sabato 4 giugno 2011
Diavoli ed acquesante...
E Tettamanzi benedice il compagno Pisapia di Mario Giordano
In principio c’era Pisapia. Il verbo (rifondarolo) s’è fatto sindaco, gloria a Giuliano nell’alto di Milano e pace in terra agli uomini di buona volontà, soprattutto se votano Pd. La messa è finita, andate e predicate il vangelo della sinistra chic. Il cardinal Tettamanzi, ormai, fa le prediche così: sulle spalle il rosso cardinalizio, nel cuore il rosso politico. Più che parlare ai fedeli, sembra che parli all’Infedele. Manca solo Gad Lerner a reggergli il microfono. Che l’arcivescovo ambrosiano avesse una certa propensione a divagare rispetto al suo principale, del resto, lo si era già capito due anni fa, quando scrisse una lettera ai bambini di Milano, spiegando loro i veri valori del Natale: bisogna riciclare gli oggetti, e comunque anziché buttarli è meglio ripararli. Disse proprio così. Il Salvatore? L’Agnello di Dio? Il figlio dell’Onnipotente che si fa uomo? L’inizio della Nuova Alleanza? Il mistero assoluto che ha sconvolto l’umanità? Macché: il Natale si riduceva, in quella lettera, a una questione da opuscolo Amsa, manuale d’istruzione per la raccolta differenziata. E d’altra parte Tettamanzi a volte è apparso più preoccupato della diffusione della fede musulmana che di quella cristiana: una moschea in ogni quartiere, ha detto, manco fosse l’arcimuezzin. Per fortuna il suo tempo sta per scadere, altrimenti che cosa avrebbe proposto? Un minareto al posto della Madonnina? La lettura del Corano al posto dei salmi responsoriali? La Mecca fra le mete dell’Opera diocesana pellegrinaggi?
Così succede quando si viene folgorati sulla via del politicamente corretto. E quando si sceglie come propria guida spirituale, non sant’Ambrogio o san Carlo, ma sant’Eugenio Scalfari: più che di seguire le indicazioni della Chiesa, si è attenti a seguire quelle di Repubblica. Risultato? Alla fine è inevitabile gettare la maschera, come ha fatto Tettamanzi l’altro giorno a San Siro, davanti a 50mila cresimandi. «La festa di Pisapia è l’inizio», ha detto, esaltando l’elezione del candidato di centrosinistra come una «primavera». Mancava solo l’immersione nel fonte battesimale della fascia tricolore e poi l’eresia sarebbe stata completa: «Io ti battezzo sindaco, nel nome del padre, del figlio e dell’antiberlusconismo». Amen. Andate e predicate il vangelo e i matrimoni gay.
La posizione della Curia ambrosiana, d’altra parte, era apparsa chiara già durante la campagna elettorale. Interventi di vicari episcopali, messaggi nemmeno troppo velati e la discesa in campo degli uomini di punta della diocesi, che facevano girare documenti di pieno sostegno al candidato rifondarolo: con il suo discorso ai cresimandi, il cardinale non ha fatto altro che esplicitare la scelta, anche se è difficile capire come mai tanto fervore di un uomo della Chiesa per un politico che sostiene le coppie di fatto, le unioni omosessuali, l’eutanasia e tutto ciò che è contrario ai valori cristiani. La Moratti, per dire, con tutti i suoi difetti, finanziava abbondantemente i centri aiuto alla vita per limitare il più possibile il ricorso agli aborti. Pisapia, benedetto da Tettamanzi, farà lo stesso? Nel frattempo, i cattolici si possono consolare con una bella conquista: la stagione dei laici scandalizzati per «l’ingerenza della Chiesa nella politica», è finita in un batter d’occhio. Ci avete fatto caso? È bastato che l’ingerenza fosse a favore della sinistra, e zac, come d’incanto, ha smesso di essere un problema.
Nemmeno una voce s’è levata per protestare. Nemmeno un lamento ha scosso il fronte degli anticlericali. Eppure, ricordate?, abbiamo passato intere giornate a leggere i giornaloni alfieri del laicismo che spezzavano le reni al Vaticano, colpevole soltanto di ribadire il no alle nozze gay o alla fecondazione eterologa o all’eutanasia. «Come si permette il Papa di intromettersi nella vita del nostro Paese?». «Come si permette la Santa Sede di interferire con le istituzioni democratiche?». Proprio così: la semplice enunciazione dei valori cristiani veniva considerata una specie di attacco alla laicità dello Stato. Si alzavano le barricate. Ora invece c’è un arcivescovo che entra direttamente nel gioco politico, schierandosi entusiasticamente, e di barricate non se ne vedono. Anzi. La laicità dello Stato resta saldissima. È la credibilità di certi soloni, al massimo, che vacilla. Comunque, ora che Tettamanzi ha rotto gli indugi, siamo pronti alle prossime mosse. Se la festa in piazza Duomo, è solo l’inizio, che farà adesso il cardinale? Una lettera pastorale «L’amore di Pisapia è in mezzo a noi»? La celebrazione della Pasqua di resurrezione della sinistra? L’istituzione dei paramenti arancioni per celebrare la fine della Quaresima e del relativo digiuno di voti? L’unica speranza è che arrivi presto il successore. Si dice che la nomina potrebbe essere fatta alla fine del mese, al massimo all’inizio di luglio. E si dice anche che il successore di Tettamanzi potrebbe essere l’attuale patriarca di Venezia, Angelo Scola. E chissà se allora, nelle chiese di Milano, dopo la stagione dell’ecologia, di Maometto e di Pisapia, si potrà tornare a predicare qualcosa d’altro. Gesù Cristo, per esempio.
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