecco chi sono i tanti. Già nel lontano 2007 ci aveva ammoniti: «È inaccettabile il moltiplicarsi sul territorio di aziende pubbliche locali». Sì, certo, grazie ai referendum i mostri municipali continueranno a crescere, ma il nostro saggio è così. Va al sodo, ai principi: i dettagli li affida alla cronaca. Il saggio è uno dei nostri, il 23 maggio sbeffeggia queste supponenti agenzie internazionali: «Non ci voleva Standard & Poor’s per dire che il Paese non cresce e che ha bisogno di scelte coraggiose». In effetti bastano e avanzano le esternazioni del saggio, che un mese dopo ci ricorda che non si può fare spesa in deficit, o il 15 giugno ci dice che il Paese è fermo. Insomma, ha ben ragione il nostro oracolo: banalità per banalità, meglio tenersi le sue, che quelle di questi prezzolati americani. Fermi tutti, il saggio il 13 maggio mentre la politica cazzeggiava prende carta e penna e le canta: «Non è accettabile che la classe politica venga giudicata solo in base a parole, risse e incapacità di affrontare i problemi veri del Paese». Ops, ma chi giudica la politica solo in base alle parole, o peggio le risse? Non saranno mica gli stessi dell’affluenza, del referendum, dell’acqua? No, no, evidentemente quelli sono quelli buoni. Quelli cattivi, sono quegli sciocchini che giudicano solo in base alle parole. E il saggio le parole le usa come pietre. Sentite questa, sempre il 13 maggio, giorno benedetto per i discepoli: «Dobbiamo uscire da questa fase di denuncia, e anche giusta lamentela, per essere protagonisti del cambiamento. Dobbiamo passare all’azione. Sento una grande mancanza di una politica economica, di coraggio, di scelte e una grande mancanza di saper affrontare, non solo in campagna elettorale, i veri problemi dei cittadini e delle imprese». Porca miseria, quando si parla chiaro: azzzzzzione. Forza. Dal 13 maggio il nostro per la verità ha continuato nella sua opera di denuncia. Ma non facciamo confusione. Se la denuncia viene dal nostro è attiva, se l’azione viene dagli altri è da denunciare.
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