mercoledì 29 aprile 2020
Regime di paura
Non è ancora il 4 maggio e già pensano a come metterci di nuovo agli arresti domiciliari di Diego Fusaro
Non è ancora il 4 maggio. Ma pare che ad altro non pensino che a come condannarci di nuovo agli arresti domiciliari per qualche mese. Tutto come da programma: dopo la fase 2, si passerà alla fase 1. Ricordatevelo. Sono passati appena tre giorni da quando ci hanno comunicato ufficialmente i pur tenui allentamenti delle restrizioni e di quel lockdown che io non smetterò di chiamare, con la mia lingua madre, “arresti domiciliari”: ebbene, già sembra che la scena della narrazione sia transitata al passaggio successivo. A come fare per trovare un valido motivo – o più d’uno – per condannarci di nuovo alla disumana esperienza degli arresti domiciliari in nome del virus. Intanto capita che il vis-Conte dimezzato giallofuscia chieda alle banche “un atto d’amore”, che è un po’ come chiedere ad Attila di essere clemente. Intanto ancora capita che molti nostri connazionali si stiano togliendo la vita grazie a queste misure governative, che condannano al fallimento tante piccole e medie aziende, tante partite iva, tanti lavoratori privati – grazie al liberismo – di ogni benché minima protezione sociale. Ma per il governo sembra non esistano: come se morire di Covid19, che certo è orrendo, fosse più intollerabile che morire di inedia, di disoccupazione e di futuro desertificato. L’argomento dominante del giorno è stata la Germania: la Germania che ha allentato le restrizioni e come effetto, si dice, ha avuto l’impennata dei contagi. È la prova, per la tribù dei virologi vaticinanti dei salotti televisivi, che occorre essere cauti: per chi sa leggere tra le righe, è anche la prova che, come dicevo, alla fase 2 seguirà la fase 1. Potrei sicuramente sbagliare e, forse anche per il contesto difficile, inficiare l’analisi con le emozioni: ma a me pare, purtroppo, che taluni non vedano l’ora che gli arresti domiciliari proseguano. Un po’ come se stesse prendendo forma una sorta di partito del Coronavirus, che lo evoca e quasi lo brama, avendone in cambio forse qualche vantaggio. “Conte: rischio seconda ondata”: così titolava, tanto per cambiare, “Otto e Mezzo”, grancassa del verbo dominante, megafono dell’ordine liberista caro ai mercati: non è ancora il 4 maggio e già si pensa alla seconda ondata e, ovviamente, alle sue conseguenze. Chissà poi perché e su che basi scientifiche la seconda ondata, come molti ripetono, dovrebbe essere devastante, peggiore anche della prima. Chissà, davvero, qual è il confine tra la descrizione obiettiva della realtà e i desideri di qualcuno che, forse, sta apprezzando concretamente gli effetti sociali che la situazione, su più fronti, produce. Intanto anche Bergoglio, il pontefice del globalismo, si è schierato con il governo e contro la Cei: ha invocato l’“obbedienza alle disposizioni”, con ciò rivelando, come quando predicò l’obbedienza alle Nazioni Unite (2019), l’ormai completa dissoluzione della Chiesa come potenza autonoma e distinta dalla mondanità.
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