martedì 17 luglio 2012

Come cinesi

... e quando il lavoro manca? E quando c'è troppa disoccupazione? E quando resta difficile trovare un posto di lavoro ed è ancora più difficile poterselo tenere stretto?


MILANO - Lavorare di più per uscire dalla crisi, magari accorpando anche le feste «comandate». È la ricetta del sottosegretario all'Economia, Gianfranco Polillo dopo l'ipotesi ventilata lunedì in ambienti governativi di un intervento a breve per accorpare le festività. Idea che fa il paio proprio con una recente proposta di Polillo che ha provocato non poche polemiche: lavorare una settimana di più per far ripartire l'economia e far risalire il Pil.

LA PROPOSTA - «Mi auguro che il problema venga preso di petto» perché aumentare le ore di lavoro degli italiani, magari accorpando anche le festività «è una delle chiavi per risolvere la crisi» spiega Polillo. «Sono contento di essere stato seguito in questo indirizzo - aggiunge - l'importante ora è discuterne». Anche perchè «c'è anche, ad esempio, un problema di rapporti con la Chiesa». È comunque certo che nella «ricetta-Polillo» le festività accorpate non dovrebbero essere più pagate facendo ridurre il costo del lavoro.

«In Italia il rapporto tempo libero-lavoro è troppo basso - dice ancora il sottosegretario -. Ad esempio in Alenia è stato firmato un accordo con i sindacati per lavorare 7 giorni a settimana con i turni per un totale utilizzo degli impianti. All'estero già funziona così. Sono andato il Primo Maggio a Londra e l'avevano già celebrato la domenica precedente».

LE REAZIONI - «La sola cosa che viene in mente a Monti è tartassare ancora di più chi già paga tutto, eliminando un po' di festività per i lavoratori» e mantenendo allo stesso tempo «gli stipendi d'oro dei super-manager di Stato» attacca i leader dell'Italia dei valori Antonio Di Pietro. «L'ipotesi di aumentare i giorni lavorativi, accorpando le festività, rappresenterebbe, dopo l'allungamento dell'età pensionabile, un deciso aumento della disoccupazione. Per uscire dalla crisi serve una riduzione dell'orario di lavoro, non l'aumento» interviene il segretario del Prc Paolo Ferrero. Anche l'Anpi interviene del dibattito: «Il 25 aprile, l'1 maggio e il 2 giugno non si toccano. Sono i valori su cui si fonda la Repubblica. Non ci si dica che non ci sono altri strumenti per incrementare la produttività e far crescere il Pil». «Queste festività - prosegue la nota - rappresentano il nostro passato migliore, i valori su cui si fonda la nostra Repubblica: sono, in una parola, la nostra storia. E non vanno toccate». Dello stesso parere i sindacati, che promettono battaglia: il segretario nazionale della Cisl, Luigi Sbarra, descrive il provvedimento come «dannoso e inconcludente ai fini della crescita: è una sciocchezza statistica la relazione tra meno ferie e maggiore produzione in un contesto di assenza di lavoro e di basso livello produttivo, le imprese stanno chiedendo ai loro dipendenti di utilizzare a pieno le ferie, anche quelle non ancora maturate».

ITER - L'idea potrebbe essere esaminata già dal prossimo Consiglio dei ministri di venerdì sulla base del parere di quattro ministeri chiave. Dell'ipotesi di «razionalizzare» le festività, riferiscono fonti ministeriali, si è già discusso nel preconsiglio svoltosi lunedì pomerigio a palazzo Chigi. In particolare, il sottosegretario Antonio Catricalà avrebbe chiesto ai tecnici di diversi dicasteri di presentare entro breve un parere.

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