sabato 31 ottobre 2020

La follia immigrazionista

I tragici fatti di Nizza dimostrano, qualora ce ne fosse stato bisogno, quanto sia folle l'immigrazionismo. Il fenomeno dei flussi migratori è complesso, frastagliato, intricato. Sia chiaro: è ingenuo e semplicistico pensare di risolvere il tutto chiudendo ermeticamente i porti, poiché si tratterebbe al più di un palliativo. Dall'altra parte, l'approccio immigrazionista è pura pazzia criminale. Le partenze dalle coste africane vengono incentivate dal pieno appoggio alle navi negriere delle ONG, causando automaticamente l'aumento dei decessi nel Mediterraneo. La pressione dei migranti finisce poi per investire le coste europee, causando quel rimpallo di responsabilità che vede l'Italia finire spesso per sobbaccarsi da sola il problema (qualcuno ha detto "accordi di Malta"?). Ma secondo la visione immigrazionista il problema non si pone. Mai. L'immigrato è visto sempre e solo come una vittima in fuga da un conflitto armato o da una carestia. L'immenso continente africano, ad esempio, con tutte le sue realtà diversissime tra di loro (nazioni in pieno sviluppo, economie stagnanti, divisioni religiose ecc.), viene appiattito su un'unica immagine: il "paese in guerra". Nessun ragionamento viene fatto, inoltre, su quanto deleterio sia per uno stato perdere la propria forza lavoro giovane (e noi ne sappiamo qualcosa). Né viene presa in considerazione la pericolosità di certi estremismi o la refrattarietà all'integrazione. Non sia mai! Ora, è sbagliato, oltre che stupido, tacciare tutti i migranti come potenziali ladri e stupratori, ma lo è anche dipingere i nuovi arrivati come angeli senza macchia. Specie se a farlo sono coloro che, in un modo o nell'altro, guadagnano dal traffico di clandestini. Pensiamo alle varie COOP dell'accoglienza, alla malavita organizzata, oppure ai caporali delle piantagioni in cerca di manovalanza a basso costo. Dov'è l'umanità in tutto questo? Dov'è il progresso? Dov'è l'amore? Un mare di ipocrisia, grande come il Mediterraneo, inghiotte in continuazione fiumi di retorica immigrazionista.


A questo va aggiunta tutta l'odiosa manfrina sui sensi di colpa del cattivo uomo bianco verso il resto del mondo. Oltre all'oicofobia dei globalisti, ipnotizzati da un'irrefrenabile desiderio di dissolversi e trascinare l'Occidente nell'autoflagellazione sulle ali del politically correct. Un cancro mentale perfettamente predetto nel 1973 da Jean Raspail nel libro "Il campo dei Santi". Brahim Aoussaoui, il macellaio di Nizza, era sbarcato a Lampedusa il 9 ottobre dalla Tunisia per poi raggiungere. Il suo paese natìo non ha fatto nulla per impedire la partenza di decine di barchini colmi di galeotti verso l'Italia, eppure era stato lautamente finanziato da noi per farlo! Se Roma non avesse da mesi adottato la scriteriata ideologia del "tutti dentro o siamo razzisti", se la politica estera italiana non fosse rimasta silente di fronte al lassismo tunisino (oltre al costante menefreghismo europeo), se gli appelli ad un maggior controllo degli sbarchi non fossero stati tacciati di intolleranza da media e benpensanti, forse uno come Brahim non sarebbe giunto in Italia. Possiamo averne la certezza? Certo che no. Ma affrontare l'immigrazione scevri da ideologie demenziali e sporchi interessi economici permette di ridurre al minimo tali eventualità. Il singolo cittadino deve avere il diritto di cercare una vita dignitosa nel mondo, nel rispetto di chi lo accoglie. Parimenti, una nazione deve poter scegliere chi accogliere e chi no, nel rispetto dei diritti umani. Ma soprattutto, un popolo deve poter costruire il suo futuro nella sua terra, prima ancora che altrove. È così difficile da capire?


Matteo Brandi

0 commenti: