venerdì 1 giugno 2012

Ma gli aiuti?



Roma - Di certo, ci sono solo tasse, imposte e accise. Le misure fiscali annunciate, magari sottovoce, sono tutte puntualmente arrivate. Non si può dire lo stesso per il resto. Si dirà, colpa di chi abbocca: cittadini e, soprattutto, giornalisti. Ma se c’è una cosa che sarebbe ragionevole non aspettarsi da un governo tecnico sono annunci a vuoto. Leggi che fanno titolo sui media, ma rimangono non escono dalle pagine dei giornali; decreti che filtrano senza troppa fatica dai ministeri e poi si rivelano copertine senza contenuti. Vizio italiani antico, e duro a scomparire. Ci sono annunci che sono talmente attesi da creare fenomeni tipo allucinazioni collettive. Caso scuola, quello del «fondo taglia tasse», conto sul quale far confluire i proventi della lotta all’evasione e/o dei tagli alla spesa per abbassare la pressione fiscale più alta d’Europa. Sui media la notizia di una sua probabile approvazione torna alla vigilia di ogni misura del governo. Non è una fantasia giornalistica. La creazione del fondo era stata messa nero su bianco nelle bozze di almeno due provvedimenti e in entrambi è scomparsa all’ultimo momento. Ultimo, la delega fiscale del governo approvata un mese fa. Tramontato anche nella versione prudente che sposta la promessa di tagliare le tasse in avanti oltre il 2013. Il fondo taglia tasse resta un impegno generico e poco più. Le risorse che lo dovrebbero alimentare sono in realtà la polizza assicurativa per garantire il pareggio di bilancio e compensare le maggiori spese per gli interessi sul debito. Il taglio delle tasse è rinviato ad altra era. Prudenza di chi ha a cuore le finanze pubbliche? Possibile. Ma non si possono spiegare nello stesso modo altri annunci governativi, quelli che riguardano riduzioni della spesa pubblica.

Caso scuola, i 100 miliardi di «tagli alle spese». In realtà una forzatura di una notizia non nuova. È «la massa di spesa che oggi è sotto attenzione», ha spiegato il 27 maggio il ministro Piero Giarda. In sostanza tagli potenziali, che rimarranno in gran parte sulla carta. I 100 milioni sono il calderone dal quale si pescherà, ma, se va bene, dalla spending review, che il ministro Fornero definisce «tostissima» in tempi brevi arriveranno appena 4,6 miliardi (e anche su quelli i ministeri stanno facendo resistenza). Poco, rispetto a gli 81 miliardi che il governo del Regno Unito conta di reperire fino al 2015 o ai 35 miliardi risparmiati dal 2009 in Olanda. La voce della spesa pubblica più pesante sono gli stipendi degli statali che sono più di 3,5 milioni. Anche loro sono stati oggetto di un annuncio: le modifiche all’articolo 18 introdotte per i lavoro privato, ha spiegato giorni fa Fornero, saranno estese anche al pubblico. Peccato un accordo tra il ministero della Pubblica amministrazione guidato da Filippo Patroni Griffi e i sindacati di categoria abbia stabilito il contrario. In un colpo solo il governo si è assicurato i titoli e il consenso delle parti sociali. Abilità da Prima Repubblica.

Ci sono poi le enunciazioni di principio tradite dai fatti. La riforma del lavoro licenziata dal Senato. L’intervento sull’articolo 18 è giudicato blando, se non dannoso. La stretta sui contratti, finirà per scoraggiare le assunzioni. L’opposto rispetto agli obiettivi. Grossa enfasi sulla soluzione trovata a suo tempo per gli «esodati». Peccato che i futuri senza lavoro né pensione siano ancora scoperti. Lo ha ammesso, ma solo a bocce ferme, anche il governo. «Promesse», mancate o quasi anche sulle province. Erano «da superare» per il Monti 1.0. Nella riforma della legge elettorale che le avrebbe dovute trasformare in poco più di una comunità montana, c’è una mini dieta da 319 milioni di euro. È vero che i precedenti governi non le hanno abolite, ma un governo chiamato per fare riforme, avrebbe potuto ottenere qualcosa di più. Foltissimo il capitolo degli annunci pro sviluppo che cozzano con i conti e quindi tramontano. Cento miliardi di opere pubbliche del ministro Corrado Passera. Ma non sono risorse nuove. I benefici fiscali per le ristrutturazioni rafforzati e gli eco incentivi che diventano strutturali. Dovrebbero arrivare con il decreto sviluppo, che sta subendo continui rinvii. Arriverà, ma decisamente ridimensionato. Poi le riforme che evaporano. Come quella della Rai, annunciata e mai abbozzata. L’augurio dei contribuenti che anche il paventato nuovo aumento autunnale dell’Iva faccia la stessa fine.

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