sabato 10 dicembre 2011

Facce come culi

Eccole qua, le facce come il culo di montecitorio. Quando c'è da aumentarsi gli stipendi, tutti tacciono anche se gli aumenti vengono decisi e votati durante le notti (magari estive o natalizie) come i ladri, sono tutti daccordo e votano a favore. Quando c'è da diminuirsi gli stipendi, sono tutti comunque daccordo a non toccare niente e volano gli stracci. Perchè tanto c'è sempre qualcuno che per legge deve mantenerli a costi altissimi.


Tira una brutta aria, sia a Montecitorio sia a Palazzo Madama. Il premier Mario Monti intende mettere mano agli stipendi dei parlamentari: una sforbiciatina da 5mila euro a politico per equiparare gli stipendi di casa nostra a quelli percepiti in tutto il Vecchio Continente. Previsto all'interno della manovra economica licenziata dal Cdm, l'emendamento già ribattezzato "taglia-stipendi" scatterebbe per decreto qualora la commissione guidata dal presidente dell'Istat Enrico Giovannini non riesca a depositare il previsto studio di comparazione entro fine anno. Ma il parlamento non rimane certo con le mani in mano. E già valuta l'ipotesi di presentare un emendamento per modificare la norma.

La norma, contenuta nel decreto "salva Italia" licenziato dal premier Mario Monti, prevede la riduzione - già a partire da gennaio - delle indennità ai parlamentari equiparandole a quelle percepite dai politici negli altri Paesi dell'Eurozona. Una presa di posizione che, a detta del Tgcom, non piace affatto ai nostri politici. Da Montecitorio e da Palazzo Madama fanno sapere che la norma violerebbe "l'autonomia del Parlamento". Lo stesso Dini va a riesumare una indagine disposta dall’Europarlamento due anni fa: la ricerca serviva a fissare la retribuzione degli eurodeputati come risultante dalla media delle retribuzioni dei parlamentari dei singoli Paesi. In realtà, in una intervista all’Adnkronos il presidente della commissione Esteri del Senato, Lamberto Dini, ha spiegato che "le retribuzioni onnicomprensive nette (quindi non solo l’indennità, ma anche la diaria e i compensi accessori) sono già oggi, anche in virtù delle riduzioni già decise nei mesi scorsi, al di sotto della media delle analoghe retribuzioni dei colleghi europei".

Per il parlamentare del pdl, insomma, questo dovrebbe già bastare. Secondo i numeri riportati da Repubblica, l'indennità di un deputato ammonta a oltre 11.700 euro, cifra calcolata al netto della diaria. Si tratta di circa 6mila euro in meno (per essere precisi 5.339 euro) rispetto alla media delle retribuzioni percepite nel Vecchio Continente. A questi numeri il governo Monti sta guardando come modello al fine di riuscire a tagliare i costi del parlamento. La prima bocciatura ai tagli è stata decisa dalla commissione Affari costituzionali che ha espresso parere negativo sul settimo comma dell'articolo 23. Stesso copione anche a Palazzo Madama. "Quell'intervento, giusto nel merito, lede l'autonomia del parlamento", ha spiegato il senatore questore Benedetto Adragna. In realtà, l'emendamento potrebbe avere vita breve. Nei prossimi giorni potrebbe, infatti, essere presentato un altro emendamento dai relatori o dal governo per modificare la norma del provvedimento. Uno dei due relatori, il democratico Pier Paolo Baretta, ha spiegato che "la Commissione Giovannini deve finire il suo lavoro ed è il Parlamento che dovrà recepirne i risultati. Non deve essere il governo a decidere per decreto". Ad ogni modo, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha escluso che da parte del parlamento ci possa essere "un’azione dilatoria o di contrasto".

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