martedì 12 giugno 2012

Tripla fiducia con tuffo carpiato


Prima la notizia che il governo avrebbe presentato alla Camera il maxiemendamento al ddl anticorruzione ponendo la fiducia. Poi il ministro per i Rapporti con il Parlamento Piero Giarda che chiede nell'Aula della Camera un «congruo spostamento dei tempi per la discussione» del ddl anticorruzione, affermando: «Il governo nonostante le promesse non è riuscito a onorare i propri impegni». Infine, la decisione della conferenza dei capigruppo alla Camera di autorizzare nella giornata di mercoledì tre fiducie sul provvedimento sull'anticorruzione: la prima domani alle 12, la seconda alle 15 e la terza alle 18, con il voto finale atteso per giovedì pomeriggio. Tutto nella mattinata di martedì, nel giro di poche ore.

IL TESTO, IL VERTICE, LA DECISIONE - Il maxiemendamento, infatti, così come era stato messo a punto dal governo, non è piaciuto al Pdl che ne ha chiesto sostanziali modifiche in una riunione con il Guardasigilli Paola Severino e gli altri capigruppo della maggioranza in commissione Giustizia. Nel provvedimento arrivato a Montecitorio c'erano alcune norme, tra le quali l'estensione al 319 quater del codice penale («Induzione indebita a dare o promettere utilità», cioè il reato imputato a Berlusconi) dell'interdizione dai pubblici uffici, che non sono risultate gradite al Pdl. Tanto che ne sarebbe stata chiesta la cancellazione. Nel tentativo di mediazione che puntava a salvare il maxiemendamento, raccontano alcuni dei partecipanti alla riunione, sarebbe allora stato chiesto al Pd di rinunciare alla modifica votata in commissione che aumenta le pene per il reato di «Corruzione di atti contrari ai doveri d'ufficio», ma il capogruppo Dario Franceschini ha opposto un secco rifiuto. Così il ministro Severino avrebbe optato per far votare dall'Aula il testo così com'era uscito dalla commissione. Ma questo, secondo gli uffici della Camera, non sarebbe possibile visto che il testo, come spiega il vicepresidente di Montecitorio Maurizio Lupi, dovrebbe «contenere sostanziali modifiche per giustificare il ricorso al maxiemendamento» e non solo «semplici coordinamenti formali». Si è arrivati così alla decisione di chiedere i tre voti di fiducia sui tre articoli clou del testo (art. 10-13-14, cioè la parte penale del ddl) e di continuare con il voto normale su tutto il resto.

TENSIONE - Prima della decisione sulle tre fiducie c'erano stati attimi di tensione. Dopo che il ministro Giarda aveva annunciato il rinvio del maxiemendamento, il presidente della Camera Gianfranco Fini aveva subito attaccato il governo: il fatto che dopo cinque giorni non dica ancora se pone la fiducia sul ddl anticorruzione o vuol procedere nell'esame ordinario del provvedimento «mortifica il ruolo della Camera». Più tardi, dopo l'annuncio delle tre fiducie, lo stesso Giarda smorza i toni: «Con Fini c'è piena comunità di intenti» dice. E sul rinvio del maxiemendamento, annunciato dallo stesso ministro nel corso della convulsa mattinata, prova a ridimensionare: «Abbiamo un ritardo solo di 2 ore. Che cosa volete che sia nella vita politica del Paese che ha una lunga tradizione di oltre 2000 anni». Infine, un giudizio sulla possibilità che i tre articoli su cui è posta la fiducia, passino: «Non ho capacità divinatorie e quindi non so rispondere, ma credo che, a parte queste fibrillazioni di breve periodo, la maggioranza ci appoggi con grande convinzione».

DI PIETRO: GOVERNO AMORFO - «Siamo ormai al mercato delle vacche» interpreta la mattinata il leader dell'Idv Antonio di Pietro: «È un governo amorfo e incapace di prendere una decisione e assumersi la responsabilità, che chiede ancora tempo affinché‚ nei retrobottega del Parlamento si trovi un accordo al ribasso». «Il ddl che doveva servire per contrastare la corruzione si sta spogliando, ogni giorno che passa sempre di più, di quelle misure che servivano per combatterla - aggiunge Di Pietro - al loro posto hanno inserito norme che la legittimeranno ancora di più».

VIETTI - Nella mattinata era intervenuto anche il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, invitando al buon senso e parlando di «norme sulla corruzione, ormai indilazionabili».

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