giovedì 5 settembre 2013

La dittatura della troika e la grecia

Crisi Grecia, ora Atene rischia di perdere anche la Difesa. Dopo il trasferimento all'estero dell'ente per le privatizzazioni, la troika chiede la chiusura delle tre società militari del Paese che si trova a un passo dalla Siria di Francesco De Palo

Chiudete le tre società che si occupano della difesa nazionale e licenziate tutti i dipendenti. E’ questa l’ultima richiesta della troika alla Grecia. I rappresentanti dei creditori internazionali hanno infatti bocciato il piano di Atene per riformare Eas, Elvo e Larco, le tre realtà nazionali di difesa nazionale e di industria militare. E così, dopo la richiesta di far transitare l’ente nazionale preposto alle privatizzazioni, il Taiped, su un fondo lussemburghese ad hoc, adesso un ulteriore pezzo della ormai sottile sovranità nazionale ellenica rischia di passare in altre mani o di scomparire del tutto. Nel caso di Eas il ministero della Difesa aveva proposto la continuazione delle attività della società ad un costo annuo di circa 30 milioni di euro. Secondo il piano presentato ai finanziatori, le esigenze di hardware militare ammontano a 20 milioni, per far fronte alle quali il denaro necessario potrebbe venire dal bilancio dello Stato per almeno cinque anni, mentre i restanti 10 milioni verrebbero dai fondi di Eas provenienti dal mercato internazionale con i contratti di vendita. La troika non intende però avallare un piano la cui spesa gravi sul bilancio dello Stato,  in quanto ritiene che i numeri reali saranno alla fine superiori alle stime greche, considerate troppo ottimistiche alla voce “esportazione di materiale militare”.

Le prossime 24 ore saranno quindi cruciali per il futuro delle industrie statali e per preservare i relativi posti di lavoro. E,  visti i venti di guerra a poche miglia di distanza, non è ancora chiaro se la troika vorrà o meno riprendere il dialogo e ragionare sugli scenari possibili per lavoratori e sicurezza nazionale. L’unica certezza è che il viceministro della Difesa, Fofi Genimata, ha ricevuto la comunicazione dei creditori internazionali in una mail in cui si bollano le proposte greche di ristrutturazione delle tre società come “irrealistiche e insostenibili”, per cui l’unica via percorribile è la liquidazione immediata senza alcun indennizzo per i lavoratori. Immediatamente il viceministro ha informato il premier Samaras, dicendosi senza parole vista la delicatissima crisi in Siria. Immediata la protesta delle opposizioni. Panos Kammenos, leader degli Indipendenti greci ha attaccato il governo: “Con il mandato della troika, dopo aver consegnato loro la proprietà pubblica e privata, adesso vuole abrogare anche la difesa nazionale: vergogna”. Sulla stessa lunghezza d’onda i democratici di Fotis Kouvellis, fino a due mesi fa alleati di Samaras nell’esecutivo delle larghe intese, che hanno reagito con sdegno all’ipotesi di ulteriori licenziamenti, dopo che la lista dei 12mila dipendenti pubblici da tagliare è ormai divenuta definitiva: “Il Dimar propone di fermare questa situazione, in quanto non si può ignorare che l’industria della difesa greca è un fattore critico per il Paese”. Intanto, rispondendo ad una domanda sulle relazioni riguardanti le tre società di difesa in questione, Simon O’Connor, portavoce del commissario europeo Olli Rehn, ha osservato: “Il protocollo d’intesa prevedeva come condizione preliminare  l’adozione entro settembre di una decisione definitiva per ristrutturare le società in vista della privatizzazione o la liquidazione delle tre aziende. I colloqui con le autorità greche per l’espletamento di tali obblighi sono in corso”.

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