mercoledì 13 febbraio 2013

Su Finmeccanica

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La magistratura ha decapitato i vertici di Finmeccanica. Hanno arrestato l’amministratore delegato, Giuseppe Orsi, ed altri manager del gruppo. La nostra multinazionale del settore aerospaziale si occupa di affari molto particolari, come quelli di natura militare (vendita di aerei, elicotteri, armi, sistemi avanzati di comunicazione ecc. ecc.), che, per essere condotti in porto, necessitano del coinvolgimento delle alte sfere del potere istituzionale (ai diversi livelli internazionali) e di efficaci relazioni diplomatiche tra i governi e i loro responsabili. Sì, perché non basta avere il prodotto migliore per primeggiare in questo campo ma occorre anche toccare le corde giuste, divenire “simpatici” ai vertici dirigenziali delle nazioni e delle imprese che si occupano di acquistare la nostra tecnologia, ungere qualche ingranaggio e dimostrarsi più scaltri dei competitors con manovre borderline. Lo fanno tutti e noi italiani abbiamo dimostrato anche di saperlo fare anche meglio degli altri. Dovremmo premiarci per questo ed, invece, more solito, ci lanciamo fango addosso e ci tagliamo le gambe da soli.

Stiamo parlando, evidentemente, di un quadro di rapporti “speciali” per la realizzazione di affari delicati che vanno al di là dei principi astratti di mercato, della libera e trasparente concorrenza e altre amenità del genere. Conta, certamente, disporre dell’output migliore, del prezzo più vantaggioso, di reti commerciali e assistenziali adeguate alle richieste del cliente, ma queste qualità slegate da una certa furbizia politica, da praticarsi anche con metodi non ortodossi, non servono quasi a nulla. Stando così le cose, si comprende la gravità della situazione: abbiamo lo Stato che processa se stesso e si scredita da sé. Questa è la contraddizione finale di un Paese allo sbando che disintegra i suoi asset strategici per favorire i concorrenti mondiali, in nome di una purezza morale e di una onestà integrale che è l’ultimo rifugio del canagliume nostrano, svendutosi allo straniero. E gli appetiti intorno ai nostri gioielli di famiglia non si sopiscono mai, anzi, aumentano esponenzialmente mano a mano che cresce lo scollamento sociale e l’instabilità politica della Penisola. Americani, francesi, tedeschi, inglesi, volteggiano come avvoltoi sulle nostre teste, pronti ad approfittare dei passi falsi italiani, o anche a provocarli se necessario. Del resto, come pensate che i nostri partner ottengano materie prime e appalti in quegli scenari africani o mediorientali dove comandano i signori della guerra, gli sceicchi del petrolio o i narcotrafficanti assetati di sangue e di potere i quali, magari, sono stati addestrati nelle scuole militari ed amministrative occidentali? Evidentemente, i nostri amici atlantici non considerano la democraticità e l’elevatezza morale dei propri interlocutori fattori dirimenti, tanto da precludersi contratti e intese profittevoli. Pecunia non olet e business is business. Se poi non dovessero bastare fiori e mazzette, i nostri alleati sanno essere più convincenti, ricorrendo ai cannoni. Tutto questo mentre noi testoni ci facciamo mettere sul banco degli imputati da togati con manie di protagonismo e chissà che altro (intelligenti pauca). E’ questa la vera vergogna nazionale.

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