venerdì 7 settembre 2012

I numeri che (secondo il bocconiano) non contano...


Italiani, popolo di poeti, santi, navigatori e cretini? Evidentemente, così la pensa Mario Monti, Premier cattedratico senza poesia, santità e rotta storica il quale, dopo essere salito a Palazzo Chigi grazie ad un coro di “ce lo chiede l’Europa dello spread e dell’amico Fritz”, rimprovera ai partiti di ricorrere acriticamente all’asserzione deresponsabilizzante e infingente di cui sopra: “la cosa peggiore che un politico possa fare è dire che si devono fare sacrifici perché sono richiesti dall’Europa” . Peccato che se non fosse stato per le critiche piovute sul nostro Paese da parte di alcuni ambienti europei e mondiali, Monti, definito leader di garanzia e di credibilità sul teatro estero, più che lo statista, starebbe ancora a fare la bella statuina nei vari cda o board di qualche organismo finanziario o accademico internazionale, dove si coltivano relazioni per fottere meglio il prossimo. L’immutabile faccia di bronzo di costui attesta però delle sue vite precedenti. Si, perché il Professore ci è stato imposto dal Presidente della Repubblica proprio con la motivazione o, meglio, con l’apologo che avendo gli italiani vissuto troppo a lungo al di sopra delle loro possibilità occorreva, con immani sacrifici, sistemare i conti per rientrare al più presto, onde evitare il default, nei parametri economici e sociali delle altre aree sviluppate. I tempi delle pacche, dei cucù, delle battute volgari e dei festini erotici dovevano considerarsi finalmente conclusi. Senza l’intervento di un governo forte e attendibile, che ispirasse la fiducia delle borse e dei mercati, l’Italia non avrebbe mai voltato pagina per cui era indispensabile individuare un fantomatico uomo della Provvidenza, il quale avrebbe avuto anche la previdenza di farsi nominare senatore a vita per non incorrere in qualche guaio e godere dell’immunità parlamentare. Mario Monti sapeva benissimo di doversi prestare ad un gioco molto rischioso perché i provvedimenti richiestigli avrebbero generato scollamento sociale e caos istituzionale. Poiché il pericolo non è certo il suo mestiere, nonostante si atteggi a grande personalità di Stato, ha preteso ed ottenuto il privilegio senatoriale col quale mettersi al riparo dall’eventualità di una sollevazione popolare o di vendette di altri drappelli di poteri. I commentatori che avevano spiegato la scelta di Napolitano di nominare il bocconiano senatore a vita, prima di conferirgli la presidenza del consiglio, come atto di legittimazione politica, per rendere il professore libero nella sua iniziativa ministeriale e svincolato dagli intrighi della partitocrazia, non regge alla prova dei fatti. I partiti erano già in disgrazia e piegati ai diktat di emissari continentali ed extra-continentali, per cui l’unica spiegazione ricevibile è un’altra. Il Colle adottò quella decisione per far intendere al mondo politico che l’intoccabilità di Monti era diretta emanazione della volontà del Quirinale, cosicché qualsiasi colpo basso sferrato all’ex commissario europeo sarebbe stato considerato un siluro lanciato contro la più alta Carica dello Stato, la sola capace di garantire, in una fase così delicata, la tenuta istituzionale della nazione, con le conseguenze tragiche del caso. Giorgio Napolitano ha attuato un ricatto perfetto per tirare, servendosi di un burattino amico della Trilaterale, i fili del primo governo presidenziale della “II Repubblica e mezzo” che è in realtà una mezza repubblichina in mano a due quisling anglodipendenti. Se non è attentato alla Costituzione questo…

Dopo dieci mesi dal Pronunciamiento americano-napolitano, la junta civil guidata da Monti, quella chiamata a salvare l’Italia dalla disfatta epocale ecco cosa ha prodotto: “il Pil è peggiorato sette volte, mentre sono aumentati debito (+4%), inflazione (+1,5%), disoccupati (+ 2,7%). È calata invece la produzione industriale (-3,7%). Ed è cresciuto il divario dai Paesi Ue. Il Pil italiano marcia sette volte peggio di un anno fa rispetto alla media dell’area dell’euro. Il rapporto fra debito e Pil è peggiorato di quasi quattro punti percentuali ed è peggiorato di due punti (…) (…) anche rispetto alla media degli altri 16 Paesi che vivono di euro. L’inflazione è cresciuta di un punto e mezzo percentuale ed è più che triplicata la distanza dagli altri paesi. La disoccupazione è cresciuta di 2,7 punti percentuali portando l’unico indicatore che rendeva l’Italia virtuosa rispetto alla media Ue alo stesso livello degli altri. La produzione industriale è caduta in nove mesi di 3,7 punti e si è allargata di due punti anche qui la distanza rispetto alla media dell’eurozona. I numeri di Eurostat sono impietosi… Il Pil italiano un anno fa era 0,3 punti sotto la media europea, ora è distante 2,1 punti (la distanza dagli altri è quindi aumentata sette volte). Il debito pubblico è al 123,3% del Pil e un anno prima era sotto il 120%. L’inflazione è al 3,6% e un anno prima era al 2,1%. La disoccupazione secondo i dati Eurostat era a giugno al 10,8% contro l’8,1% dell’anno prima. Ieri l’Istat ha fornito il dato di luglio: 10,7% con quella giovanile al 35,3%. Sono i numeri di un terremoto, di un completo fallimento politico ed economico.” (Franco Bechis, QUELLO CHE NESSUNO VI DICE DI MONTI, Libero, 1.09.12)

Se costui doveva essere l’esempio della rinnovata sobrietà italiana, figlia di una migliore razionalizzazione delle spese e di investimenti maggiormente orientati alla crescita e allo sviluppo, ha mancato l’obiettivo ed il fallimento è stato su tutta la linea, poiché i parametri con i quali si misura il benessere e la performatività di un sistema-paese sono precipitati, per la Penisola, ai livelli delle economie in profonda recessione. Ma non soltanto di questo si tratta, l’aspetto più grave è che il Belpaese, il quale doveva tornare ad essere preso seriamente sullo scacchiere planetario, sta subendo una retrocessione geopolitica impressionante, con perdita di avamposti strategici nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, arretramenti commerciali nelle zone emergenti, obsolescenza delle intese e degli accordi bilaterali ad Est e perdita di influenza negli organismi internazionali. Con certi Gabinetti non resta che tirare subito la catenella dell’acqua.

1 commenti:

Nessie ha detto...

"Poiché il pericolo non è certo il suo mestiere, nonostante si atteggi a grande personalità di Stato, ha preteso ed ottenuto il privilegio senatoriale col quale mettersi al riparo dall’eventualità di una sollevazione popolare o di vendette di altri drappelli di poteri".

Bello l'articolo di Petrosillo, e aggiungo: MOnti ha ottenuto da Napolitano il senato a vita anche per essere messo al riparo da eventuali denuncie penali di attentato alla Costituzione et similia.