domenica 15 luglio 2012

Alba Dorata

Nel frattempo, la campagna contro Alba Dorata continua... e continua...

Un paio di commenti: "non ci vedo nulla di strano ad aiutare i propri concittadini. il ns governo invece mantiene pletore di nordafricani in strutture bentenute, passa loro i pasti e 25 euro al giorno, purche' non diano troppo fastidio e non facciano nulla. ovvio che davanti a tanto ben dio dio come minimo chiamino qua anche fratelli cugini e parenti vari. mi sembra la pazzia del buonismo e del buonaccoglientismo. e che i nostri figli disoccupati si arrangino.

Il concetto di Alba dorata è vecchio di secoli, e per certi versi condivisibile nella parte che prevede gli aiuti alle persone in difficoltà: prima si aiutano i propri, i familiari, gli amici e i compatrioti, poi gli altri se resta qualcosa. Non è un discorso di razzismo, è un discorso di appartenenza. Come gli italiani si aiutavano a vicenda quand'erano negli USA, così i greci in tempi di crisi si aiutano tra greci."


ATENE - Qualcuno ha vergogna. Una signora anziana, nel caldo atroce che dura fino a sera, si nasconde sotto un foulard di finta seta e occhiali da sole. Una giovane donna, una smorfia di sofferenza, tiene insieme il biberon, le buste che i volontari hanno riempito di alimenti, la tessera del partito e il collo della maglietta del bambino, perché non si perda nella confusione. Eleni non ne fa una questione di politica: «Vivo con 400 euro di pensione di invalidità, due figlie e due nipoti. Almeno per oggi a cena i ragazzi mangeranno patate fritte». In fila per la pasta e l'olio ci sono gli abitanti del centro storico di Atene, a decine, ridotti alla fame dalla crisi, assediati dai migranti, spinti tra le braccia del partito d'estrema destra Alba dorata. «A chiamarci nazisti sono i ricchi che hanno la colf straniera a pulirgli la villa, noi siamo vicini alla gente»: la bionda Eugenia Christou, moglie di un parlamentare e leader delle donne del partito, coordina gli «interventi sociali», ed è l'unica vestita di bianco. Al quartier generale il colore è nero, al massimo azzurro come la bandiera della Grecia, oppure rosso nello striscione con il meandro che imita la svastica e copre il balcone del primo piano. La sede è su due livelli: sopra, bar e sala riunioni; sotto, vendita di gadget e libri (Göbbels compreso), un ufficio e due volte alla settimana un volontario che raccoglie richieste e paure. «Ci stiamo organizzando per uno sportello quotidiano».

Gli uomini con i pantaloni della tuta o i bermuda che lasciano vedere il kalashnikov tatuato sul polpaccio. Le ragazze con le t-shirt del partito e le unghie dipinte. La serata è speciale: la prima grande distribuzione di cibo nel cuore della capitale. Arriva pure un prete ortodosso a dar sostegno. I soldi, spiegano, vengono dalle sottoscrizioni e da una parte dello stipendio dei 18 neodeputati. Anche l'auto blu è a disposizione del popolo. Greco, s'intende. «Gli immigrati a casa!». Non solo slogan. Qui, soprattutto nel quartiere di Agios Panteleimonas, che prende il nome dalla grande chiesa ortodossa in piazza, ogni notte si formano ronde che sempre più spesso diventano spedizioni punitive, un cappuccio in testa e una mazza in mano, a caccia di stranieri. Quando il viso resta scoperto, le vittime riconoscono tra gli aggressori ragazzotti della zona, gli stessi che bazzicano la sede di Alba dorata. È successo cinque volte a casa di Razia Sharife, afghana, che vive da sola con tre bambini, al piano terra, alle spalle della chiesa. In un'occasione c'era anche Eva Cossé di Human Rights Watch: «Hanno lanciato oggetti pesanti contro porta e finestra di vetro, rompendole. È durato qualche minuto, ho visto sagome nere fuggire». La polizia è a 300 metri, ma non ha sentito, spesso non vuole sapere, a volte approva. I giornali greci hanno scritto che un agente su tre ha votato Alba dorata.

Sul gesso che tiene fermo il polso destro Saleh Ibrahim ha scritto dei numeri: 22.06.12. «È il giorno in cui mi hanno aggredito». Somalo, 26 anni, clandestino: «In sei mi hanno seguito, mi sono voltato: uno brandiva un bastone, mi sono protetto la testa con il braccio, sono caduto, m'hanno preso a calci...». Per i quartieri del centro Yunus Mohammadi, leader degli afghani, non passa più da tempo, «al massimo in auto», e ha distribuito ai connazionali una mappa delle zone che è meglio evitare: «Hanno attaccato la sede della mia associazione mentre tenevo un corso di greco, sono andato dalla polizia che ancora grondavo sangue, non hanno voluto prendere la denuncia...». La sera Agios Panteleimonas è una piazza di apartheid: solo bianchi. «Islamici e sporchi negri fuori. Sono stato io a far chiudere il giardinetto: l'avevano riempito loro, ci pregavano, si drogavano, uno schifo». L'uomo ha cinquant'anni, sportivo e abbronzato, siede ogni sera ai tavolini chiari di una trattoria, è uno dei capi della «bonifica». È nato in Germania, figlio di emigrati, e ci è rimasto fino a 18 anni. Ora presidia le sue conquiste. Rapporti con l'estrema destra? «Partecipo a qualche riunione». I raid anti immigrati? «Alla violenza si risponde con la violenza».

La data spartiacque è il 10 maggio 2011, quando un greco di 44 anni che accompagnava la moglie a partorire è stato ucciso da tre stranieri per una videocamera. L'innesco è lì: in due giorni 25 attacchi e un bengalese accoltellato a morte. Il governo parla di «episodi isolati», ma il rapporto diffuso martedì da Human Rights Watch denuncia brutalità sistematiche e casi inquietanti, addirittura donne incinte all'ottavo mese prese a calci per strada. Professore di Diritto in pensione, Christos Roubanis fa parte del Movimento di abitanti del Sesto dipartimento, la risposta progressista alle ronde: «Ma non posso negare che la situazione sia ingestibile. Questo era un quartiere di classe media, che man mano s'è trasferita nei sobborghi. Così sono arrivati i migranti». E sono rimasti in trappola. Pessimo trattamento per i richiedenti asilo (denuncia da tempo l'Unhcr), nessuna possibilità di ottenere i documenti. «E con la crisi zero speranze di lavorare, anche in nero». La criminalità è aumentata del 125% tra il 2010 e il 2011, dati della polizia. «E gli ateniesi non c'erano abituati - spiega Spyros Koulocheris, del Consiglio greco per i rifugiati -: adesso il centro è pericoloso, la gente è esasperata, e gli immigrati sono il perfetto capro espiatorio. Più che razzismo e rigurgiti di estrema destra, è disperazione». Eppure Spyros, come molti attivisti, ha cominciato a ricevere strane telefonate: minacce. Ad Atene afa insopportabile, pessime previsioni.

Alessandra Coppola


0 commenti: