sabato 22 gennaio 2011

Luca Cordero di Montezemolo, il moralista


Luca Cordero di Montezemolo è persona simpatica e anche molto preparata. Persona addirittura amata quando se la prende con quel campione di automobilismo e antipatia che è Michael Schumacher. Sorprende, però, che a volte si faccia dei clamorosi autogol. Come ieri che – in qualità di presidente dell’associazione Italia Futura – ha pensato bene di dispensare giudizi sulla classe politica italiana e sulla Seconda Repubblica, cosa alquanto curiosa per uno che è rimasto in auge sia nella Prima che nella Seconda, di Repubblica. E così, si va da un “gli italiani vivono in queste giornate un profondo turbamento”, in pieno stile Napolitano ad un “oggi l’unica risposta è guardare avanti, oltre l’orizzonte di una situazione paese sempre più incomprensibile” degno del miglior Nostradamus.

Poi c’è il Luca Cordero pacifista (“è arrivato il momento di deporre le armi”), quello moralista (“é sotto gli occhi di tutti come, dopo due anni sono andate le cose”) e addirittura il Montezemolo “padre della nazione” (“sempre più indispensabile pensare ad una legislatura costituente che nel corso di due o tre anni realizzi quelle poche riforme indispensabili a far ripartire l’Italia”). Poi c’è anche il Montezemolo “predicatore”: “E’ venuto il momento per tutti coloro che hanno un ruolo nelle diverse Istituzioni dello Stato di recuperare il senso della misura nei comportamenti, nelle dichiarazioni e nello svolgimento delle rispettive funzioni”. Il finale, però, è la parte migliore. “La Seconda Repubblica ha fallito la sfida della modernizzazione. Sono morte le ideologie, ma il clima da guerra civile permanente che nasconde la paura di un declino che ci appare inevitabile”. Tutto fino alla chiosa straordinaria: “un periodo disastroso per l’Italia si sta chiudendo, nel peggiore dei modi, ma pur sempre chiudendo”. Con un messaggio, poi, di grande speranza, “perché l’Italia è stata capace di superare palude ben peggiori”. Infatti, caro Montezemolo, siamo riemersi anche dai danni che il mondiale di calcio del 1990 (di cui Luca Cordero era presidente del comitato organizzatore) ci ha causato.

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