Applicare il divieto di assembramento impedendo ai cittadini di sostare davanti a bar e ristoranti. È la norma che si valuta di inserire nel nuovo Dpcm che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte firmerà il prossimo 15 ottobre. Di fronte a una curva epidemiologica che continua a crescere (ieri i nuovi casi, pur se a fronte di un numero molto alto di tamponi, 129.471, sono stati ben 5.372, il doppio rispetto al 6 ottobre) il governo mette a punto le «misure di contenimento» dei contagi da Covid-19 e punta a svuotare quelle aree di paesi e città dove le persone si incontrano spesso senza indossare le mascherine e mantenere il distanziamento. Un freno alla movida che in molti luoghi è incontrollata e, dicono gli scienziati, è tra le cause principali del numero crescente ogni giorno di nuovi positivi.
Il dialogo con i presidenti delle Regioni al momento prosegue, c’è la volontà di muoversi insieme per «evitare di arrivare al lockdown», come ha ribadito due giorni fa il titolare della Salute Roberto Speranza. E dunque per gli interventi drastici nelle Regioni e gli spostamenti da una Regione all’altra gli eventuali provvedimenti restrittivi dovranno essere concordati con l’esecutivo.
Il divieto di «sosta» davanti a ristoranti e bar: Controlli e multe non sono finora serviti a evitare le aggregazioni di fronte a bar, ristoranti, pub tanto da trasformarsi in alcuni quartieri della movida in veri e propri assembramenti. Nel Dpcm si sta dunque pensando di inserire una norma che vieti la sosta di fronte ai locali. Secondo questa regola si potrà entrare nelle sale o rimanere all’aperto, purché si stia seduti al tavolo e si garantisca il distanziamento tra le persone. Se non c’è posto si deve andare via. Non si potrà stare in piedi all’aperto come accade in piazze e strade soprattutto la sera. E questo vale anche per i gruppi di giovani che si riuniscono nei parchi o in altri luoghi, anche se isolati.
Le regole per locali e feste private: La norma servirà ad evitare la chiusura in orario anticipato di bar e ristoranti, o addirittura la serrata ipotizzata se la situazione dovesse peggiorare. Sul tavolo del premier Conte c’è un nuovo studio coordinato dal ministero della Salute che disegna gli scenari di rischio e indica le misure da prendere rispetto alle varie fasi dell’epidemia. Nel caso di «trasmissibilità sostenuta e diffusa», cioè quella attuale «con un valore di Rt regionali prevalentemente e significativamente compresi tra Rt 1 e Rt 1.25» prevede di valutare la rimodulazione delle attività con misure più stringenti.
Il primo sono i «lockdown locali temporanei su scala provinciale» come accaduto due giorni fa a Latina. L’altro è la «chiusura dei locali notturni, bar, ristoranti inizialmente solo in orari specifici — ad esempio la sera/notte in modo da evitare la “movida”». Questa soluzione peserebbe in maniera forte sul rendimento economico di queste attività e dunque si sta cercando di evitarla limitando le presenze all’esterno. Ma anche fissando regole più stringenti per le feste private: il numero degli ospiti dovrà essere limitato in modo proporzionale alla capienza delle sale e alla presenza di spazi esterni.
Le chiusure regionali: Su un punto il ministro per gli Affari Regionali Francesco Boccia è stato esplicito con i governatori: «Non possiamo permetterci allentamenti, ma nemmeno “strappi”». Vuol dire che le chiusure locali potranno essere decise dai presidenti e comunicate al governo, ma un eventuale lockdown dell’intera Regione o un divieto di spostamento tra Regioni dovrà essere concordato con l’esecutivo.
Smart working: Una raccomandazione alle aziende — forse anche con la fissazione di una nuova percentuale di lavoratori ammessi in presenza — riguarderà lo smart working. Lo studio consegnato a Conte dedica infatti un intero capitolo alla trasmissione del virus all’interno di uffici e fabbriche e mette in guardia dai rischi. Scrivono gli esperti: «I luoghi di lavoro si sono dimostrati fin dalla fase acuta un importante serbatoio di infezioni, non solo in ambienti a rischio specifico, come quello sanitario, ma anche in contesti che, in Italia e non solo, sono stati caratterizzati da cluster anche di notevoli dimensioni, ad esempio nel settore agroalimentare (aziende agricole, trasformazione delle carni, mercati) e in quello delle spedizioni mediante corriere. Inoltre, la ripresa delle attività lavorative in presenza, anche se in percentuali variabili a seconda dei settori, potrebbe contribuire alla attivazione di ulteriori focolai epidemici».
Salvo Sottile
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