venerdì 22 marzo 2013

Scaricabarile


Alla fine, come qualcuno temeva, non è stato approvato il decreto per restituire i soldi alle aziende. Niente modello spagnolo super veloce, né quello più drastico che punta a restituire cash, attraverso la Cassa depositi e prestiti, almeno una parte del debito scaduto che pubbliche amministrazioni irresponsabili hanno contratto con le imprese. Almeno per il momento. Il Consiglio dei ministri di ieri si è limitato a una revisione delle stime del deficit e del debito, alla luce della restituzione del debito commerciale, prendendo atto della disponibilità della Commissione europea (con la lettera firmata dai commissari Antonio Tajani e Olli Rehn) a valutare lo sforamento in modo flessibile. Le stime sono nel disegno di legge con l'aggiornamento degli obiettivi di finanza pubblica, atto dovuto e previsto, che sarà votato dalle Camere. Il premier Mario Monti e il ministro dell'Economia Vittorio Grilli hanno annunciato che «subito dopo» arriverà il decreto senza specificare cosa conterrà. Lo varerà «questo o il futuro governo», ha spiegato Grilli. Decisamente più probabile sia il prossimo, sul quale ricadrà l'onere di varare uno strumento efficace. Migliore della certificazione dei crediti del governo Monti che ieri lo stesso Grilli ha riconosciuto non avere dato «risultati significativi». Le cifre fornite ieri dal premier Mario Monti e dallo stesso Grilli sono consistenti: «Circa 20 miliardi nella seconda parte del 2013 e ulteriori 20 miliardi nel corso del 2014». Nel 2013 cambierebbe il rapporto deficit/Pil: mezzo punto percentuale in più che lo porterà al 2,9%. Il governo annuncia una «immissione di liquidità nel sistema economico», attraverso una deroga alle spese del 2013 per i cofinanziamenti dei fondi strutturali, un allentamento del Patto di stabilità interno (Regioni e Comuni spesso hanno fondi per pagare le aziende ma non possono utilizzarli a causa del patto), fondi rotativi, anticipazioni di cassa per il comparto sanitario. Nel comunicato del governo si citano anche i rimborsi fiscali pregressi a carico dello Stato, che non sono debito commerciale.

Tutto da definire, insomma, tanto che il mondo delle imprese si è diviso. Cauto, ma soddisfatto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi per il quale «le decisioni assunte dal Consiglio dei ministri vanno nella direzione giusta, volte a ridare un po' di fiducia». Ma rappresentano «un primo passo e vanno finalizzate in tempi rapidi». Decisamente negativo il giudizio dei commercianti. Per Carlo Sangalli, presidente di Confcommercio, «si sta giocando sulla pelle delle piccole e medie imprese che stanno scontando gli effetti di una crisi che si fa più lunga e profonda del previsto. Dopo il via libera dell'Europa e la lunga lista di coloro che si dicono favorevoli allo sblocco, assistiamo ora all'ennesimo rinvio, di fatto, e senza individuare soluzioni operative». Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione che ha spinto per la soluzione, giudica positivamente l'impegno nei due anni, che corrisponde agli auspici dell'esecutivo Ue. Ma si augura «fortemente che il piano del governo possa avere rapida attuazione e che copra effettivamente la totalità del debito commerciale pregresso». I dubbi delle aziende riguardano più fronti. Intanto il fatto che si scarichi, di fatto, la responsabilità sul prossimo esecutivo. Poi l'entità: 40 miliardi sono la metà del debito commerciale della pubblica amministrazione emerso. Non bastano. E c'è chi dubita che il peggioramento del saldo sia da imputare alla liquidazione dei debiti.

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