venerdì 28 gennaio 2011

Fermare i pazzi

Fermare i pazzi di Davide Giacalone

Fermiamo i pazzi. Un gruppo di esaltati e assatanti s’è impadronito del nostro dibattito pubblico, costringendolo a strisciare nel sordido e impedendogli di guardare quale che sia cosa abbia a che vedere con gli interessi collettivi, con i rischi che corriamo, con le opportunità che non cogliamo. Che senso ha mandare al Parlamento centinaia di pagine d’intercettazioni, segnalandone ai giornali passi ove non si scorge l’ombra di un reato, ma si soffia sul fuoco del discredito, del dileggio, del mettere zizzania? Certo, conosco a memoria l’obiezione dei moralisti senza morale, che sono anche i politicastri senza idee: in nessun Paese del mondo sarebbe possibile vedere al governo chi conduce a quel modo la propria vita privata. Finiscono la frase con l’impressione d’avere detto una grande verità, talmente tale da non potere essere dimostrata. Invece hanno suggellato la propria inutilità: in nessuna democrazia un governante in quel modo colpito e indebolito resta al governo con il consenso degli elettori, perché da nessuna parte c’è un’opposizione di morti viventi, come da noi. Quando vai al mercato non compri la migliore mela del mondo, non acquisti l’iperuranica perfezione del pomo, porti a casa la migliore disponibile. Nel nostro mercato elettorale Silvio Berlusconi è considerato la scelta preferibile perché le altre sono orribili. Pensare di uscirne sperando che si suicidi o che lo ingabbino per sempre è da pazzi (oltre che da soggetti incapaci di vivere nella democrazia e inadatti a comprendere lo stato di diritto). I giornali di ieri titolavano: “Sesso e Soldi”, riferendosi a Bertolaso. Sono mesi e mesi, anni, che non parliamo d’altro, ma non c’è lo straccio di una sentenza, mentre l’opposizione non è riuscita a creare il simulacro di un’alternativa. Sembrano dementi, non si rendono conto che il loro andare appresso al giustizialismo convince gli italiani che l’altro è comunque migliore. O, se preferite, meno peggiore. Fra una mela ammaccata e una marcia e bacata preferiscono la prima. Ovviamente.

La sinistra è stracolma di falliti che campano solo grazie ai soldi della politica. Gente vecchia che si dimena in lotte antiche, che non ha mai lavorato. Nel frattempo si scopre che alle primarie votano i cinesi di Napoli che, per chi non lo sapesse, sono terreno d’azione della criminalità organizzata. Ebbene, noi queste cose le scrivemmo per tempo, dicemmo che la boiata delle primarie sarebbe stata una trappola. Ci sono caduti e, ora, non sanno che rispondere al Saviano di turno, in regolare ritardo. E fosse solo il giovane divo: la sinistra dei morti viventi e dei mantenuti dipende non solo dalle procure, ma anche dai conduttori televisivi, loro strapagati e arciricchi aguzzini. Scontata la replica: perché, a destra è meglio? Sì, perché in quanto a bassezza se la giocano, ma in quanto a spocchia intellettualoide, almeno, ce la risparmiano. Aggiungo: a destra magari non ti leggono, ma a sinistra non sanno fare altro che maledirti e cercare di cancellarti. Sono pericolosi, nella loro fallimentare frustrazione. Vorrei dire una cosa, a proposito di Ilda Boccassini. Ci sono vicende e racconti, su di lei, che da anni girano, fra gente che mostra il medesimo ghigno cretino di quelli che oggi si sollazzano con le intercettazioni da lei raccolte e diffuse. Una via di mezzo fra l’adolescente ormonalmente instabile e lo stupido cronico. Ma questo vale per l’una e l’altra cosa, per quel che si narra e per quel che si sbobina. E vale a comprendere che in una lotta del fango si resta tutti infangati. Nella fanga sparisce il valore di ciascuno, compreso quello di un magistrato che seppe, da sola, alzarsi e rimproverare ai colleghi di avere abbandonato Giovanni Falcone all’isolamento e alla sconfitta, preludio della morte. Allora: fermiamo i pazzi. Questa stagione deve finire. Contare sulla lungimiranza e sulla dignità degli astanti non è saggio, semmai sul loro (animale) spirito di sopravvivenza. Votiamo: i sinistri senza arte né parte torneranno ad avere il seggio per sfamarsi e sentirsi eleganti, i destri più fedeli saranno premiati, qualche “diverso” s’infilerà qui e là, ma sarà poi chiara l’inutilità di puntare subito ad una nuova crisi. Al mondo politico, dopo l’ennesimo lavacro elettorale, dopo il centesimo referendum su Berlusconi, sarà più chiaro il bivio: continuare l’andazzo debosciato e inconcludente della seconda Repubblica, finendo impalati con questa; oppure aprire la storia della terza, riformare le istituzioni e uscire di scena come se si fosse reso un servizio.

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