mercoledì 29 maggio 2013

Il prezzo delle guerre altrui


Londra garantirà protezione in patria a 600 interpreti, gli americani sostengono un programma speciale di 500 visti all'anno per i collaboratori afghani che hanno rischiato la vita contro i talebani. Pure Italia e Germania non lasceranno i collaboratori locali alla mercè delle rappresaglie dopo il ritiro del 2014. La Farnesina conferma che il nostro Paese permetterà «la presentazione di domanda d'asilo ai cittadini afghani che abbiano collaborato o che tuttora collaborino con il contingente italiano, la cui situazione personale sia tale da ritenere fondatamente che possano correre rischi di danni alla propria persona o ai propri familiari o che siano esposti a minacce, in virtù del servizio prestato a favore della coalizione». Una ventina di afghani erano già partiti con le nostre colonne in ripiegamento lo scorso anno da Bala Murghab, Bakwa e Gulistan. Dalla Difesa confermano che sono stati ridislocati nelle basi a Farah, Shindad e Herat, ma chi voleva poteva tornare a casa. Quanti afghani chiederanno protezione in Italia? La stessa fonte militare spiega che «un numero totale non lo abbiamo ancora, ma stiamo affrontando il problema basandoci sulle richieste volontarie». Oltre agli interpreti ed ai lavoratori fissi nelle basi, anche i servizi segreti dovranno garantire la sicurezza dei loro collaboratori locali. Non solo: al Giornale risulta che personaggi influenti, come la prima donna procuratore generale di Herat, hanno cominciato a mettere le mani avanti chiedendo protezione all'Italia in caso di necessità.

I più esposti e visibili agli occhi dei talebani sono i cosiddetti Terp, gli interpreti afghani, che con il giubbotto antiproiettile ed il volto spesso coperto seguono le truppe in prima linea. Probabilmente c'era un Terp anche ieri quando un'autobomba ha colpito una colonna mista di italiani e afghani e due bersaglieri sono rimasti feriti. In Afghanistan resteremo anche dopo il 2014, ma a ranghi ridotti. La Farnesina rivela che in vista del ritiro «il Ministero degli Esteri ha da tempo promosso una riflessione congiunta Esteri-Difesa-Interni, al fine di individuare le misure idonee a permettere al personale afgano che abbia collaborato con Isaf di presentare la domanda di protezione internazionale in Italia». I militari dovranno segnalare chi è veramente a rischio e poi l'ambasciata a Kabul provvederà «ad autorizzare il loro ingresso in Italia» dove chiederanno l'asilo. Al momento sono impiegati con il contingente italiano 78 interpreti, che guadagnano dai 700 ai 1200 dollari al mese, ma ci sono altre decine, se non centinaia di lavoratori locali e di personaggi influenti che potrebbero aspirare alla protezione dell'Italia. Il problema è che assieme a loro devono partire pure i familiari o i membri allargati del clan. Una fonte riservata del Giornale rivela che pure Maria Bashir, procuratore generale di Herat, ha messo le mani avanti, fin dalla scorso anno, con una richiesta di protezione per sé e la famiglia allargata. L'unica donna a questo livello nella magistratura afghana ha già subito un attentato ed il fallito rapimento di uno dei figli.

Gli inglesi si porteranno in patria al momento del ritiro i Terp che hanno servito per 12 mesi di fila in prima linea dal dicembre 2012. Londra calcola che saranno circa 600 afghani con relative famiglie. Il Dipartimento di Stato americano garantisce 500 visti d'ingresso Usa all'anno per i collaboratori locali in Afghanistan. Pure la Germania, che nel nord del Paese impiega oltre 1600 afghani con varie mansioni, sta pensando ad una soluzione per evitare le rappresaglie dopo il ritiro. Zabiullah Mujahed, portavoce dei talebani, non ha dubbi: «Come gli stranieri se ne andranno, i collaborazionisti pagheranno il prezzo del loro tradimento».

1 commenti:

Maria Luisa ha detto...

//OT:
guarda dove siamo arrivati:http://corrieredelveneto.corriere.it/veneziamestre/notizie/cronaca/2013/30-maggio-2013/beach-steward-team-senza-donne-per-non-offendere-musulmani-2221401807583.shtml#.UacMk3sCMxw.facebook