domenica 7 ottobre 2012

I soldi degli arabi e Palermo


È arrivato sventolando un assegno da due miliardi di euro. Due miliardi due, un sogno piovuto come polvere di stelle in una città sull’orlo del dissesto che gratta ogni giorno il fondo del barile per arginare le emergenze. Roba da non crederci. Invece lo sceicco del Bahrain Zamil al Zamil non è un personaggio da commedia all’italiana. Esiste davvero, in carne ossa e denari. Tanti, tantissimi. Ogni anno il suo Zamil Group, che conta 54 società in sessanta Paesi, fattura 32 milioni.

«Parla di milioni come noi faremmo per le banconote da dieci euro», sussurrano stupiti nelle stanze del Comune, che si è affrettato a lucidare al meglio i suoi cristalli e a srotolare tappeti rossi per accogliere l’illustre ospite, che oltre a essere proprietario di banche e uno dei più grandi armatori del pianeta, è il neoeletto presidente della Camera di Commercio italo-araba. In cerca di investimenti in quella Palermo che ha individuato come luogo di interesse per fare affari ma anche per allargare la sfera di influenza islamica sull’altra sponda del Mediterraneo. In cima all’agenda dei suoi desideri, la costruzione di una moschea da cinquemila posti, che in città manca a dispetto della forte presenza di immigrati di fede musulmana, da sempre accampati in luoghi di preghiera di fortuna. Il sindaco Leoluca Orlando, gongolante per avere rispolverato le grandi relazioni internazionali della sua epoca d’oro – quando andava a passeggio in città con Hillary Clinton – ha rilanciato chiedendo che a fianco della moschea lo sceicco costruisca una chiesa cristiana. E, già che c’è, pure un tempio indù.

Insomma, una cittadella interreligiosa «un segnale bellissimo per la città del dialogo e della multiculturalità», dice. Lui, Orlando, di cifre non vuol parlare: «Due miliardi? Potrebbero essere anche venti, o duecento». Roba da mandare in visibilio i suoi assessori, pronti ad azzardare ogni sogno,ad acciuffare questo assegno che sembra il milione del signor Bonaventura: dalla riqualificazione della costa degradata a interventi su scuola e assistenza sociale. Ma sogna anche Orlando – come sempre in grande - convinto che a far arrivare Zamil in città abbia contribuito la lettura del suo libro «Fighting the mafia and renewing sicilian culture», pubblicato prima in inglese e poi a Beirut in arabo dopo la sua precedente esperienza di sindaco. In realtà Zamil Al Zamil punta anche a fare business. E non a caso è arrivato in compagnia - oltre che della più anziana delle sue numerose mogli, figlia del più ricco imprenditore edile del mondo arabo - del direttore generale della Zamil offshore, uno dei tanti bracci del suo gruppo. E insieme sono andati ai Cantieri navali di Palermo, anche quelli in crisi nera, pronto a sventolare milioni per rilevare gli stabilimenti. Una visita per cui ha dismesso l’abito tradizionale per indossare pantaloni e camicia chiara, mocassini e occhiali da sole, come un professionista in vacanza.

Alla cena di gala della sera prima, invece, si è mosso lieve con la sua jallabia – veste lunga e copricapo – mangiando con gusto i piatti offerti dal Comune, ovviamente senza traccia di carne di maiale. Con lui, a completare il quadro fiabesco, la vicepresidente della Camera di Commercio italo-araba, il cui nome è stato un rebus per gli addetti al protocollo: la principessa Sheikha Hessa Saad al-Abdullah Al Sabah, discendente della famiglia reale dell’Arabia saudita e figlia dell’ex capo del governo del Kuwait. Lei è presidente del Council of arab businesswomen, una sorta di Confindustria mondiale delle donne. Anche lei in cerca di buoni investimenti. E pronta a organizzare a Palermo, l’anno prossimo, una sorta di congresso da Stati generali dell’imprenditoria al femminile. Tra le richieste, quella di aprire a Palermo la sede di una rappresentanza diplomatica congiunta dell’Arabia Saudita, del Bahrain e del Kuwait. Giusto Catania, assessore al Decentramento e uomo di spirito, scherza (ma non troppo) a costo di fare fuoco alle polveri delle polemiche. «Perché proprio Palermo? Gli amici arabi mi dicono: ce la vogliamo riprendere, del resto era nostra, i cristiani sono arrivati dopo».

4 commenti:

Nessie ha detto...

"Perché proprio Palermo? Gli amici arabi mi dicono: ce la vogliamo riprendere, del resto era nostra, i cristiani sono arrivati dopo"

Eccovi serviti, coglioni! Costoro non fanno nemmeno misteri di prendersi la Sicilia, e Orlando e i minchioni come lui, glielo permetteranno.

Maria Luisa ha detto...

veramente prima di loro era stata dei fenici, dei Greci, dei Romani, e dei Cristiani.
Maria Luisa

Johnny 88 ha detto...

Per quel che mi riguarda che se la comprino pure i figli di Allah. Chissà che sia la volta buona che smettiamo di mantenerli

Eleonora ha detto...

Johnny, è più o meno quel che ha detto Veneziani nel suo ultimo articolo: http://www.ilgiornale.it/news/interni/844834.html

... hem, magari hai ragione, finalmente smettiamo di mantenerli ma il prezzo sarà quello dell'islamizzazione totale? Io non voglio nè mantenerli a vita e fuori dai coglioni chi non lavora, chi delinque e soprattutto chi è musulmano ma non voglio manco l'islamizzazione.