mercoledì 25 maggio 2011

Obama, il terrorismo e la primavera araba...


Il terrorismo, la Libia e le rivolte arabe, il dialogo per la pace in Medioriente, i rapporti Usa-Gb. Barack Obama e David Cameron ne hanno parlato nel corso di un incontro durato più di novanta minuti a Londra. Fra Londra e Washington «c'e una relazione più forte che mai, condividiamo valori e ideali» ha detto il presidente americano al termine del bilaterale. Cameron ha anche annunciato che Gran Bretagna e Stati Uniti promuoveranno al G8 un programma di appoggio alla «primavera araba». «È enormemente nei nostri interessi appoggiare la democrazia per rendere il mondo un luogo più sicuro», ha chiarito il premier britannico. «Possiamo sconfiggere Al Qaeda» ha detto il premier britannico aprendo la conferenza stampa congiunta e congratulandosi con Obama per l'azione in cui è morto Bin Laden: «È stata una vittoria per la giustizia». Cameron ha evocato l'11 settembre e ricordato la vicinanza che tutto il mondo ha provato per New York colpita dai terroristi. Ha detto che sua moglie Samantha era a New York quel giorno e evocato la sua pena nel cercare senza successo di raggiungerla per alcune ore.

LA LIBIA - Il premier britannico e l'inquilino della Casa Bianca hanno affrontato poi, più in particolare, la questione dell'impegno delle forze alleate nel Paese di Muammar Gheddafi, sottolineando come sia «impossibile immaginare un futuro della Libia con il Raìs al potere». «Se ne deve andare, questo deve essere chiaro. Bisogna condividere obiettivi e speranze di chi è sceso in piazza» in Libia, di chi spera in «un mondo più sicuro e pacifico per tutti noi», ha spiegato Cameron. «Noi saremo accanto a coloro che saranno dalla parte della pace e della libertà, daremo sostegno politico ai paesi che perseguiranno questi obiettivi», ha aggiunto. Per Obama il leader libico «deve capire che non può rimanere al potere per il bene del suo popolo». Gran Bretagna e Usa, ha voluto sottolineare il presidente a stelle e strisce, hanno agito «insieme per evitare un massacro», unendosi «sulla base degli stessi valori e obiettivi per fare pressione sul regime di Gheddafi e per aiutare il popolo libico a trovare una via di pace, una via di uscita».

I NEGOZIATI DI PACE - Quanto ai negoziati di pace in Medioriente, Obama ha spiegato che Israele è giustamente «preoccupato» per il ruolo di Hamas, dopo il suo accordo di riconciliazione con Fatah. «È difficile per Israele sedere per negoziare allo stesso tavolo con una parte che nega il suo diritto all'esistenza» e manda missili contro il suo territorio, ha aggiunto Obama, senza risparmiare critiche ad Hamas, un'organizzazione, secondo il presidente americano, che «rifiuta qualsiasi tipo di confronto». «È molto difficile negoziare con loro, confrontarsi con la loro politica e le loro idee. Rigettano qualsiasi tipo di confronto e di partecipazione», ha spiegato l'inquilino della Casa Bianca. «Credo che Hamas non ha ancora rinunciato alla violenza e non ha ancora ammesso la situazione in cui si trova. Finché non la riconosceranno, sarà difficile arrivare a una soluzione di pace. Ma questo è ciò che stiamo tentando di fare», ha aggiunto il presidente Usa, mostrando perplessità in merito all'intenzione dei palestinesi di ottenere alle Nazioni Unite a settembre il riconoscimento dello Stato palestinese indipendentemente dai negoziati con Israele. «Un voto all'Onu non può portare a uno Stato palestinese» ha detto Obama.

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