domenica 15 maggio 2011
Censura su Notapolitica
I blogger di destra alzano bandiera Bianca. L’ultimo a cadere sotto i colpi della censura è il sito notapolitica.it, la cui unica colpa è quella di aver pubblicato il famigerato Libro Bianca sui presunti comportamenti scorretti del direttore del Tg3 Bianca Berlinguer, raccolti dal componente dell’Usigrai (la potente organizzazione sindacale di Viale Mazzini) Stefano Campagna, che a sua volta aveva intercettato malesseri e sfoghi da giornalisti, tecnici e impiegati dell’ex Telekabul rimasti anonimi. Ieri alla redazione di notapolitica.it è arrivata una inquietante diffida firmata dai legali della Zarina Bianca: «Quel compendio di malevole e offensive considerazioni sulla nostra Cliente (la maiuscola è nell’originale, ndr) rappresenta al lettore una serie di inveritieri ed infamanti avvenimenti», e dunque va rimosso. Altrimenti scatta l’azione giudiziaria e «il risarcimento dei danni subiti». «Ci hanno scritto su una carta intestata, affollata da un numero di avvocati largamente superiore al numero dei nostri redattori», è il commento sarcastico di Andrea Mancia - uno dei curatori del sito - la cui unica colpa è quella di aver pubblicato un documento i cui contenuti erano ben noti da giorni (e che è stato ripreso da altri blog, come Lettera Viola, dove ancora ieri campeggiava...). E dunque, via il Libro Bianca dal sito, con buona pace dell’articolo 21 sulla libertà di stampa, che oggi, ricordano i giornalisti del sito al Giornale, «vale ormai soltanto per chi può permettersi particolari protezioni politiche e avvocati costosi, in grado di fronteggiare una corazzata legale come quella che difende gli interessi di Bianca Berlinguer. Siamo stati ingenui - è l’amara riflessione - perché nel nostro paese impera una surreale concezione della libertà di stampa a corrente alternata».
Ma quali sono le accuse contenute nel dossier curato dal sindacalista Rai che fanno tanta paura alla Berlinguer? La sua onnipresenza in video (è l’unica che conduce in prima persona sia il tg delle 19 sia Linea Notte), il silenzio sull’indagine contro il presidente Abi e Mps e sulle vicende giudiziarie di due consiglieri regionali Pd in Sicilia e Campania ma soprattutto molti problemi «interni». Due dei tre membri del Cdr, l’organismo sindacale, sarebbero stati promossi a caporedattore quando erano ancora in carica, scavalcando altri colleghi. Alcuni giornalisti sarebbero stati emarginati, demansionati, rimossi o completamente esclusi dal ciclo quotidiano di lavoro e sarebbero passati ad altre testate o avrebbero scelto la strada del prepensionamento. Altri sarebbero stati spostati senza comunicazione al Cdr o esclusi dalla conduzione del Tg senza preavviso. Inviati e corrispondenti sarebbero infuriati, per non parlare del malessere delle sedi regionali documentate in uno sfogo interno del Cdr («troppi servizi forniti grezzi» e firmati da altri a tavolino e a distanza) e dei litigi con tecnici e impiegati. Tutte accuse da verificare, va ribadito, anche se secondo il sindacalista Usigrai Campagna, che le ha raccolte personalmente, avrebbero tutte fondamento.
Eppure proprio il giornalista del Tg1 è finito nel mirino dei suoi stessi colleghi di sindacato, e anche lui ha deciso di alzare bandiera Bianca e di lasciare il sindacato. «Ieri ho rassegnato le mie dimissioni dall’esecutivo Usigrai - dice Campagna al Giornale - è un’organizzazione schierata e faziosa. Dopo un anno di fango sul Tg1 ho solo denunciato quanto accadeva al Tg3 e in altre testate. Nessuno mi ha difeso, nemmeno dopo la querela della Berlinguer, che certamente non mi fa paura». E se venisse condannato? «Non sborserò un euro. Piuttosto scelgo il carcere». Campagna lamenta una «purga stalinista» («Mi hanno tolto una delega e hanno cancellato la mia presenza a una trasmissione di Raitre sulla mamma...») e attacca a testa bassa: «Continuo a ricevere insulti e minacce sui blog, nell’assoluta indifferenza. Comunque esco a testa alta e con la schiena dritta: so di essermi battuto contro una casta mafio-mediatica protetta e intoccabile». Un ultimo appunto sui colleghi del Tg3: «Mi sono battuto per loro ma sono rimasti zitti...». Con un direttore così permaloso non c’è da meravigliarsi.
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