martedì 14 maggio 2013

Guerra contro gli internauti


Dov'era il presidente della Camera Laura Boldrini quando i militanti del suo partito aggredivano con le parole e con le mani le donne del Pdl a Brescia? Se lo sono domandati in tanti di fronte all'assordante mutismo dell'inquilina di Montecitorio rotto soltanto ieri dopo l'affondo del direttore del Giornale Alessandro Sallusti («Non ne ero a conoscenza perché non si evincevano dalle cronache, ma se ci sono stati, vanno chiaramente condannati e io esprimo tutta la mia solitarietà a quelle donne che hanno ricevuto gli insulti in quanto donne»). La terza carica dello Stato era forse distratta dalla caccia all'uomo scatenata su internet da forze dell'ordine e magistratura per far incriminare chiunque osi ironizzare sul suo conto con frasi ingiuriose o immagini di una finta Boldrini nuda vincitrice dell'improbabile concorso «Depilata dell'anno». E così, alla già nutrita lista di internauti «attenzionati» con perquisizioni e oscuramenti di blog, è fresca la notizia di nuovo utente visitato dalla polizia per aver ri-pubblicato provocatoriamente l'immagine-farsa per protestare contro il bavaglio sul web imposto da Laura «Taleban» Boldrini. L'impegno della presidente a salvaguardare la sua immagine su internet, non conosce dunque soste, seppur dovrebbe: perché ha preteso per sé, negli uffici del Parlamento, sette poliziotti della divisione crimini informatici (con buona pace per le indagini sui pedofili e sui terroristi on line) e perché ha di fatto «obbligato» la magistratura a intervenire in tempi insolitamente e straordinariamente rapidi rispetto a quelli riservati ai comuni mortali. L'ultima vittima è un utente emiliano, Alessandro M., letteralmente terrorizzato da quanto accaduto l'altro pomeriggio, intorno alle 16, allorché si è visto piombare a casa alcuni agenti del Compartimento della polizia postale di Bologna. Di fronte al mandato controfirmato dal pm romano Luca Palamara (lo stesso che venne rintracciato dalla polizia al ristorante dopo il pateracchio di una perquisizione senza mandato a casa di un giornalista) è stato invitato a togliere sia l'immagine-beffa sia alcune frasi a commento di quanto evidenziato nel suo blog, su Facebook e Twitter. Frasi tipo questa: «Popolo del tweet, inviamo un fotomontaggio ose' al presidente Laura Boldrini, che ci denunci tutti, come in Corea».

Non l'avesse mai scritto. Non immaginava, il tapino, che nulla sfugge al pool della polizia postale ad personam. Quell'invito lanciato per sollevare un problema che va da tutt'altra parte rispetto il «femminicidio» alimentato dalla Boldrini, è stato intercettato. «Non ci volevo credere quando ho visto arrivare gli agenti», sbotta. «La mia era solo una provocazione, mi sembrava assurdo quando stava accadendo a seguito di certe finte immagini della Boldrini, e della reazione scomposta e spropositata che ne era seguita, con perquisizioni, indagati, oscuramenti. Mi chiedevo in che mondo vivesse la Presidente posto che tutti i politici, anzi tutti gli italiani, sono vittime delle stesse prese in giro, più o meno pesanti, ma non hanno la possibilità di mobilitare a quel modo polizia e magistratura. Non mi faccia dire altro, non voglio finire in guai peggiori». Col terrore che impazza sul web, Laura «Taleban» un primo risultato sembra averlo ottenuto: il primo indagato per le finte foto ose' ha chiesto scusa pubblicamente; Alessandro, impaurito, si raccomanda di scrivere il meno possibile della sua vicenda; altri «commentatori» irriverenti, raggiunti dalla polizia, hanno perso la parola. Il tam tam sulla rete impazza. Rimbalzano solo tweet imbavagliati: «Tacete! La Boldrini vi ascolta».

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